La ripresa in Europa c’è, ora le riforme

Grafici e tabelle sono sempre sfacciatamente chiari, specialmente quelli riguardanti l’economia. Così le “Previsioni economiche di primavera”, gigantesco studio della Commissione reso noto nei giorni scorsi, segnala, ad esempio, che nel grafico della “crescita”, misurata con il Pil, l’Italia si colloca in fondo alla classifica europea. Mentre, al contrario, se si scorrono le tabelle della disoccupazione (specie giovanile) o del debito pubblico, il Belpaese appare quasi insuperabile.È peraltro vero, come affermano molti, che “i numeri non dicono tutto”. Infatti, giusto per tornare agli esempi, se l’Italia sfiora per il 2017 una crescita dell’1% e la Romania si colloca oltre il 4%, ciò non significa che a Bucarest si viva meglio o si sia più ricchi che a Roma o Milano: basterebbe, in tal senso, un raffronto tra i salari medi italiani e quelli rumeni…Le previsioni della Commissione comunque indicano, e avviene ormai da tempo, una fase di ripresa dell’economia Ue, sia in termini assoluti che in rapporto ai grandi competitori globali (la crescita mondiale è data al 3,7%). L’economia dell’Ue28 “è entrata ormai nel quinto anno di una ripresa che sta ora interessando tutti gli Stati membri e che dovrebbe proseguire a un ritmo per lo più regolare quest’anno e l’anno prossimo”. La Commissione evidenzia per la zona euro una crescita del Pil dell’1,7% nel 2017 e dell’1,8% nel 2018 (dati superiori alle previsioni d’inverno). Per l’Ue nel suo complesso, invece, la crescita del Pil dovrebbe rimanere stabile all’1,9% per entrambi gli anni. Il commissario all’euro Dombrovskis ha però commentato: “La situazione è molto diversa da uno Stato membro all’altro, con risultati migliori nelle economie che hanno attuato riforme strutturali più ambiziose”. Così il motore continentale rimane la Germania, con buone performance di Regno Unito, Paesi scandinavi e baltici, dei Paesi Bassi e di una ritrovata Irlanda. Lo sviluppo produttivo e commerciale arranca invece nell’Europa mediterranea, con l’Italia nella scomoda posizione di fanalino di coda.I numeri sono emblematici. La Germania si attesta a un Prodotto interno lordo all’1,6% per quest’anno e 1,9 nel 2018 (con una disoccupazione inferiore al 4%). L’Italia, pur definita in “modesta ripresa”, è bloccata allo 0,9% quest’anno e 1,1 l’anno prossimo (disoccupazione al 12%). Per la Francia la Commissione indica un Pil, per il 2017 e 2018, rispettivamente all’1,4 e 1,7%. Il Regno Unito segna 1,8% quest’anno e una discesa all’1,3% nel 2017: piaccia o meno ai britannici, le implicazioni dei negoziati per il Brexit e il clima di incertezza generale che si respira a Londra lasciano intravvedere ricadute concrete. La Polonia ha ottime prestazioni; 3,5% quest’anno e 3,2 il prossimo anno. Meglio ancora Irlanda (4,0 e poi 3,6%) e Romania (4,3 nel 2017 e 3,7% nel 2018).A questo punto la Commissione, dopo aver messo sul tavolo altri dati inerenti inflazione, investimenti, consumi interni, mercato del lavoro, import-export, chiarisce: “Per ristabilire l’equilibrio economico” dei Paesi fermi o quasi al palo, “sono necessarie riforme audaci”, che vanno “dall’apertura dei mercati dei prodotti e dei servizi alla modernizzazione del mercato del lavoro e dei sistemi di protezione sociale”. Perché “in un’epoca di cambiamenti demografici e tecnologici, anche le nostre economie devono evolversi, offrendo maggiori opportunità e una migliore qualità di vita per i nostri cittadini”. Un messaggio chiaro anche a fronte delle persistenti incertezze internazionali. Sta a ciascun Paese cogliere, o meno, la positiva e impegnativa sollecitazione di Bruxelles.

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