La macchina è fuori controllo

La notizia della nomina governativa di tre supercommissari deputati al contenimento della spesa pubblica (Enrico Bondi per le spese ministeriali, Giuliano Amato per i trasferimenti a partiti e sindacati, Francesco Giavazzi per quelli alle imprese) riesce a dare sensazioni nettamente opposte. Da una parte, ottimismo: sono tre persone perfette per il ruolo che è stato loro affidato. Bondi è un “risanatore” di prima categoria, il miracolo-Parmalat è quasi tutto suo; Amato conosce perfettamente l’ingranaggio di cui si dovrà occupare; Giavazzi è uno dei migliori economisti italiani, con idee chiarissime su come debba funzionare il mercato italiano. Tenendo conto che ha aspramente polemizzato fino a ieri con quel Mario Monti che lo ha nominato, la qualità delle persone ha prevalso su ogni altra considerazione.

Dall’altra parte, è un segnale molto più che inquietante. Significa, in buona sostanza, che la macchina statale è fuori controllo. Lo si sospettava ampiamente, visto l’enorme debito pubblico che abbiamo sulle spalle; ora se ne ha la prova provata.

Significa che gli organismi deputati al controllo della spesa, dalla Corte dei Conti in giù, non riescono a controllare, o comunque a porre in qualche modo rimedio alle tante falle della nave-Italia. Significa che la Ragioneria di Stato è da rivedere in toto. Significa che i partiti stessi – che ci sono, pure se in posizione più defilata – sono attraversati da una paralisi motoria speriamo transitoria, incapaci di portare a conclusione qualsivoglia piccola riforma (vedi il finanziamento pubblico ad essi stessi) seppur in una situazione da allarme rosso.

Significa che nemmeno un governo di “tecnici” si trova nelle condizioni di cambiare una struttura di spesa che è elefantiaca, disordinata e, soprattutto, fuori controllo.

Chi sa con precisione quale sia la voragine della sanità pubblica? Chi conosce con esattezza i buchi creati dalle Regioni e dagli altri enti locali? Chi ha la minima possibilità di valutare la qualità del lavoro e dell’azione dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici italiani? Chi ha idea di come far funzionare un pochino meglio la macchina statale?

Abbiamo sentito dire, per l’ennesima volta: “Basta sprechi, adesso si taglia”. Ecco, questa è un’affermazione che spaventa nella sua prima parte: come mai gli sprechi perdurano – abbondanti – nonostante la diffusa consapevolezza che esistono, e da decenni? Sembra di vedere l’immagine di un obeso che, davanti al medico che gli sventola in faccia analisi del sangue da paura, promette solenne: da domani dieta.

A spaventare di più, in una terna di nomine che è azzeccata ma pure disperata, è proprio la consapevolezza che qui non si fa finta di aderire ad una cura che in realtà già domani finirà nel cassetto. Non siamo di fronte a qualche governo che davanti promette e dietro sperpera per fini elettorali o altro. Del governo Monti si potrà dire tutto, meno che non sia un medico durissimo e impietoso. Ha perfettamente presente le caratteristiche della malattia, e ha la più ferrea volontà di curarla.

Mai, nella storia della nostra Repubblica, avevamo visto di simili esecutivi. L’austerity degli anni Settanta, in confronto, fu una passeggiata. Ci ha fatto ingoiare medicine amarissime (quanto sia indigesta la riforma delle pensioni, lo capiremo solo vivendo) e strette di cinghia da soffocare. La tassazione ha raggiunto punte estreme, e Monti sa perfettamente che non solo non può essere aumentata, ma che la stretta andrà allentata nel prossimo futuro. Ma senza una spending review seria (un altro termine anglosassone al quale ci stiamo abituando), cioè senza una vera revisione della spesa pubblica per ridurla e renderla più efficace, l’Italia non andrà da nessuna parte.

Anzi, andrà da una parte che non le conviene minimamente frequentare: quella dove alberga la Grecia e dove sta arrivando la Spagna. Non è pessimismo d’accatto. I grandi capitali internazionali stanno osservando le mosse italiane per capire se dare fiducia al Belpaese, o farlo stramazzare. Il livello dello spread dei nostri titoli di Stato – né troppo alto ma incapace di scendere ancora – testimonia questa situazione di attesa. Se non convinciamo questi capitali che il nostro è un Paese serio (quindi a rifinanziare il suo debito pubblico), nemmeno a Mandrake riuscirà di fare quello che è stato chiesto al trio Bondi-Amato-Giavazzi, e a Monti in ultima istanza.

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