Il triste oblio della storia sulle 16 tombe romane ritrovate nel ’99 a Senna

Ventitrè anni fa il ritrovamento di una monetina, da cui partirono gli scavi. Dopo l’entusiamo iniziale però tutto si è bloccato

Fa dei giri strani la storia. S’inabissa. Riappare. E se non l’afferri in tempo, succede che ti scivola dalle mani. Il cimitero medievale scoperto di recente a San Martino dall’Argine, comune mantovano a quattro chilometri dal fiume Oglio, ha fatto riemergere da una stanza della memoria i resti della necropoli romana rinvenuta ventitré anni fa a Bellaguarda di Senna Lodigiana, durante le escavazioni di sabbia alla Cava Cimitero.

La monetina ritrovata

Era l’ottobre del 1999 e il sennese Cesare Soffientini, appassionato di archeologia, stava spigolando da quelle parti quando rinvenne una monetina di epoca romana, corse ad avvisare gli amici Pierluigi Cappelletti e Massimo Bassi, e i tre si misero in testa che quella traccia doveva portare al “tesoro” sepolto. Non di denari, ma del passato glorioso di questo lembo di Lodigiano. Come andò poi, può essere riassunto così. Gli amici fondarono l’associazione “Quadrata Pada”, nel frattempo la notizia era divenuta pubblica e fece mobilitare l’amministrazione comunale e la Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Milano, senonché la zona venne delimitata e furono fatti gli opportuni “saggi” nel terreno. Che portarono alla luce dodici tombe romane e in una di queste lo scheletro di un uomo adulto. Mentre altre quattro risultarono vuote e di dimensioni contenute, quindi appartenute a bambini. Furono altresì recuperati frammenti di anfore, monete di bronzo, orli di olle, argille e pezzi di rottami. Reperti che la Sovrintendenza classificò, così come le tombe, “insediamento tardo – romano e alto medioevale”.

Quindi nel 2002 la Società Archeologica Padana condusse gli scavi che accertarono l’esistenza di un insediamento abitativo databile fra il III e il IV secolo d. C., oltre ai segni di una fornace per la lavorazione dei metalli, cui seguirono un uso sepolcrale dal V al VII secolo e successivamente una terza fase abitativa. A occuparsi in prima persona del caso fu la sovrintendente Piera Saronio, che redasse un’“Indagine archeologica” dettagliata. E nel 2003 – 2004, la dottoressa Vera Zanoni della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università degli Studi di Milano, produsse uno studio intitolato: “L’area archeologica in località Bellaguarda (Lodi): proposte per un progetto di scavo”.

Il blocco dei lavori

Proprio nel 2004, però, quando i lavori sembravano avviati a una conclusione, l’indagine di scavo del sito, definito “complesso” e presso il quale furono trovate anche tracce di una strada, si arrestò di colpo. E passarono altri tre anni prima che ad applicarvisi, su incarico dell’amministrazione comunale di Senna Lodigiana, fu Luca Canova, ricercatore dell’università di Pavia.

La relazione di Canova

È di Canova la “Relazione tecnica illustrativa” per un “Progetto di Prospezioni preliminari e valorizzazione dei siti di importanza archeologica di Bellaguarda e Castellario” con tanto di cronoprogramma e preventivi di spesa per una musealizzazione dell’area che comprendeva anche la zona tra cascina Castellario e cascina Braglia. Qui dove a fine Ottocento, per la precisione nel 1870, nei campi “vivaio” e “vigna” erano stati rinvenuti cadaveri, urne di 70-80 centimetri di diametro, armi, speroni di cavalieri, monete, avanzi di ossami e rottami vari, vetro e metallo, citati dallo storico lodigiano Giovanni Agnelli. Lo stesso che in visita in paese, scriveva di “resti di blocchi forestieri, massi di svariata grandezza, forma e qualità e quasi tutti di provenienza estera specialmente orientale, che si trovano ancora oggi nei cortili e davanti agli usci”. Uno dei quali giace a un angolo della parrocchiale di Senna Lodigiana. E ancora negli anni Ottanta, nel corso di scavi fognari, emersero altri di questi blocchi a due metri e mezzo sottoterra. Da dove la storia risale in superficie.

Il sogno del museo archeologico della Bassa

Nel 2007 lo studio di Canova doveva sostenere la candidatura a un bando che cofinanziasse il progetto di un Museo Archeologico della Bassa. Poi non se ne fece niente. Oggi le memorie dal sottosuolo del mantovano e la notizia dell’imminente riapertura della cava di Senna per estrarre la sabbia per la nuova tangenziale di Casalpusterlengo, strappano anche il sito di Bellaguarda dall’oblio. E con la storia riaffiora il sogno della sua riscoperta.

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