Italia e Ue, insieme nella chiarezza

Bisogna studiare, bisogna lavorare, bisogna sbloccare il Paese. E farlo in una prospettiva europea. Al suo primo discorso pubblico Mario Monti spiega un quadro che peraltro è ormai noto. Sottolinea ancora una volta che “l’occhio non deve essere quello del breve periodo” e insiste e ritorna sul nodo cruciale, la questione europea: nessun Paese può andare da solo, ripete.Gennaio in questo senso è annunciato per l’ennesima volta come un mese decisivo. In realtà i grandi giochi della finanza mondiale continuano ad avere come obiettivo proprio l’Europa e le risposte continuano a profilarsi in uno scenario ancora poco chiaro. Sono inevitabili scelte strategiche a proposito dell’architettura del governo e del processo decisionale di Eurolandia e più ampiamente dell’Unione. Ma è molto difficile prendere queste decisioni, che vengono dunque rinviate, con costi ovviamente crescenti. È il paradosso che quasi un secolo fa un famoso giurista, Hans Kelsen, aveva enunciato: è necessaria una riforma per potere migliorare l’efficienza e la capacità di decisione, ma siccome la riforma è la maggiore decisione che si può prendere, il sistema è bloccato. Cinicamente verrebbe da dire che si arriverà alle decisioni quando i costi eccessivi dell’impasse attuale non potranno più essere scaricati su una parte più debole o più marginale, ma diverranno di fatto insostenibili. Auguriamoci che il centenario del Titanic, che si sta cominciando a celebrare con grande risalto mediatico, insegni qualcosa alle classi politiche europee. In realtà anche da questo punto di vista, cioè della caratteristica del processo decisionale, il percorso interno italiano va in parallelo con quello europeo. È evidente che non si può continuare a trarre risorse dalla benzina, per cui occorre mettere in movimento contemporaneamente processi di sviluppo e di crescita e dall’altro di sostenibilità ed equità fiscale. Il presidente del Consiglio a Reggio Emilia, ricordando il tricolore, deciso nel 1797, ha di fatto chiuso le celebrazioni del 150° dell’Unità, dando un ideale appuntamento nel 2061. Ci sarà tempo per fare un bilancio di questo anno di celebrazioni, segnato da un ritrovato orgoglio nazionale e finito nell’altalena dello spread. Ha comunque dimostrato che l’Unità non è un momento, ma un processo, appunto di unificazione, fatto di tanti momenti, anche contraddittori. Un lungo processo è affidato alla responsabilità certo della classe politica, ma anche più ampiamente della cittadinanza italiana, articolata, plurale, complessa, così ricca di energie e nello stesso tempo così difficile da ricondurre a orizzonti condivisi. Tuttavia è capace di dare il meglio nelle situazioni di emergenza ed è naturalmente aperta, proiettata su un orizzonte europeo. Con realismo allora si può procedere, per mettere ordine e così, rendendo a ciascuno il suo, centrare obiettivi vantaggiosi per tutti.

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