Il problema è ordine o disordine

«Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi», sono parole di Friedrich Nietzsche, filosofo tedesco tra i più critici della filosofia classica, quella ateniese tanto per intenderci e che oggi può trovare spazio nel bel mezzo della discussione tra i giovani studenti sulla controversa questione se sia meglio vivere nell’ordine o nel disordine. Ma vediamo più da vicino di che si tratta. Su «ScuolaZoo», un sito degli studenti, è apparso recentemente un articolo interessante su un tema tanto caro non solo ai giovani ma anche agli adulti: la rivincita del disordine sull’ordine. Ne so qualcosa io che trascorro ore, seduto davanti a una scrivania stracolma di «sudate carte ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte» (Leopardi «A Silvia») e sento di vivere una specie di ordine nel totale disordine cartaceo che accompagna e alimenta il mio pensiero che si fa opera. In poche parole il primato dell’ordine sul disordine viene messo in discussione. Pare che essere disordinati non è poi un danno, anzi sembrerebbe che sia un pregio. La tesi portata avanti è di quelle che hanno un peso visto che a sostenerla è un neuro scienziato del calibro di Robert Thatcher autore tra l’altro di specifici esperimenti in tal senso che sono stati tradotti in concetti da un famoso scrittore statunitense Steve Johnson. Dunque essere disordinati non è più sinonimo di confusione, ma al contrario sottintende un pizzico in più di estrosità, creatività, di intelligenza. E la creatività, l’estrosità spronano l’individuo alla ricerca delle relazioni e al confronto con gli altri con il conseguente arricchimento di se stessi. Tutti noi veniamo educati a vivere l’ordine come una conquista personale e sociale grazie al quale produciamo idee da mettere in circolo per essere scambiate con altri. Al contrario essere disordinati sottintende un soggetto portato a vivere per se stesso senza che nessuno possa essere disposto a un aiuto concreto. Insomma l’ordine rappresenta di per sé un valore aggiunto, non altrettanto può dirsi del disordine visto come comportamento fuori dal comune. Ma sarà proprio così? Boh? Prendiamo, ad esempio, la pulizia. Quante donne associano l’ordine alla pulizia della casa e il disordine alla presenza di ambienti sporchi? O se vogliamo essere in sintonia con la cultura ecologica del rispetto dell’ambiente, ritenuta oggi così importante tanto da darle un alto valore educativo, ebbene quanti di noi, a proposito di spazzatura, si impegnano nella raccolta differenziata sinonimo di ordine ambientale ed ecologico? La tradizione culturale, infatti, vuole che chi si impegna per la raccolta differenziata sia più ordinato di chi sceglie l’indifferenziata. E in effetti quando dividiamo la carta dal vetro, separiamo le pile scariche dai medicinali scaduti, l’alluminio dalla plastica o l’umido dal secco, non facciamo altro che mettere ordine a ciò che destiniamo alla spazzatura. Questo vuol forse dire che i nostri nonni oltre che più sozzoni in tema di igiene, erano più disordinati di noi dal momento che non si impegnavano nella raccolta differenziata? Non credo.

Diciamo che i nostri nonni non producevano tanta spazzatura che produciamo noi oggi e che quindi quel poco che accumulavano, la buttavano dove si trovavano per la gioia di cani, gatti e maiali che crescevano per strada allo stato brado. Anche tra i filosofi abbiamo esempi di ordinati e di disordinati. Pare che il più disordinato fosse Eraclito del resto è il padre del «Panta rei», del «Tutto scorre» e dove tutto scorre c’è sempre una sorta di disordine. Al contrario Platone era considerato il più ordinato, quello portato al dialogo più di qualunque altro filosofo della filosofia classica, e dove c’è dialogo c’è confronto di idee, di scambio di interessi culturali. Diciamo anche che oggi con Robert Thatcher e Steve Johnson questo comune senso del sapere viene rivisto al ribasso tanto da scoprire il valore del disordine vissuto come spunto operativo per arricchire la propria e l’altrui mente. Guardiamo, ad esempio, il fenomeno del multitasking tanto criticato da noi, ma al contrario tanto vissuto quotidianamente dai ragazzi. A molti genitori sicuramente pare strano vedere il proprio figlio impegnato contemporaneamente su più variabili della comunicazione. E’ facile, infatti, rimanere trasecolati quando vediamo un ragazzo che studia, ascoltando musica, eppure questi ragazzi riescono a mettere insieme concentrazione e ascolto. Ancora. Quando vediamo un ragazzo smanettare sullo smartphone o sul tablet mentre contemporaneamente guarda la televisione o chatta sul pc. Sono situazioni incomprensibili che presuppongono confusione, ma questo stile di comunicazione così disordinato, può essere rivelatore di creatività. Non a caso tanti giovani si impongono sul mercato tecnologico con le «App» ovvero con nuove applicazioni informatiche che talvolta riescono a far vivere meglio la voglia di tecnologia da parte di giovani e adulti. Dunque in questo caso il disordine manifesta creatività sino a rendere concreta un’idea che da incomprensibile può diventare utile, tanto da trasformare un giovane in un imprenditore. Finalmente il disordine è stato sdoganato anche se l’ordine è sempre il più preferito. Non a caso le regole approvate e riconducibili al buon vivere di una comunità, come può essere anche la comunità scolastica, sono a garanzia del buon vivere. E’ pur vero che le regole vengono fatte per essere trasgredite, cose che i ragazzi nelle scuole sono abituati a fare. Dunque ordine e disordine non possono andare d’accordo. Possiamo solo dire che se l’ordine è l’aspirazione massima di chi vede in esso l’occasione per vivere con regolarità relazioni e situazioni, per tanti altri, invece, è il disordine ad essere vissuto come un’occasione unica e irripetibile per creare situazione e relazioni che arricchiscono l’animo e la mente. Ora che il disordine è stato rivalutato come modo di vivere la vita in modo intelligente e creativo, ci sarà chi si ricrederà? Per quanto mi riguarda l’importante è avere la possibilità di trovare nell’ordine l’occasione per vivere con un certo disordine. Non così per mia moglie. Lei mette continuamente ordine sulla mia scrivania perché dice che non sopporta il disordine che, invece, rappresenta per me l’ordine definito delle cose. Valle a capire le donne!

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