La fede è incompatibile con la ragione? La rivista Science, nell’ultimo numero pubblicato, sostiene che la mente usa due diversi sistemi cognitivi uno intuitivo e uno razionale, che appunto non sarebbero in grado di dialogare. L’atto di fede sarebbe un prodotto del sistema intuitivo ed emozionale. Ora, non è una novità il fatto che la conoscenza umana sia insieme intuitiva e razionale. Talvolta le intuizioni muovono la faticosa ricerca razionale. Inoltre, le emozioni possono aiutare – talvolta ostacolare – il lavoro della ragione. Due sistemi complementari, come complementare è anche la conoscenza. Invece, attribuire ad uno o all’altro un oggetto di conoscenza è limitativo, perché condanna a restare sul piano biologico, mentre la persona è qualcosa di più. La persona – in quanto corpo e spirito – utilizza il dato fisico, ma lo compone in una sintesi spirituale. Se la conoscenza comincia con gli apparati biologici del cervello diventa, poi, di fatto spirituale. In un certo modo, lo avevano già capito gli antichi: «Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu» (niente è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi). Allora se l’uomo conosce attraverso quei rivelatori biologici a sua disposizione o attraverso i sistemi cognitivi, che risiedono nel cervello, poi passa ad un piano superiore per una singolare sintesi. Questo è il processo cognitivo. Egli si pone davanti al reale, cogliendone tutta la sua complessità e bellezza. Non si ferma a quanto i sensi gli porgono, ma va oltre. Conosce con il procedimento matematico, ma intuisce – a volte con una forte emozione – che c’è ancora del cammino da compiere per giungere al tutto. Ora, la fede non è altro rispetto alla conoscenza umana, ma ne è parte integrante. Al punto che, mancando questa si deve dire che la ragione non ha fatto tutto il suo lavoro! Tanti sono i legami tra i due: fede ragione sono le due ali della conoscenza umana; la fede pone la ragione nelle sue condizioni ottimali, perché la invita a considerare che oltre il microscopio c’è un universo spirituale non meno vero; la ragione aiuta la fede a ad approfondire e sistematizzare i dati della divina Rivelazione. È ragionevole credere. La ragione offre alla fede quei fondamenti naturali, indicando quelle vie, che permettono di giungere al piano del divino senza scossoni. Insieme evitano di cadere in un razionalismo, che restringe la conoscenza a solo quello che si può fisicamente sperimentare, e in un fanatismo religioso, che conduce a scelte contro la dignità umana. Pensare che la fede nasca da un solo sistema cognitivo non è né vero, né sufficiente. Piuttosto rientra nella strategia di ritrovare nella realtà una tesi preconcetta e, cioè, che la fede sia solo un’emozione e, pertanto, sia irrazionale. Tesi passate sono riproposte attraverso una lettura parziale, presentata finalmente come scientifica. I credenti sarebbero così quelli che utilizzano solo una parte del proprio cervello, quella, che sembrerebbe la meno affidabile. E, secondo i casi sarebbero ingenui, cretini, etc. Che strano: questo viene detto oggi, dove sembra che l’esistenza debba essere guidata dall’emotività. Una cosa sarebbe vera, perché “me la sento” e così sarebbe da farsi con determinazione. Da una parte si dice che l’emotività è irrazionale, da un’altra, si dice che può essere la regola della vita. E, se invece, alla logica dell’aut-aut, si sostituisse quella dell’et-et? Cioè: se invece di separare e contrapporre si tenessero insieme in modo complementare? Intuizione e deduzione, emozione e ragionamento, fede e ragione. Questa è la conoscenza, ma questo è anche l’uomo, il quale non si muove mai a conoscere, se prima non è stato in qualche modo attratto ad esempio dalla bellezza. Il ragionamento da solo potrebbe diventare freddo e parziale; se unito al fascino che la realtà esercita per la sua bellezza, per il suo calore diviene cammino verso l’infinito.
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