La Chiesa, la crisi e l’8 per mille

Alberto Melloni, dalle colonne del “Corriere della Sera” torna a parlare della Chiesa e di quanto dovrebbe fare di fronte all’attuale crisi globale. In particolare, sul giornale del 28 agosto suggerisce ai vescovi di “non sottovalutare la richiesta che arriva da più parti e che Melloni si riferisce a questioni che riguardano l’Ici, le festività, l’8 per mille mettendo in verità nel calderone temi molto diversi e lasciando anche capire che in alcune occasioni le eventuali polemiche sollevate a carico della Chiesa sono strumentali. Polemiche e obiezioni che riconosce, tra l’altro, ben respingibili “con argomenti tecnicamente e giuridicamente forti”. Melloni arriva comunque a porre una questione cruciale che riguarda la “fede nella povertà come via necessaria alla Chiesa”, secondo il dettato conciliare. Fede che sarebbe stata erosa dal denaro a disposizione anche grazie all’8 per mille.

La conseguenza? Una perdita di credibilità della Chiesa quando invece le sarebbe sempre più necessaria per svolgere un ruolo decisivo in questi tempi di crisi e di grandi svolte per il Paese.

Una settimana prima, Melloni aveva già puntato il dito sul “ritardo” della Chiesa, dei cattolici, nel rispondere alla crisi globale.

Una Chiesa debole se non latitante nell’esprimere un giudizio sui processi in corso, senza la forza, oggi – diversamente di quanto avvenne in altre epoche – per leggere la storia nel suo complesso, “trovarne quella chiave supremamente sintetica che, a partire dall’atto di fede in Gesù Cristo morto e risorto, sa indicare le vie di un nuovo tempo e preparare quel che è già tutto scritto nelle premesse presenti. Oggi – scriveva Melloni – questo atto, reso più urgente dal tragico nanismo delle leadership politiche, tarda a farsi sentire”.

Sono importanti i temi sul tappeto e certo meriterebbero considerazioni ben più ampie di quel che si può fare in poche righe.

Vale comunque accennare qualche riflessione su un nodo di fondo: davvero la Chiesa di oggi ha perso così credibilità?

E i cattolici non trovano le parole giuste per questi tempi di crisi?

Senza sottovalutare la questione della povertà (e della fattispecie del rapporto col denaro e il potere), tuttavia non pare che l’argomento tenga del tutto. In realtà, al di là delle polemiche strumentali, proprio la Chiesa è da più parti e ripetutamente indicata come un riferimento importante nella vita delle persone e del Paese.

Lo è con i suoi vertici – il Papa e i vescovi – e anche con l’agire quotidiano della comunità dei credenti, uomini e donne che sono in prima fila, oggi come ieri, nel loro tentativo di vivere il Vangelo e di affrontare, ispirati dal Vangelo, le cose di tutti i giorni e le emergenze della nostra società.

Questi uomini e donne sono i primi, probabilmente, che avvertono – come Melloni – le difficoltà di una coerenza ricercata e pur sempre inadeguata. Insieme alla passione che permette di non mollare mai e continuare ad agire nella direzione della pace, della fratellanza, dell’accoglienza, della condivisione. Sono, queste, parole – e azioni – che servono oggi, che vanno controcorrente e sono in grado anche di dare qualche risposta alla crisi contemporanea. Non è che manchino, dunque.

Forse le si sottovalutano, le si ascolta poco nella loro sostanza. Magari non sanno tradursi in leadership politiche e probabilmente bisogna anche considerare che sono voci di minoranza.

Tuttavia conservano forza, soprattutto nelle realtà concrete, sui territori, che innervano non di rado di entusiasmo e di speranza. Sta anche qui la questione della “povertà”, evangelica e conciliare.

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