Impegno politico, atto d’amore

A volte, con loro - i nostri emigranti italiani all’estero - il discorso cade sulla nostra Italia. Le parole allora si fanno preoccupate. Sentono che non vi trovano più quei valori, quello spirito di servizio, quel senso comunitario che forse un tempo avvertivano. Sembra che il «fare il proprio interesse» o il chiudersi nel proprio “particulare” come lo definiva il Guicciardini, sia l’idolo a cui tutto è sacrificato. Da qui una conflittualità interminabile, la fragilizzazione della situazione dei giovani, il loro affannoso arrivo all’estero, la fragilizzazione di tutta una società... E senti chiedersi con ansia: «Ma dove sono le voci che difendono i nostri valori perduti, che denunciano una società che assume le regole di una giungla in nome dei propri interessi?».In questi anni una logica sotterranea o un filo rosso lega tanti segni e avvenimenti: l’animus del mercante. Fare i propri interessi ad ogni costo diventa quasi un paradigma con i suoi eroi negativi. Pare che tutto quello che si tocca – come il re Mida per il quale tutto diventava oro – diventi per noi più banalmente una merce e le persone clienti reali o potenziali. Tutto si compra, tutto si vende. Anche avere un figlio in più, come per una merce si sentiva esclamare: «No, ci costa troppo!».I nostri grandi valori di unità, di condivisione o semplicemente di fiducia e di coraggio nell’avvenire - che i nostri italiani emigrati hanno vissuto come un vero motore nella loro avventura - sembrano essersi sciolti come neve al sole. L’apertura di spirito, di intelligenza e di cuore, da sempre patrimonio della nostra cultura, sembrano quasi dimenticati. Sembra venuta meno la compassione per il mondo, per le tragedie dei popoli nostri vicini di casa, il senso dell’altro, il valore di un cammino da fare insieme, la sfida di un avvenire per tutti da costruire a più mani.E ritornano in mente le indimenticabili parole di Chiara Lubich: «La scelta dell’impegno politico è un atto d’amore; con esso il politico risponde a un’autentica vocazione, a una chiamata personale. Egli vuol dare risposta a un bisogno sociale, a un problema della sua città, alle sofferenze del suo popolo, alle esigenze del suo tempo».Scendere in politica da noi sembra quasi uno scendere in guerra. O dichiarare guerra agli uomini che il Dio di Abramo conduce ancora oggi per mano, i migranti. Sapendo che un migrante cerca sempre, in fondo, due realtà vitali ed essenziali per ogni essere umano: il pane e la dignità. E fugge moltissime volte, tra pericoli impensabili, da una terra dove per lui è impossibile vivere.Al di là del nostro “piccolo mondo antico”, delle nostre forze, del nostro io, Dio ci attende alla frontiera.

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