I tedeschi al lavoro fino a 69 anni?

Non è semplice far quadrare il cerchio, ma Angela Merkel ci vorrebbe provare. Riflettendo sul futuro demografico, economico e previdenziale della sua Germania, nei giorni scorsi ha ipotizzato – anche sulla base di uno studio commissionato a eminenti esperti – di far lavorare i concittadini fino a 69 anni. Ha poi fatto balenare la necessità di avere forze fresche da inserire nelle fabbriche e negli uffici tedeschi aprendo le porte a 350mila immigrati l’anno, purché dotati di un buon livello di formazione scolastica e professionale. Frau Angela ha poi auspicato una maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro. Tutto ciò senza trascurare la necessità di aumentare la natalità del paese, giunta a una soglia minima preoccupante, accanto a una accresciuta occupazione giovanile. La quadratura del cerchio, appunto.In realtà la cancelliera di Berlino si pone questioni che attraversano tutta l’Europa. Quale angolo del vecchio continente non fa i conti con l’invecchiamento della popolazione? Oppure con la fragilità delle casse pensioni? O con una disoccupazione giovanile cronicizzata? Le proposte attorno a questi interrogativi non mancano. Da tempo si parla dell’opportunità di un sostegno “alla natalità” (meglio sarebbe dire “alla famiglia”), mediante aiuti finanziari, sconti fiscali, elasticità degli orari di lavoro… Ugualmente si insiste sulla possibilità di “importare” dall’estero manodopera giovane e preparata, purché il flusso degli arrivi sia regolato e regolare (ovvero non irregolare). Quindi si invitano i lavoratori con i capelli grigi a proseguire volontariamente l’attività professionale, oppure si sceglie la strada che impone per legge uno slittamento progressivo dell’età pensionabile. Le proposte – quelle realmente praticabili – per dar lavoro ai giovani invece si fanno attendere. Su alcuni di questi aspetti gli Stati aderenti hanno invitato l’Ue a cercare strade comuni. Per tale ragione a Bruxelles si valutano progetti per riformare le pensioni, per affermare la “flessisicurezza” (flessibilità più sicurezza) nel mercato del lavoro, per conciliare il tempo-lavoro con le esigenze familiari. Come sempre accade in sede Ue, occorre a questo punto trovare effettive convergenze programmatiche e la reale volontà politica di dar loro gambe per marciare.

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