IL REPORTAGE/1 - La “grande sete” del fiume Po, mai così basso da trent’anni

Da Somaglia a Guardamiglio e San Rocco, uno scenario lunare: gli effetti del “clima impazzito” impattano sul Grande Fiume, in secca a marzo come se fossimo già in agosto

Gli aironi stanno ritti sulle zampe, che c’è talmente poca acqua che “toccano”. Percorrendo l’argine del Po da Valloria a San Rocco al Porto quello che si vede non è più il Grande Fiume ma una Grande Laguna in mezzo a una distesa di sabbia e terra. Si cammina sul letto dove in questa stagione, nel mondo di prima, scorreva placido il fiume. E adesso si raccolgono le ostriche madreperla e riemergono pezzi di storia. “Gianino” Granata, che ha superato gli “ottanta”, ha detto a Luigi Cappa della protezione civile che i blocchi di cemento armato piantati nel greto «li hanno lasciati lì i tedeschi con la ritirata». Dopo i bombardamenti del ponte stradale e di quello ferroviario di Piacenza, stavano costruendo un passaggio per il Piacentino. Ma sono arrivati gli Americani e hanno dovuto lasciar perdere. «Non vengono fuori sempre (i blocchi di cemento) - gli ha anche detto -. Dipende dai movimenti della sabbia».

Non piove da mesi, in montagna molti impianti hanno chiuso per la penuria di neve, e il Po nella Bassa Lodigiana è peggio che d’estate. E in alcuni punti lo attraversi davvero a piedi. Al Gargatano di Somaglia il paesaggio è meno lunare, ma lo spiaggione dirimpetto all’Imbarcadero è completamente riemerso, roba che una volta succedeva a Ferragosto. «Un livello così basso in inverno è una cosa mai vista, nemmeno gli anziani o chi è vissuto sulle sponde del fiume, che ha 80-90 anni, ha mai visto una roba del genere - riflette Stefano Doria, titolare del centro nautico, del bar e ristorante -. Vedremo quest’estate ma potrebbe essere anche peggio, perché se non ci sono precipitazioni potrebbe esserci una secca mai vista, e tenendo conto che l’agricoltura pescherà dal fiume per irrigare, bagnare le risaie, i campi, per noi la navigabilità potrebbe essere difficoltosa». Il rischio è che se qui non si naviga, la gente poi va da un’altra parte. «Al lago o che ne so» sospira Doria. E dopo un istante di silenzio: «Ma poi si ripercuote anche sulla fauna, i pesci non trovano l’habitat per riprodursi». Quest’inverno è arrivato un ragazzo da Brema. Tre notti e quattro giorni, per la pesca al siluro. E con altri gruppi di Germania, Austria, Olanda, Doria è in contatto su Facebook. «Vengono a cercare la cattura grossa - osserva -. Nei nostri fiumi la temperatura è più calda e i siluri si sviluppano in gigantismo. Tutti vogliono il pesce più grosso».

Come andrà la stagione lo deciderà la primavera. E con l’impazzimento del clima è una roulette russa. «Da ottobre ha piovuto “due” volte e “una” volta ha fatto finta di nevicare, se poi la pioggia che non è venuta in questi sei mesi arriva tutta in un mese, saremo qua a fare un discorso diverso. Stiamo diventando un paese monsonico, negli ultimi anni in una settimana viene giù l’acqua di tre mesi, è quella la mia paura» confida Stefano. E la sua è la stessa di tutti. «Come agricoltore sono molto preoccupato, abbiamo frumenti, triticale e orzo che sono in sofferenza, perché siamo nel periodo delle levate, dell’accrescimento, e stentano - ammette Ettore Grecchi, presidente del Consorzio Muzza -. Complice anche il freddo che non molla, le semine non si possono anticipare, e detto questo l’attenzione è sulla carenza idrica per il prossimo futuro». La scorta nevosa è il 50 per cento della media storica. E il lago di Como a – 30 laddove il limite minimo cui si può arrivare è - 40. «È uno di quegli anni in cui non è bello fare il presidente perché non si ha la certezza di soddisfare tutti i colleghi e gli utenti - conclude il presidente -. E ci sono anche industrie, centrali elettriche e termoelettriche da alimentare».

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