La scienza davanti al mistero

Qualche volta mi viene da pensare che siamo fortunati a vivere in un’epoca di strabilianti scoperte scientifiche che gettano nuova luce sui segreti del cosmo. La teoria della relatività, formulata dal celebre scienziato Albert Einstein nei primi due decenni del Novecento, rappresenta indubbiamente il punto più alto del pensiero fisico e filosofico, nella sua mirabile evoluzione dai primordi della filosofia greca alla nascita delle scienze e del metodo sperimentale in epoca rinascimentale. È sicuramente per il fascino irresistibile della relatività che la scienza svolge oggi un ruolo importante nella cultura e nella società e suscita interesse anche nelle persone comuni. Merito anche di un’immensa pubblicistica, dell’informazione e dei mass media che non fanno che dibatterne gli aspetti più sensazionali. C’è inoltre da rimarcare che, lungi dall’indebolire il sentimento religioso, la scienza moderna ha diffuso un’immagine più fascinosa e accattivante della Chiesa. Non sono pochi, infatti, gli studiosi che vedono delle sorprendenti analogie tra il Big Bang e la Creazione descritta nel Libro della Genesi. Vale la pena in proposito evidenziare che complesse ricerche internazionali sono alla caccia del bosone di Higgs, la “particella di Dio”, mattone fondamentale della materia, la cui esistenza è stata ipotizzata per spiegare la nascita fulminante dell’universo.La teoria della relatività sovverte la tradizione e l’esperienza sensoriale. Il mondo fisico non è come appare e i postulati della geometria euclidea, che impariamo sui banchi di scuola, non sono applicabili a uno spazio curvo e quadridimensionale. Chi pensa di seguire una linea retta, si accorge prima o poi di essere tornato al punto di partenza. È, però, il nuovo concetto di tempo che getta sconcerto, perché sembra richiamare il sortilegio e la magia più che la scienza. In poche parole, non c’è un tempo assoluto, valido per tutti gli osservatori e misurabile con un unico orologio, secondo le regole recepite dagli esperimenti di Galileo, ma un tempo che cambia secondo l’osservatore e il sistema di riferimento. Se viaggiassimo a una velocità prossima a quella della luce, l’orologio collocato a bordo di una ipotetica astronave rallenterebbe il suo ritmo, restando nettamente “indietro” rispetto a quello che è al polso di un osservatore terrestre. Niente è più veloce della luce, ma se il progresso ci consentisse di muoverci a una velocità superiore, il passato scorrerebbe davanti ai nostri occhi come in un film che gira all’incontrario proiettando eventi accaduti, per esempio, al tempo dei faraoni o delle guerre puniche.La cosa difficile è capire la teoria della relatività nella sua essenza, perché occorre avere speciali cognizioni nel campo della fisica e della matematica. Si afferma in proposito che Einstein, preoccupato per questo limite che costituiva un serio ostacolo alla sua diffusione nel ceto popolare, si fosse deciso a scrivere un libro con l’intento di divulgarne i fondamenti, usando un linguaggio piano e persuasivo e affidandosi al ragionamento e all’ausilio di qualche schizzo o semplice figura. Ho letto questo libro, che è stato scritto negli anni Cinquanta in collaborazione con il discepolo Leopold Infeld (L’evoluzione della fisica, Einaudi, Torino 1955), e ho potuto constatare che l’autore ha raggiunto il suo scopo, perché alcuni dei concetti più oscuri, come quelli prima riportati, sono accessibili a chi ha una preparazione di scuola superiore e, soprattutto, tanta voglia di imparare. Einstein ha capito quello che altri colleghi non hanno capito. Non c’è vero progresso se non c’è conoscenza e amore per le scienze e questo amore può essere inculcato solo da una illuminata divulgazione. Perché è importante che la scienza arrivi al popolo? Lo spiega lo stesso scienziato, quando afferma che non bisogna stancarsi di leggere e di studiare, perché “più leggiamo e più cresce la nostra ammirazione per la perfetta composizione del libro (della natura)”. Se meditiamo sul senso delle sue parole, possiamo capire che esse trasmettono un messaggio: la scienza sa cogliere il senso sacrale e religioso della natura. E’ evidente, infatti, che bellezza e perfezione, che ci riempiono di stupore e ammirazione, non sono il risultato del caso e provengono necessariamente dalla intelligenza e dall’onnipotenza del Creatore. E’ questo il paradosso. La scienza, che secondo l’illuminismo e il pensiero laico e razionalista era concepita come uno strumento atto a liberare la società da religione e superstizioni, ci aiuta invece a vedere la mano di Dio. In conclusione, tanti sono gli enigmi dell’universo, che forse un giorno troveranno soluzione. Altrettanto grandiose ed enigmatiche sono, però, le parole del Vangelo, secondo cui Dio nasconde la verità ai dotti e ai sapienti. E forse questo è il motivo per cui più il progresso scientifico segna tappe vittoriose, più l’universo si complica e si ingarbuglia.

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