La chiarezza tra le diatribe dei cacciatori

Gentile Direttore, Le chiedo cortesemente ospitalità per una replica alla lettera pubblicata dal Suo quotidiano il 20 giugno scorso a firma dei presidenti provinciali di Federcaccia, Enalcaccia e Libera caccia. In particolare, vorrei fare alcune precisazioni su alcune inesattezze contenute nel predetto scritto.Nella lettera si fa riferimento a presunte “più volte motivate richieste da parte delle associazioni venatorie più rappresentative del Lodigiano che ormai da anni chiedono un solo ATC in Provincia di Lodi”; richieste a cui non sarebbe stato dato ascolto.A tal proposito, la modalità più trasparente e neutrale di far conoscere a tutti i cacciatori lodigiani l’operato dell’amministrazione e delle associazioni sarebbe quello di pubblicare sui quotidiani locali, o su altri mezzi di informazione, quanto pervenuto agli uffici; in questo modo, ognuno potrebbe trarre il proprio convincimento e valutare se è stata l’amministrazione ad essere sorda alle richieste o se, al contrario, queste richieste non sono state pertinenti rispetto all’oggetto del contendere o non sufficientemente suffragate da motivazioni tali da indurre l’amministrazione ed i tecnici di Oikos (consulenti incaricati di predisporre il Piano Faunistico) a ravvedere le proprie posizioni.Probabilmente tale “operazione trasparenza” non è fattibile, quantomeno in tempi brevi; motivo per cui cercherò di ricostruire, nel modo più oggettivo possibile come abbiamo proceduto per la realizzazione del nuovo Piano Faunistico e come si è svolta l’interlocuzione con le associazioni venatorie.Non temo smentite nell’affermare che, sul piano della partecipazione, la Provincia è probabilmente andata ben oltre i suoi ‘’obblighi’’ istituzionali nell’assecondare le associazioni, che sono state ascoltate in ogni circostanza e in ogni fase della formazione del Piano. Da notare che a tale scopo è stato costituito un nuovo tavolo di confronto con le associazioni (non previsto per legge), che si affianca alla Consulta caccia ed agli altri ambiti di partecipazione previsti dalla norma (VAS).Nel corso delle diverse sedute del Tavolo Caccia, è stato di volta in volta illustrato lo stato di avanzamento dei lavori, raccogliendo suggerimenti e dando comunque termini per la produzione di osservazioni motivate.Ogni scelta è stata accompagnata da un parere tecnico che attribuiva positività e negatività alle varie opzioni astrattamente ipotizzabili; e così è stato anche nella comparazione tra ipotesi di ambito unico ed ipotesi di più ambiti. E ancora tra le diverse ipotesi di confine tra gli ambiti stessi.Proprio per dimostrare alle associazioni che nessuna soluzione è stata aprioristicamente scartata, la verifica della bontà o meno di un eventuale ambito unico è stata svolta nonostante sulla legittimità di tale scelta sussistessero molti dubbi.Come peraltro esplicitato anche dalla successiva lettera a firma ANUU-Italcaccia, pubblicata dal Suo giornale in data 26 giugno, da subito funzionari della Provincia e consulenti avevano rappresentato alle associazioni una pregiudiziale di non conformità alla legge, sia nazionale che regionale, dell’ipotesi che il territorio di un’intera provincia coincidesse con un unico ambito di caccia.I dubbi sollevati da tecnici e consulenti hanno trovato poi conferma in un parere della Regione Lombardia (reso anch’esso noto alle associazioni), nonché in una serie di sentenze passate in giudicato. Ogni volta che sono stati impugnati Piani Faunistici che prevedevano la costituzione di un Ambito unico, i Tar li hanno bocciati.Ci si sarebbe aspettato, da parte dei sostenitori dell’ambito unico, quantomeno un tentativo di ricercare sentenze che, al contrario, sancissero la liceità di tale ipotesi. Ma ad oggi non sono state prospettate.In ogni caso, questa Amministrazione non si è nascosta dietro il paravento di un indirizzo giurisprudenziale, ma ha voluto comunque approfondire le conseguenze dell’istituzione di un unico Ambito, piuttosto che di due, attribuendo positività e negatività alle diverse ipotesi. Anche attraverso questa complessa valutazione, basata su di una pluralità di fattori, i consulenti di Oikos sono giunti a concludere che la suddivisione territoriale in più ambiti fosse più confacente alla realtà della nostra Provincia.E anche in questo caso ci si attendeva che le associazioni che ritenessero non corrette le risultanze cui erano pervenuti i tecnici, adducessero motivazioni tecniche e giuridiche tali da sovvertire i giudizi. Ma anche su questo aspetto (altra cosa sono le osservazioni in merito alle zone di ripopolamento e cattura, formulate e accolte nella stragrande maggioranza dei casi), i tecnici di Oikos hanno dovuto prendere atto che i sostenitori dell’Ambito unico si sono limitati a esternare la propria contrarietà a quanto prospettato, senza però fornire elementi di fatto o di diritto idonei a sostenere sotto il profilo tecnico-giuridico soluzioni alternative.A mero fine esemplificativo, menziono testualmente una delle osservazioni, peraltro, comunicate formalmente agli uffici solo in data 26 giugno (e cioè sei giorni dopo la lettera al Suo Quotidiano in cui veniva lamentato il mancato ascolto delle osservazioni da parte dell’amministrazione provinciale) che, nelle intenzioni degli scriventi, avrebbero dovuto indurre i tecnici di Oikos a ravvedere la propria proposta. Recita testualmente l’osservazione: l’associazione “esprime parere contrario al mantenimento di due ATC in provincia di Lodi, in quanto, ritiene essenziale che i cacciatori lodigiani possano svolgere l’attività venatoria su tutto il territorio di loro attinenza”.Credo sia del tutto evidente che professionisti stimati ed incaricati da diverse Province lombarde di predisporre i rispettivi Piani Faunistici, avendo elaborato la loro proposta dopo mesi di studio, indagine, verifica di ogni minimo particolare, necessitassero di ben altre argomentazioni per ipotizzare una revisione del loro operato.Peraltro, Signor Direttore, la costruzione del Piano Faunistico, oltre ad essere il frutto di un costante confronto con le associazioni, è stato realizzata dai tecnici incaricati di Oikos in perfetta sintonia con le linee metodologiche approvate dalla Giunta provinciale, che erano state preventivamente condivise unanimemente dalle associazioni. In altre parole, l’impostazione metodologica della formazione del Piano (ripeto, condivisa fin dall’inizio dei lavori con tutte le associazioni), si basava su due pilastri: il riconoscimento della competenza ed autorevolezza dei tecnici incaricati dalla Provincia e la partecipazione costante delle associazioni a tutte le fasi del procedimento. Le considerazioni sui «tecnicismi» sembrerebbero dimostrare che la riconosciuta autorevolezza tecnica degli estensori del Piano possa essere sconfessata quando le risultanze non collimano al cento per cento con le aspettative di alcuni rappresentanti di alcune associazioni venatorie. Peraltro, con riferimento a quelli che i firmatari della lettera chiamano tecnicismi (che la Provincia avrebbe utilizzato al fine di superare le maggioranze associative e volontà degli iscritti), si rende necessaria una puntualizzazione. Con riferimento alla questione della fattibilità o meno dell’ambito unico, quei cosiddetti “tecnicismi” altro non sono che interpretazioni, suffragate da pareri e sentenze, di leggi in materia venatoria, di cui, come si può ben comprendere, non avremmo potuto far finta di niente! Anche qualora l’opinione dei tre presidenti firmatari fosse quella della maggioranza dei cacciatori, prospettare qualcosa di dubbia legittimità e che già aveva ricevuto bocciature da parte di diversi TAR, credo sarebbe stato un esempio di cattiva amministrazione.Chiudo, soffermandomi sul passaggio della lettera in cui si scrive che da parte dell’Amministrazione provinciale “non c’è stata la volontà politica di basare e quindi sviluppare lo studio rispetto a specifici binari che avessero anche, e non solo, determinate caratteristiche di progresso per il mondo venatorio locale” per chiedere di poter conoscere nel dettaglio i citati “binari” e la natura del “progresso” indicato.Credo sia giusto che la base dei cacciatori sappia che, secondo quanto evidenziato dai consulenti, e confermato dai funzionari, in conseguenza della cosiddetta “permanenza associativa” nulla cambierebbe per i cacciatori anche in caso di nuovi confini; chi ora ha diritto di cacciare in un determinato luogo, continuerà a farlo anche in futuro.Non vorrei che la diatriba sul numero di Ambiti e sull’ubicazione della linea di confine, lungi dall’interessare chi è animato dalla sola passione di andare a caccia, costituisca, invece, una questione di “rapporti di forza” tra le associazioni venatorie, questione rispetto alla quale la Provincia vuole mantenersi estranea. L’unica volontà politica mia, e quindi dell’Amministrazione provinciale, è quella di realizzare il miglior “prodotto” possibile per l’utente finale, che in questo caso è il cacciatore. Cordiali saluti.

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