I docenti vanno meglio selezionati

«A scuola siamo in tanti e, si sa, non possono mancare le mele marce se non altro per statistica. Chiediamo, quindi, l’appoggio degli uffici scolastici: chi dimostra di non poter far parte del sistema scuola deve poter essere espulso». Un passaggio piuttosto schietto proferito senza tanti giri di parole da colleghi evidentemente stanchi di continuare ad affrontare situazioni pesanti senza avere la possibilità di trovare adeguate soluzioni. Il riferimento non va agli alunni, ma a quei docenti che hanno poco da dire o da offrire in termini di professionalità. E’ con questo appello che i presidi trevigiani, riuniti in assemblea, hanno accolto Daniela Beltrame, nuova Direttrice Generale Scolastica del Veneto. Parole forti che lasciano trasparire ancora una volta il disagio che serpeggia tra i presidi presi come sono tra l’incudine e il martello. Da una parte si vuole una scuola di qualità, una scuola in grado di offrire un servizio più attento alle esigenze di oggi, una scuola aperta ai nuovi parametri formativi, dall’altra la gran fatica che si fa, non sempre purtroppo premiata, nel mantenere alto il livello delle nostre scuole senza una decisa inversione di rotta in quanto a investimenti nel campo dell’istruzione. E quando parlo di investimenti non mi fermo alla carenza di strutture o infrastrutture, che pure hanno la loro importanza, ma intendo andare oltre e puntare alle risorse umane, alla professionalità docente, alle loro motivazioni. Occorre puntare, soprattutto, a una nuova cultura che faccia del merito il grimaldello necessario a sradicare un sistema scuola che oramai necessita di ulteriori garanzie in fatto di metodi e modelli di insegnamento. In poche parole i presidi devono essere messi nelle condizioni di verificare le capacità didattiche e pedagogiche del docente prima ancora che questi entri in classe a fare disastri. Per fare questo c’è un unico modo: la chiamata diretta. Non va dimenticato che a partire dal prossimo anno scolastico la valutazione dei docenti e dei presidi sarà un percorso obbligatorio che verrà affidato agli ispettori del Ministero. Il nostro sistema scuola finirà sotto la lente d’ingrandimento con lo scopo principale di capire cosa e come fare per migliorare la preparazione degli allievi, le competenze dei docenti e le abilità dirigenziali dei presidi. Sono tre dei più grossi problemi che affliggono il nostro sistema scolastico. Se gli studenti italiani si piazzano da anni, purtroppo, quasi sempre agli ultimi posti dei test di valutazione internazionale PISA, lo si deve soprattutto a due fattori. Uno tutto interno alla realtà studentesca che non ha ancora capito che i migliori risultati si ottengono solo con impegno, interesse e sacrificio personali nello studio. Bisogna far capire ai ragazzi che impegno e interesse sono a garanzia di un vero processo di apprendimento. L’altro, di rilevante importanza, è di natura didattico - metodologica ed è di competenza dei docenti oggi demotivati, poco considerati e poco inclini ad aggiornarsi. Ma tant’è che oramai non ci si può più tirare indietro. Certi processi diventano importanti, oserei dire determinanti se vogliamo prendere in considerazione la possibilità di far crescere questa nostra scuola finita nelle secche delle statistiche che ci vedono sempre soccombere sotto il dominio delle scuole asiatiche. E’ notizia di questi giorni che il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, visto l’andamento delle scuole superiori americane, ha annunciato grossi investimenti nel campo dell’istruzione. Non solo. Cosa ancor più concreta ha annunciato lo stanziamento di grosse risorse economiche destinate a favorire soggiorni professionali di docenti statunitensi all’estero presso i loro colleghi di Singapore. La città stato asiatica vanta, infatti, una classe docente di prim’ordine. Non per niente i migliori processi di apprendimento e i migliori sistemi di istruzione nei processi valutativi di PISA sono proprio quelli di Singapore. Il segreto? Ingenti risorse destinate alla formazione dei docenti con conseguente elevati standard qualitativi circa la preparazione degli allievi. La professione docente è preceduta da una adeguata selezione. Solo ai migliori diplomati che vogliono abbracciare la professione docente è consentito di proseguire gli studi universitari che portano all’insegnamento. Solo a docenti disponibili a ricoprire incarichi nelle scuole, individuati dal preside, sono consentiti ulteriori avanzamenti di carriera con conseguenti miglioramenti economici. Ai presidi vengono riconosciuti ampi poteri di conduzione delle scuole, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane a disposizione. L’ottica in cui si muovono le scuole asiatiche parte dal dato che il docente non è più colui che detiene la conoscenza. I ragazzi oggi hanno tanti modi diversi per trovare informazioni per conto loro. L’insegnante di oggi è diverso dall’insegnante di trenta o quarant’anni fa. L’insegnante di oggi, viene sottolineato da più parti, deve essere un facilitatore, deve cioè aiutare il ragazzo a trovare le informazioni, a selezionarle, a sintetizzarle e a discuterle. In questo modo docenti e alunni insieme creano cultura. Alla base del Ministero dell’Educazione di Singapore c’è il convincimento che le nuove sfide mondiali, i grandi cambiamenti in atto nel mondo del lavoro si possono affrontare solo potenziando le abilità degli allievi. E per potenziare le diverse abilità bisogna lasciare liberi i ragazzi di ricorrere l’uso della tecnologia a disposizione. Cambia il metodo d’insegnamento e con esso sono tenuti a cambiare anche gli insegnanti che devono essere disponibili a rinnovarsi di continuo. Questo richiede disponibilità a mettersi in gioco in campo professionale, a darsi una motivazione per affrontare a un certo livello i nuovi segmenti formativi, a ritrovare nuovi stimoli che possano impegnare i ragazzi, a recuperare un crescente interesse verso le nuove opportunità tecnologiche che sono pane quotidiano per gli stessi allievi. Se manca tutto questo la professione docente rischia di cadere di stile per esaurirsi in un ambito di noiosa quotidianità che non fa onore nè a chi la vive, nè a chi è costretto a subire. In questa asettica quotidianità nascono e si sviluppano le mele marce che senza alcun potere di intervento da parte dei presidi trovano motivo di non modificare il proprio orientamento, preferendo sopravvivere ai margini del sistema che così li sostiene e li alimenta. Tanto a pagare sono sempre gli stessi: gli allievi.

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