La colletta, aiuto concreto per chi ha fame

Sono quasi un milione e 600 mila le persone che in Italia ogni giorno riescono a mangiare grazie alla rete che ruota intorno al Banco alimentare. E non si tratta solo di immigrati; il 50% di chi si rivolge alle strutture aiutate dal Banco è da qualche anno costituito da italiani disoccupati, emarginati o anziani. Tra loro molti “insospettabili”: persone che hanno perduto il lavoro o che pur lavorando non ce la fanno ad arrivare con la propria famiglia a fine mese, più di un terzo di quei quattro milioni di “poveri assoluti” segnalati dall’Istat. Tra gli “assistiti” sono progressivamente aumentati i bambini tra 0 e 5 anni, oggi 135mila, il 9%. Olio, alimenti per l’infanzia, pasta, riso, biscotti, sughi, pelati, tonno, carne e legumi in scatola gli alimenti da donare domani, sabato 28 novembre, all’uscita dei supermercati, che verranno distribuiti dal Banco a oltre 8mila strutture caritative convenzionate: mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza.Oltre 9.200 le tonnellate di cibo donate da 5 milioni e mezzo di persone nella Giornata della colletta 2014. Ma la povertà alimentare si combatte anche con la lotta agli sprechi. Dal 1989 il Banco recupera le eccedenze della filiera agroalimentare e, attraverso la propria rete (21 realtà locali su tutto il territorio nazionale) le ridistribuisce gratuitamente alle strutture convenzionate. Alimenti ancora ottimi e non scaduti ma che sarebbero destinati alla distruzione in quanto non più commerciabili – non rispondenti a misure standard o con qualche difetto nell’etichettatura – recuperati soprattutto da ortofrutta, industria agro-alimentare, grande distribuzione organizzata, ristorazione collettiva.Nel 2014 le eccedenze recuperate sono state 40.923 tonnellate, cui si aggiungono quasi 15mila tonnellate di cibo donato (di cui 9.200 nella sola Giornata nazionale), per un totale di quasi 56mila tonnellate di alimenti per i più poveri.Numeri che dicono l’impegno di questa “significativa rete di carità”, come l’ha definita Papa Francesco, ricevendo in Aula Paolo VI, lo scorso 3 ottobre, settemila appartenenti al “popolo” del Banco, tra rappresentanti di aziende donatrici, volontari, assistiti.“Noi non possiamo compiere un miracolo come l’ha fatto Gesù – ha detto Francesco richiamando la moltiplicazione dei pani e dei pesci – ; tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all’emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo. Prima di tutto possiamo educarci all’umanità, a riconoscere l’umanità presente in ogni persona”. Ed è lo spaccato di un’Italia solidale nonostante la crisi, quello che emerge dall’impegno del Banco alimentare. Per Giorgio Paolucci, giornalista e autore del libro “Se offrirai il tuo pane all’affamato… “ (ed. Guerini 2015), la cui copia numero uno, in edizione speciale, è stata donata al Papa nel corso dell’udienza, “Il bene è un virus contagioso, il migliore antidoto al nichilismo che porta al terrorismo, e oggi parlare di questo desiderio di bene insito nel cuore dell’uomo è il migliore strumento per non arrendersi al male”.Il volume, che nell’edizione in libreria è arricchito dall’intervento del Papa all’udienza, è un’inchiesta alla scoperta di un pianeta dove gratuità, solidarietà, condivisione si coniugano, nelle esperienze di vita narrate, con grandi sacrifici, come nel caso del vecchio alpino di Aosta con la moglie ricoverata in un ospizio, o con la volontà di riscatto di chi, in carcere, si priva di qualcosa di estremamente prezioso per donarlo a chi è più bisognoso. Come Fabrizio, ex detenuto e promotore della prima colletta alimentare a San Vittore nel 2010, oggi uomo libero, che ricordando le mani dei compagni protese oltre le sbarre per far cadere nel carrello dei volontari un pacco di pasta o una scatola di ceci, osserva: “siamo tutti fatti per il bene e l’errore non può essere l’ultima, definitiva parola sull’uomo che lo ha commesso”.O Antonio, quattordicenne detenuto nel carcere minorile di Nisida che racconta: “Mi è rimasta nel cuore la certezza che anch’io posso fare qualcosa di buono”.Piccole storie di incontro e condivisione che forse non fanno notizia, ma è anche questa gente semplice che fa la storia. Una goccia nel mare? Forse, ma preziosa per alimentare la speranza, restituire la dignità, sentirsi umani.

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