Il bambino non è un adulto

«Lasciate che i bambini siano bambini» ha tuonato il premier britannico David Cameron preoccupato per l’eccessiva iper-sessualizzazione dei bambini. Se guardiamo i fatti direi che è stato sin troppo morbido di fronte a un fenomeno sociale che va oltre il semplice problema. Un problema che ovviamente non è solo britannico è sufficiente, per questo, guardare in casa propria. Già da alcuni anni, infatti, si parla con sempre più insistenza di bambini colonizzati, esposti a rischio crescita, sfruttati, espressione di un mercato che li accomuna con sempre più insistenza al pericoloso mondo degli adulti. Così diventa difficile parlare di cultura dell’infanzia, di fanciullezza o di adolescenza. Cosa spinge i media a sottolineare questo problema? Facciamo un piccolo passo indietro.Lo scorso mese di dicembre la rivista francese «Vogue France», una sorta di testo sacro del mondo della moda, pubblica un servizio fotografico dal nome equivocabile di «Cadeaux», ovvero «regali». A presentare il servizio un gruppo di «baby top» dai tratti duri e adulti. I lettori, infatti, si sono trovati di fronte a delle bambine dai sei ai dieci anni, tra cui l’affermata e già milionaria Thylane Blondeau di appena dieci anni (posa per le case di moda da quando aveva quattro anni), vestite di tutto punto in abiti di alta moda, truccatissime, ingioiellate fino ai denti, rossetto e tacchi a spillo, pettinate da adulte e giusto per non smentirsi, presentate in pose tanto ammiccanti quanto sensuali. Sguardi da donne consumate, trasgressive, wampizzate. A tutelarle solo gli occhi dell’innocenza. Ciò nonostante una naturale freschezza traspare dalla dolcezza dei visi alterati da chi vede in tutto questo un’occasione di notorietà da non lasciarsi scappare. L’iniziativa, come c’era da aspettarsi, è stata fortemente criticata da tutte le istituzioni, dall’opinione pubblica e dalla carta stampata compatte nell’aver preso una netta posizione contro il mensile francese, non fosse altro che per aver sbattuto in copertina minorenni per proporre abiti, trucchi e gioielli. Allarmate, le istituzioni e l’opinione pubblica francesi vengono sollecite a condannare la scelta fatta dal periodico, concordi nell’accusare l’editore di proporre e divulgare modelli negativi di adultizzazione eccessiva? Si può aprire un ampio dibattito per un tema così delicato e così scottante e tanto basta per sottolineare il cattivo gusto, la volgarizzazione, la scarsa sensibilità messi in campo dal mensile in questione per quelle particolari scelte fatte passare per un normale servizio fotografico tanto attuale quanto eticamente discutibile, espressione e specchio dei nostri tempi. Ma di quali tempi stiamo parlando? Forse che il riferimento va ai ragazzini violenti, alle baby gang, ai mini rapitori che la cronaca quotidiana impietosamente ci consegna? Tante cose non vorremmo vedere o sentire, eppure basta ampliare un po’ l’orizzonte per ritrovarsi a fare i conti con certi adulti che al contrario giocano come tanti bravi bambini. Un concetto reso bene da una nota pubblicità televisiva che presenta una mamma alla guida della propria auto, arrabbiata, non propensa ad accettare il tatuaggio della figlia visibilmente tesa e pronta a sorbirsi il classico rimprovero. E invece. Ecco la mamma che tanto sorridente quanto consenziente, mostra alla figlia un suo tatuaggio ancora più grande stampato sul fondo schiena. Potenza delle farfalle! Libertà di pensiero sulla cultura tatuale, ma non così su determinati valori educativi. Dove sono i genitori? Chi ha firmato il contratto che porta le baby modelle sulle pagine di «Vogue France»? Chi ha privato le baby modelle della loro naturalezza? Chi della loro infanzia? Chi ha trasformato le bambine in bene voluttuario? In business? Qui non siamo di fronte a bambine che giocano a fare la mamma, che pure storicamente ha un suo legittimo spazio ludico. Da bambini bene o male tutti abbiamo giocato a fare gli adulti. Qui siamo di fronte all’irrazionalità umana capace di trasformare un bambino in adulto e un adulto in bambino. Ci deve pur essere qualcuno responsabile della confusione creata e alimentata da una certa maliziosità. Se a preoccupare le istituzioni può essere la sindrome Lolita, a preoccupare gli adulti dovrebbe essere la sindrome Peter Pan. E così abbiamo bambini che vogliono diventare adulti in fretta e adulti che hanno voglia di fermarsi in giovane età per paura di crescere. Quali le conseguenze? Forse piccole donne crescono? Macché! Piccole seduttrici crescono, un atteggiamento vieppiù considerato, da certi adulti, indispensabile per entrare nel giro che conta. Quello desiderato dai genitori che si scoprono validi manager abili nel gestire finanza e infanzia. Bambine esposte a un mix preoccupante fatto di femminilità e sensualità preferite all’innocenza e alla freschezza proprie di un’età la cui ingenuità e spensieratezza vengono così cancellate. Cosa ci sia in tutto questo di tanto interesse al punto da desiderare la copertina di qualche giornale o un calendario da lanciare on-line o un book fotografico alla pari di un «curriculum infantiae»? Francamente non lo so. Eppure è ciò di cui vanno matti tanti adulti. Genitori pronti a lanciare bambine nei concorsi di bellezza, disposti a togliere anni all’infanzia, disposti a rappresentare il bambino – per dirla come Jocelyne Robert (autore di libri per bambini) - «come una sorta di adulto sessuale in miniatura». Che tristezza. «Dal profondo del mio cuore, è così piccola, voglio proteggerla e per questo chiuderò questo account» è l’appello lanciato dalla mamma della «baby top» più che mai preoccupata per le numerose critiche che le stanno piovendo addosso su Facebook. Che sia una presa di coscienza? Una strategia o vera preoccupazione? Difficile capirlo. Ciò che invece non è difficile capire è l’atteggiamento che tante ragazzine e ragazzini assumono nella massima libertà. Ecco allora certi comportamenti che non fanno più storia. Bisogna chiamare in causa gli adulti responsabili di tutto ciò che di brutto viene giornalmente registrato nel nostro vivere quotidiano: stupri, rapine e omicidi, droga, sesso e latrocini, sprechi, abusi e uxoricidi, misfatti, disagi e devianze. Ma da tutto questo bailame non è meglio lasciar fuori i bambini?

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