Prendetele pure come volete, le notizie che riguardano i giovani sono sempre le stesse, sempre uguali. Negative. O forse no, non solo. Dipende. Naturalmente dalle materie, dagli argomenti. I quali sono sempre molteplici e complessi. A partire dai comportamenti sociali, dalla cultura, dalle devianze, dall’abbandono scolastico, per proseguire con gli impianti emozionali, i minestroni mediatici, le forme di consumismo, le insofferenze generazionali e finire agli aspetti più attuali della disoccupazione, del precariato, delle incertezze presenti e future, del reddito, della solidarietà familiare eccetera. Notizie che seguono sempre (più o meno) la stessa dinamica da anni. Con bilanci diversi. A seconda di stili, tirocini, furori, aspirazioni, vocazioni, interessi. Negli ultimi quindici anni sono quasi raddoppiati i giovani sotto i 35 anni senza lavoro (Confartigianato Imprese); il 10% lavora non a norma fiscale-contributiva (Istat); la fuga all’estero dei laureati è ormai una “scelta di necessità” (Time); il precariato è cresciuto di 9 punti dall’inizio della crisi (Ocse-Inps).
Ha senso parlare ancora di giovani predatori e predoni delle famiglie il reddito delle quali è sceso tra il 2007 e il 2010 in media dell1,5-3%? (Banca d’Italia)? O di giovani bersagli e vittime dei padri che hanno in Italia salari medi nettamente inferiori a Gran Bretagna, Francia, Germania, alla media dell’Ue a 21 e all’Eurozona a 15? (Rapporto Ocse).
Un copione già scritto. Forse in forma diversa. Qualcuno ricorderà Ricomincio da capo, interpretato da un Bill Murray: ogni mattina svegliato dalla radio che trasmette sempre lo stesso brano (I Got You Babe), che trascorre giornate tutte uguali, tra eventi che si ripetono senza variazione. Parlare dei giovani è un po’ come sfruttarli per scrivere una notizia particolare, che in realtà di particolare proprio non ha niente.
Lo stesso sul nostro territorio. La crisi qui è sempre un problema. Non demorde dal 2007, ma tra i giovani si era già fatta avvertire prima. Il tasso di disoccupazione è a livelli mai toccati, dai 24 ai 40 anni i “cerca lavoro” hanno largamente superato le 5000 unità (Centro per l’impiego); le imprese non assumono più laureati (Ricerca Excelsior-Cciaa); i contratti precari sono al record, gli occupati irregolari si adattano in fretta, cresce la durata dell’attesa di un posto dopo il diploma e la laurea.
Non va meglio per le imprese giovanili. All’interno dell’andamento demografico si restringe l’area della loro presenza. Le unità rette da giovani dai 18 fino a 35 anni superano le duemila. Esattamente 2.164 tra ditte individuali, società di persone e di capitale, secondo la Camera di commercio di Lodi. Qualcosa pari al 12% delle imprese totali della provincia, Una consistenza relativa non male se comparata a quella delle altre province lombarde. Ma che ha bisogno di fare i conti con le particolarità statistiche. In breve, il dato è da “piallare”. Non tutte le imprese giovanili registrate infatti sono operative, ve ne sono di “inattive”, di “sospese”, “in liquidazione e/o con procedure concorsuali”. Questo però è un altro discorso. Conta più conoscere che nei sei mesi dell’anno il tessuto delle imprese giovanili ha perso 4,2 punti tendenziali ed ha affrettato l’andamento negativo in Lombardia dove la perdita media è stimata del 3,4%.
In dodici mesi le imprese giovanili hanno perso un centinaio di unità. Le cause? Difficoltà nell’affrontare la crisi; carenza di strategie promozionali o di comunicazione al consumo; complessità di rapporti con il credito; nuove scelte di lavoro; chiusura del rapporto di “ lavoro autonomo”; superamento dell’età massima? Forse un po’ tutto questo e altro ancora.
Il numero totale non mette in apprensione. E’ insieme ad altri che allarga il fronte delle difficoltà giovanili Se si considera il tasso di disoccupazione che nel lodigiano segue un po’ il copione già scritto della dinamica occupazionale in Italia e il rallentamento della ripresa economica - destinata a pesare sulle stesse prospettive occupazionali dei giovani - insieme alle difficoltà a “fare impresa” che si addensano sul territorio - e che non potranno non agire sulla stessa natalità delle intraprese giovanili - il quadro che si prospetta non sarà di emergenza, ma qualche criticità la presenta.
Con rifrazioni inevitabili sul processo di “rigenerazione” del tessuto imprenditoriale e di dispersione delle iniziative di sostegno e valorizzazione per le nuove leve imprenditoriali.
E’ un assioma. Nella ricerca del lavoro e nel fare impresa i giovani trovano sempre più difficoltà. Ma dov’è il peccato originale, se a questo si lega la mancanza di una “visione” del nostro ceto politico?
Se la politica sembra non volersi occupare delle nuove generazioni, benché poche questioni appaiano tanto decisive per il futuro del Paese?
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