I personaggi della passione: il ragazzo nudo

Ultimo che si sfila, in una banda di codardi. Il vangelo di Marco riporta il cameo di un ragazzo, che tenta di seguire Gesù, dopo che tutti se l’erano svignata. La sua identità è uno degli enigmi più fitti dei racconti di passione. Di chi si tratta? La teoria più avvincente vuole che quel ragazzo sia la firma autografa che lo scrittore del vangelo appone sul margine della tela. Un po’ come avviene in certi dipinti di vaste proporzioni, dove il ritrattista si diverte ad imprimere la sua fisionomia in qualche personaggio che si nasconde: starà all’occhio del visitatore risolvere l’enigma, per scoprire dove si cela il particolare. Così l’evangelista Marco racconta il suo incrocio con la vita di Gesù partendo da questo aneddoto secondario, da questo personaggino in cerca d’autore, incapace di niente, solo di fuggire lasciando un lenzuolo nelle mani degli sbirri, mentre intorno infuria la bufera.Ma si tratta di supposizioni che un po’ si smarcano dal testo, e per le quali è difficile recuperare conferme storiche. Arrestiamoci dunque ai fatti, e alle indagini che si possono costruire su di essi: ogni tanto i vangeli hanno una trama che sconfina nel “giallo”. C’era dunque in quella notte una ragazzo che dormiva nel giardino, avvolto in un lenzuolo di lino. Qui emergono subito due particolari che strizzano l’occhio agli investigatori. Anzitutto il vocabolo che viene usato per nominare il ragazzo – “neaniskos” – sarà lo stesso che si impiegherà nei racconti di risurrezione, per parlare di quell’angelo seduto accanto alla tomba di Gesù, mentre attende l’arrivo delle prime donne al sepolcro. E poi quel lenzuolo di lino, che porta il nome di “sindone”, e che tutti sappiamo essere l’involucro dove verrà avvolto il corpo di Gesù, dopo la sepoltura.Ci vogliono tre indizi per fare una prova, ma con due siamo già sulla buona strada. Così qualche esegeta avanza questa ipotesi: che all’inizio dei racconti di passione, anzi proprio nella prima riga dove ancora si descrive l’arresto di Gesù, viene inserita questa scenetta comica, un po’ fuori luogo con la drammaticità dell’evento, che aveva il compito di mettere tutti quanti sull’avviso. Gesù viene abbrancato, la soldataglia messa di presidio a Gerusalemme lo tiene in scacco, ma nessuno si faccia cogliere dallo sgomento e dalla depressione: succederà come è capitato a quel ragazzo, perché anche Gesù si smarcherà dalla presa dei suoi avversari e fuggirà via nudo verso la gloria della risurrezione. La storia di quel ragazzo è una piccola vicenda, microscopica nell’economia del racconto, forse perfino inutile: un particolare su cui si poteva glissare. Ma i romanzieri giocano sempre con i loro libri, se poi si tratta di storie di polizia peggio ancora, per cui viene buttato lì un particolare, un piccolo dettaglio, nessuno ci fa cadere sopra l’occhio, ma era la risoluzione di tutto. Pare che Gesù stia per perdere, pare che non ci sia più speranza per lui: non reagisce, smorza sul nascere il piccolo gruppo di amici che era pronto a tentare il colpo di stato, si consegna nelle mani dei nemici, sicuramente farà una brutta fine, è stato tradito dal meno sospettabile dei suoi amici. Così immaginiamo tutti spontaneamente: però c’è un particolare che non quadra, un dettaglio che non si capisce bene perché sia ruzzolato fino a lì. Pochi se ne accorgono, ma è lì per insinuare il dubbio più bello che ci sia: vale a dire che la storia di Gesù, e la nostra storia uguale alla sua, non è edificata sul bordo di una frana, per cui alla fine tutto precipita verso il basso. Non sarà così per Gesù, anche se per il momento nessuno ha il coraggio di sospettarlo. E non sarà così nemmeno per noi, anche se i dettagli rassicuranti sono così episodici e scarsi nel cammino della nostra vita.Ma c’è un’altra teoria che merita di essere citata. Vale a dire che quella storia del ragazzo che fugge dal giardino del Getsemani sia uno specchio messo lì dall’autore per permettere a chi legge il vangelo di trovare il proprio volto riflesso. Non era un garzone da niente, quell’intruso nelle vicende della passione. Era un ragazzo che seguiva Gesù nel più tenero dei modi. Il verbo greco è rafforzato da una desinenza che ci può tradurre con la preposizione “con”. Nei vangeli tutti seguono Gesù camminando dietro di lui. Qualche volta capita che qualcuno frema, e si faccia prendere dalla fregola di fuggire in avanti, e Gesù a rimbrottarlo, per insegnare la posizione del discepolo: stai dietro di me! Ma qui c’è qualcuno che osa, e che per Gesù, nel giorno del suo dramma, prova un sentimento di infinita pietà. Sembra la scena di un battesimo: di qualcuno che entra nel fonte, abbandonando il suo vestito di lino, per uscirne dall’altra parte, con la pelle che gocciola di nuova dignità. Forse è la rappresentazione della vita cristiana, dell’esistenza di tutti noi. San Francesco ne fece l’ideale: seguire spoglio questo Dio che non garantisce nulla, salvo il camminare in una vicenda d’amore. Lasciò materialmente le sue vesti all’avidità di suo padre per andare verso un futuro che non sapeva dove portasse. Che bello se la nostra vita non fosse altro che questo. Se camminassimo sempre accompagnati da un amore, e da un Dio che ci prende per mano.

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