I giovani tornano a desiderare

E’ pieno di suggestioni provocanti il 45° Rapporto Censis sulla situazione sociale e sembra disegnare un quadro del nostro Paese in bilico tra una crisi paralizzante e le risorse che pure continuano ad esserci. Il Censis parla di un’Italia più fragile rispetto al passato, isolata, cioè fuori dai grandi processi internazionali e anche eterodiretta, talora in balia di un’agenda dettata da altri. Lascia balenare, così, il rischio non tanto di un default economico – quello, per intendersi, che occupa lo scenario della cronaca – ma più ancora di un default sociale, di fiducia. In sostanza siamo ad un punto critico che chiede un sussulto, un passo significativo in avanti, una scossa, recuperando consapevolezza delle basi solide che pure continuano ad esserci nel Paese e che il Censis elenca nel valore dell’economia reale, base del sistema delle piccole e medie aziende, nelle eccellenze dei territori, nella capacità di aggregazione. Quella capacità che alimenta anche il fenomeno della solidarietà orizzontale e verticale, pur presente nel nostro tessuto sociale. Anche se, ad esempio, la famiglia, vero asse portante della società italiana e tradizionale rete di salvezza, comincia a mostrare “segni di debolezza”. In un quadro molto sfaccettato e che meriterebbe attenzioni selettive, una specifica è dedicata ai giovani che il Censis pone al centro della crisi. Per giovani considera gli under 35, per i quali in 4 anni, ad esempio, si è verificato un crollo dell’occupazione. Nel 2010 quasi 1 su 4 tra i 15 e i 29 anni non studia né lavora. Più inquietante è il dato sugli scoraggiati, molto alto rispetto alla media dell’Unione europea: l’11,2% tra i 15 e 24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra i 25 e 29, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre in Europa la percentuale media è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%.Sempre a proposito dei giovani il Rapporto evidenzia dati “faticosi” sul piano dei processi formativi e della scuola: il tasso di diploma delle superiori non va oltre il 75% dei 19enni. All’Università va circa il 65% dei diplomati, ma tra il primo e il secondo anno di corso quasi il 20% abbandona gli studi. Sul versante formazione e lavoro, il Censis rileva che spesso i giovani iniziano i percorsi professionali al di sotto delle loro competenze: il 49,2% dei laureati e il 46,5% dei diplomati al primo impiego risultano sottoinquadrati. Al di là delle questioni specifiche, appare chiaro che la crisi ampia della nostra società, caratterizzabile per molti aspetti come un crisi di fiducia, diventa un vero spauracchio per le giovani generazioni, per coloro, cioè, che per primi avvertono la necessità di aprirsi al futuro, che dovrebbero avere nel dna la dimensione progettuale, le forze e l’entusiasmo per costruire il nuovo. Questo è un vero nodo da sciogliere. E lo stesso Rapporto del Censis lo individua quando delinea “il bisogno e la prospettiva vitale del ‘tornare a desiderare’ come enzima da immettere nel corpo sociale, nella cultura collettiva, nei comportamenti individuali”. Tornare a desiderare, fare progetti, individuare mete individuali e collettive. Va in questa direzione la responsabilità di oggi. L’emergenza economica e politica non può sottovalutare ciò che veramente è in gioco: la capacità e la possibilità di un popolo di sollevare la testa e guardare avanti. È illusorio pensare che i poteri finanziari disegnino sviluppo, dice il Censis. Per questo servono consapevolezza chiara del momento, esempi virtuosi e un governo politico della realtà, capace di mobilitare le energie collettive.

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