Le scrivo questa breve lettera, signor direttore, poiché, dopo aver letto l’articolo relativo all’ampliamento dell’A1, apparso su il Cittadino di sabato 18 giugno, ho provato un senso di inquietudine nel sentir definire il nostro come un territorio strategico, porta di ingresso a Milano. Un inquietudine che mi deriva dal pensare a quei territori che anni addietro sono stati definiti porte di accesso o territori strategici. Un inquietudine che mi deriva dal pensare, per fare un esempio, alla porta rappresentata dai territori tra Varese e Milano, il così detto asse del Sempione. Come sono oggi quei luoghi, dove la quasi totalità delle campagne e degli spazi aperti tra i vecchi nuclei urbani è stata saturata dal cemento? Troppo spesso si è sentito parlare di territori strategici, come la Brianza, o l’asse dell’autostrada A4 fino a Brescia. Ma di questi territori strategici cosa rimane oggi? Un’informe poltiglia edificata, cresciuta irrazionalmente sulle poche ed inadeguate infrastrutture esistenti. Un territorio dove anche i residui spazi scampati al cemento hanno perso quasi tutto il loro valore ecologico per via dell’incredibile livello di frammentazione che li caratterizza. Invito, chi volesse, a dare un’occhiata dall’alto a questi territori. Oggi i mezzi informatici lo consentono. GoogleEarth, ad esempio, è un ottimo strumento, utile anche per questi scopi.Questa non vuole essere una critica all’innovazione e a tutto ciò che il progresso comporta. Semmai è una critica al modo, proprio di questo Paese ed altamente speculativo e miope, con cui si dice di far progresso in Italia. Un Paese dove gli spazi agricoli vengono ancora considerati di serie B rispetto agli spazi urbani. Un Paese dove sembra che si stia privilegiano nuovamente il trasporto su gomma a discapito del ferro. A differenza di quanto succede nel resto d’Europa, dove ovunque vengono potenziate le modalità di trasporto alternative, ed è alla gomma che si tolgono i finanziamenti. In Italia, al contrario, si trovano i finanziamenti per la nuova autostrada Brebemi e non per potenziare adeguatamente il sistema ferroviario metropolitano di Milano, sistema nel quale il lodigiano è pienamente incluso. Un sistema che, pur essendo il più sviluppato d’Italia, è ancora così distante dai sistemi funzionanti in una qualsiasi metropoli europea. Il mio è un invito rivolto a tutti i Cittadini lodigiani a riflettere su queste tematiche, al fine di evitare che la nuova infrastrutturazione prevista per migliorare la mobilità del nostro territorio (in parte già cantierizzata, come la tangenziale di Livraga o la variante alla SP 234 a Codogno), non produca poi l’effetto collaterale negativo di consentire all’ombra della speculazione edilizia di allungarvisi sopra. Che sia davvero strategico questo territorio. Strategico per la sua agricoltura e non per gli anonimi capannoni della logistica. Che sia davvero una porta, ma non diretta verso Milano, semmai che sia una porta attraverso la quale da Milano si possa vedere e raggiungere l’arlecchino di colori della nostri paesaggi. A parere di chi scrive dovrebbe essere questo lo spirito proprio di noi Cittadini e di chi ci guida, al fine di gestire e tutelare al meglio il nostro territorio.
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