I nonni, l’umanesimo e il Papa

Quando Papa Francesco parla della società presente e di quella futura, nella quale anche la Chiesa fa la sua buona parte, si rivolge con uguale passione ai giovani e agli anziani, contemporaneamente. Questo ripetuto abbinamento non lo ricordo nei pontefici precedenti. Mi desta vivo interesse forse perché nel frattempo anch’io sono entrato nella seconda categoria. Anche il riferimento al ruolo e all’importanza che il Papa assegna ai nonni è costante, e non solo in virtù della supplenza economica che essi assumono oggi in una società incapace di assicurare sostentamento a molte famiglie e nella quale sono diventati necessariamente una supplenza educativa e materiale per i figli e per i nipoti. Quante famiglie si affidano e si salvano grazie all’aiuto dei nonni, e alla loro pensione!Abbiamo imparato da Papa Francesco a renderci conto della cultura dello scarto: quel sistema di organizzare, di agire e di immaginarsi una società costituita prevalentemente, anche nei ruoli di gestione e di programmazione, da persone in piena efficienza: dai giovani,i quali pensano che tutto quanto è stato ideato, vissuto e costruito dalle generazioni anziane sia da buttare, senza nemmeno sottoporre ad intelligente discernimento quanto di buono è stato costruito nel corso delle generazioni. Così gli anziani devono mettersi da parte. Quasi che non solo i secoli, ma gli stessi decenni passati non contenessero che errori! Basterebbe un esame onesto e nemmeno troppo sofisticato per fare un bilancio di quei valori acquisiti, che rimangono ancora a salvaguardia di una buona qualità della vita! Errori ce ne sono stati, soprattutto a livello di persone, ed errori ci sono e ci saranno anche oggi, con le nuove generazioni. Qualcuno ha definito le nostra cultura, in parte già influenzata dai giovani, come “liquida”: in pratica una cultura senza punti stabili, che si disperde in mille rivoli e che non ha consistenza. I giovani rivendicano sì diritti legittimi, quali poter esprimere il proprio progetto di vita e l’aspettativa ad essere presi in considerazione. Tuttavia anche i desideri devono confrontarsi con il bene comune, che è bene di tutti e di ciascuno, simultaneamente Qualche decennio fa si proiettò un film emblematico: “Io, io, io… e gli altri”, e già allora mi venne da pensare che stavamo indirizzandoci verso una cultura del diritto assoluto ed incondizionato del singolo, prescindendo da chi ti sta a fianco, escludendo quindi quei paletti minimali che garantiscono libertà per ciascuno e che sono necessari ad una società costituita da persone diverse, ciascuna delle quali porta con sé peculiarità differenti e complementari. Si corre sempre il pericolo di scavalcare i diritti fondamentali che reggono la convivenza civile e che sono il frutto di secoli di esperienze, verificate sul terreno.I giovani sono, senza dubbio, portatori di speranza, di novità e di coraggio e per questo occorre dare loro lo spazio adeguato; tuttavia non è scontato ritenere che tutto quello che è giovane e nuovo sia vero, bello, giusto, e in funzione di una vita sociale migliore. Prima di rottamare verifichiamo; la presunzione che il passato sia per forza obsoleto non è intelligente. Anche le scelte del passato avevano un pensiero che le muoveva: giudichiamolo semmai! Così pure gli anziani non si facciano difensori strenui dei loro generazioni, perché anche nel passato si sono commessi molti errori che hanno contribuito a indebolire, relativizzandola, la cultura.Il Papa riconosce agli anziani il valore dell’esperienza, provata e vissuta sulla pelle; esperienza che può prevenire errori e, proprio per questo, promuovere scelte migliori. Mi è capitato di assistere ad un talk show in tv che dibatteva il problema del “figlio a tutti i costi, e in tutte le maniere”: Nel gruppo dei giovani, tutti tranne uno, (che tra non mi è parso per nulla un bigotto mosso da motivazioni religiose) difendevano il diritto assoluto del “diritto di avere quello che voglio” senza nessuna regolamentazione pubblica. Non esiste nemmeno un’etica naturale comunemente condivisa! Ovviamente il bambino non veniva considerato persona autonoma, “altra” dai genitori o da coloro che li commissionavano: il desiderio e l’amore di due persone basta a garantire il diritto. Mi sono chiesto quali agenzie educative hanno contribuito a questa pseudo-cultura: la famiglia, la scuola, le associazioni? “Il consumismo ha fiaccato tutto”: anche la cultura? Giovanni Paolo II affermò che :“Per cultura si intende tutto ciò che rende l’uomo più uomo”. Si ritorni allora dalla concezione dell’uomo, all’antropologia, nella quale ciascuno ha una dignità personale e irripetibile, e un diritto ad essere rispettato, già nella fase del concepimento. Che soltanto un giovane reclamasse con coraggio che non esiste da nessuna parte il diritto ad avere il figlio, e ad averlo con qualunque stratagemma, mi ha fatto paura.Per tornare agli anziani, forse non è necessario che si facciano proprio loro i promotori, con i loro figli e nipoti, di un nuovo umanesimo? Oppure in questi decenni di relativismo anch’essi hanno evitato di educare, preferendo farsi erogatori bi beni e di servizi? Qualche coccola in meno e qualche valore in più forse farebbe bene anche a tutta la società.

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