In classe con lo smartphone? Si può, purché...

Ecco un argomento che divide docenti e genitori, mentre potrebbe far felici i ragazzi: l’utilizzo dello smartphone in classe. Con l’avvio del nuovo anno scolastico potrebbe essere definitivamente sdoganato l’uso didattico del “nefasto” smartphone in classe. La notizia l’ha data il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone. È una posizione che si scontra con la precedente del ministro Giuseppe Fioroni del marzo del 2007 allorché in tutte le scuole fu salutata con favore l’arrivo di una nota ministeriale che dettava le linee di indirizzo sul divieto di utilizzare i telefoni cellulari o altri dispositivi elettronici in classe durante le attività didattiche. Seguirono le relative indicazioni su eventuali sanzioni disciplinari. Una posizione, quella dell’allora Ministro Fioroni, condivisa da docenti e presidi che vedevano finalmente riconosciuto un principio non del tutto condiviso da molti genitori ovvero che il cellulare poteva rappresentare “un disvalore, un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente”. I cellulari, dunque, come strumenti da bandire nelle classi e questo mentre facevano capolino, tra le mani esperte dei ragazzi, i primi e innovativi smartphone che coglievano di sorpresa gli stessi docenti. Con l’avvento degli smartphone la battaglia nelle classi si fa più cruenta tra docenti e studenti. Ai tradizionali messaggini, già patrimonio consolidato tra i ragazzi, si aggiungono le nuove applicazioni di WhatsApp, Facebook, Snapchat, ma soprattutto esplode la mania dei filmati girati nelle classi o in luoghi riservati, sistematicamente immessi su You-Tube. Risultato: docenti denigrati e scuola ridicolizzata. Si afferma e si diffonde tra i ragazzi il ricorso ai social network con applicazioni protette. Gli stessi genitori fanno fatica a seguire i figli.

Inevitabile per le scuole dotarsi di regolamenti più o meno tutti concentrati nell’individuare criteri di corresponsabilità tra scuola e famiglia, ma soprattutto criteri di punizione per adeguare la sfida al divieto ad una equilibrata sanzione disciplinare. Smartphone, cellulari, tablet e ora anche smartwatch sono i moderni strumenti tecnologici. Si fa strada il nuovo principio secondo cui il loro corretto utilizzo potrebbe aiutare chiunque a studiare in maniera più proficua. Si impone una diversa valutazione. E’ la linea assunta dal nostro Ministero della Pubblica Istruzione. Non si parla più di divieti e di sanzioni, ma di corretto utilizzo didattico degli apparecchi tecnologici oggi in uso tra i ragazzi. Oramai è tempo di rivedere certe convinzioni. Il dubbio prevale e prende tutti. E se gli smartphone fossero utili nella didattica? «Non meno che saper; dubbiar m’aggrada» ci ricorda Dante giusto per ricordare che non esistono certezze assolute, che il piacere del dubitare non è meno inferiore al piacere di sapere. Dunque fa bene il sottosegretario Davide Faraone a ritornare sull’argomento circa l’utilizzo di smartphone in classe e rivedere la nota del Ministro Fioroni. Come in ogni argomento serio che si rispetti, le posizioni si dividono tra favorevoli e contrari. Partiamo da un dato di fatto. Il mondo oggi viaggia più velocemente di una volta. Il 2007 sembra a noi vicino, in realtà dal punto di vista della tecnologia quell’anno è già molto lontano.

Oggi siamo alla vigilia dell’introduzione dei robot nella vita di tutti i giorni, siamo in piena capacità di decodificazione mediatica delle informazioni, siamo nel pieno della digitalizzazione come processo attivo non solo nella vita amministrativa, ma anche nella didattica, nell’e-commerce, siamo alla vigilia di grandi proposte tecnologiche sempre più miniaturizzate e sempre più alla portata di tutti. Possiamo forse continuare a vietare e punire? Possiamo come scuola ignorare che il mondo scivola sotto le dita di ragazzi, docenti e genitori? Parliamo sempre più di e-book, di aule multimediali, di aule 3.0, di lezioni in streaming, di lavagne interattive. Possiamo continuare a ignorare tutto questo e pensare a come beccare i ragazzi in classe con tra le mani gli smartphone per punirli? Non è forse meglio cominciare a parlare di educazione all’uso corretto di questi strumenti tecnologici? A scoprire assieme a loro i vantaggi applicati al sapere? Del resto stiamo assistendo ad una vera rivoluzione sociale.

Tutto è rimesso all’utilizzo della tecnologia. Pratiche burocratiche, iscrizioni a scuola, dichiarazione di redditi, acquisti on-line, password, e-mail, posta certificata. E’ sempre più richiesta una domanda di nuova alfabetizzazione per adulti e anziani che si sentono tagliati fuori da questa rivoluzione digitale. Cresce la voglia di essere educati a un corretto uso di internet, ma anche di smartphone di nuova generazione visto che molto si può fare anche via telefono. Tutto questo richiede un riesame della situazione, partendo da una diversa visione dell’uso della tecnologia nel quotidiano. E questo vale per le massaie come per gli impiegati, per gli adulti come per i giovani, per i docenti come per gli studenti.

Dobbiamo rivedere molte delle posizioni finora assunte e tra queste anche quelle riconducibili all’uso in classe di smartphone e tablet. Certo dobbiamo essere consapevoli, e questo vale per i docenti come per i genitori, che si rischia grosso, che accanto ad un corretto uso in classe di uno smartphone ci può essere chi ne potrebbe fare un cattivo uso; che occorre una stretta vigilanza per evitare quanto recentemente accaduto, ad esempio, in una scuola elementare romana dove bambini di sette-otto anni riuniti nel laboratorio di informatica, approfittando della momentanea assenza della maestra, sono riusciti tranquillamente ad entrare in particolari siti “sporcaccioni” privi di filtri “parental control”.

Vigilanza e sicurezza sono variabili necessarie per fare in modo che certi episodi non accadano. Bisogna fare della consapevolezza una virtù al punto da creare le migliori condizioni per un più intelligente utilizzo dei mezzi tecnologici a disposizione. Con uno smartphone tra le mani oggi si possono fare tantissime cose. Si possono richiamare le lezioni da approfondire, ci si può collegare alla rete internet per ricerche e approfondimenti interdisciplinari, è possibile creare una rete interna per condividere informazioni, può anche rivelarsi un ottimo metodo di ricerca-azione per i giovani finalizzata all’ideazione di nuovi software meglio conosciuti come «App». Per molti docenti sono proposte estemporanee. Per me sono proposte su cui occorre educare i ragazzi al loro responsabile e consapevole utilizzo. Anche questa è «Buona Scuola».

© RIPRODUZIONE RISERVATA