Il Sudmilano nella città metropolitana

Egregio direttore, mi consenta di esprimere qualche breve considerazione sulla non straordinaria “reattività” che il Sudmilano, il territorio melegnanese in particolare, esprime per il secondo anno consecutivo di fronte ai percorsi (questa volta pare destinati ad andare in porto) relativi alla soppressione della provincia di Lodi e alla sua fusione o “matrimonio” con altri pezzi di province lombarde, Crema in pole position. Mentre lodigiani e cremonesi ci provano, almeno, a “cadere in piedi” nel caso in cui il governo - per ragioni presumibilmente di numero di abitanti - dovesse imporre lo status quo al di là dell’Adda e il ritorno a Canossa (cioè con Milano) al di qua, nei comuni sudmilanesi il dibattito francamente sembra appassionare poco. Sarà anche l’estate, ma l’impressione è tale. Si dà per scontato il fatto che, accettato l’imperativo di dimagrire le province del bolso stato italiano, il posto di Melegnano e dintorni sia naturalmente sotto Milano, più precisamente l’area metropolitana milanese.A questo punto bisognerebbe aprire la doverosa parentesi sull’”identità” di un territorio, e la cosa potrebbe suonare complessa e per alcuni aspetti persino retorica. Cominciando ad osservare innanzitutto che l’”identità” di un posto non è un dato scontato per sempre, ma si può modificare nei dovuti tempi storici, si può poi aggiungere la considerazione che l’identità in genere è fatta di due elementi. Uno “alto” (storia, tradizioni, parlata, appartenenze economiche ecc.) e uno “basso”, quotidiano, dettato da fattori tipo dove si va a fare la spesa, dal parrucchiere, a mangiare un gelato in estate, a comprare l’auto o la casa, oppure ad iscrivere i figli alla scuola calcio.Se nel Sudmilano e nel melegnanese la prima identità indubbiamente sembra guardare al Duomo e a piazza della Scala (sempre dalla dovuta distanza dei pendolari, però), nel secondo caso le cose sono più complesse perchè il tempo di vita – mi riferisco soprattutto a Melegnano- in larga parte insiste sul territorio stesso, con non irrazionali sconfinamenti appena al di là dei cartelli con su scritto “Lodi”.Melegnano è uno di quei posti dove chi vuole essere parte attiva e protagonista della vita ambrosiana (di Milano città, il mondo Citylife) è meglio che faccia una cosa: verso i 25 anni si trasferisca in corso Sempione o in viale Jenner con una buona valigia di fortuna, il ricordo naif di essere cresciuto in un “paese” e là tenti il suo destino.Se si resta si constaterà una situazione non troppo dissimile da quella dei borghi lodigiani, per cui Milano è soprattutto un segno di lavoro, di studi universitari e di sabati sera passati parcheggiando in tripla fila ai Navigli con l’incubo della rimozione forzata (finchè si resiste, poi andrà bene anche il gelato in strada sotto il castello mediceo). Quanti melegnanesi, negli ultimi vent’anni, con il loro mutuo da centomila euro sono finiti a Mairano, a Mulazzano o alla Madonnina di Casalmaiocco, facendo avanti e indrè da quei cartelli di confine senza sentirsi degli alieni ogni volta che ci sono passati davanti.Non dimentichiamo infine la parsimonia con cui i poteri che contano milanesi concedono soddisfazioni al territorio del Lambro. Arriverà la tangenziale esterna, certo. Perchè, non arriva anche nei comuni lodigiani di confine? Arriva l’Expo: tutto quello che si è visto nel Sudmilano, qualche anno fa, fu qualche fumoso progetto di laboratori creativi alla rocca Brivio di San Giuliano conditi da vaghe idee di circuiti turistici, poi stop.Arrivano i 500 anni della Battaglia dei Giganti. Milano che fa?Certo, poi non vanno nascosti ostacoli seri come l’Azienda sanitaria 2 Milano, quella ospedaliera di Vizzolo (finirebbero sotto Lodi); e per chi in queste cose un po’ crede, anche la tradizionale zona pastorale melegnanese, da sempre con la cattedra di Sant’Ambrogio.Però forse una riflessione, magari una tavola rotonda, si potrebbe tentarla.

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