I compiti per le vacanze: un tormentone

Non c’è niente da fare, la regola dei tormentoni è inesorabile: tornano. Magari sembrano sconfitti, di fronte ad argomentazioni di volta in volta “definitive” o a prese di posizione sempre più “autorevoli” (leggi in questo caso: commentatori, pedagogisti, psicologi, ministri…), ma appena ti giri, eccoli lì, di nuovo scintillanti, tirati a lucido, come se si scoprisse ogni volta l’acqua calda.Quello dei compiti durante l’estate è un tormentone di questo genere. Una variante dell’altro, complesso tema, dei “compiti a casa”. Insomma: servono o no? E durante le vacanze non hanno diritto i nostri ragazzi di riposarsi lasciando da parte libri e quaderni oppure corrono il terribile rischio dell’analfabetismo di ritorno? Se non fanno gli esercizi di matematica sapranno ancora fare le operazioni a settembre (naturalmente il caso vale anche per le versioni di latino e greco)? E – mettiamoci anche questa – non sarebbe meglio per loro dedicarsi a sane letture sotto l’ombrellone o in montagna?Nei giorni scorsi ecco il ministro Maria Chiara Carrozza pronunciarsi sul tema: meglio le “sane letture”. In una intervista dichiara: “Non serve a niente imporre tonnellate di versioni di latino o decine di problemi da risolvere. Vengono smaltiti meccanicamente, senza concentrazione. Meglio vacanze più brevi, ma vere vacanze. Con il piacere di leggere, questo sì. Un bravo insegnante è quello che stimola la curiosità e incoraggia la scelta. Sarebbe bello che ad ogni ragazzo fosse fornita una lista di libri perché selezioni le sue letture delle vacanze. Dobbiamo insegnare il valore della scelta”.E chi può darle torto? Il problema impostato così ha poco valore: tra “tonnellate” di compiti “meccanici” e la bella lista di libri, non c’è da dubitare. E il “gioco” della comunicazione fa il resto: prendi un tema serio – sì, perché quello dei compiti (estivi e non) è un tema serio e complesso – e “popular”, accostagli una battuta ad effetto, del personaggio di turno, e si fa un po’ di rumore, o fumo… Ma di arrosto non ce n’è. E anche il ministro cade nella trappola delle banalità.Banalità che invece non sembrano essere la cifra di questo personaggio arrivato a viale Trastevere dal mondo dello studio e della ricerca. E nella stessa intervista dalla quale si estrapola la frase sui compiti (che, in verità c’entra poco con tutto il resto) ribadisce alcune posizioni di buon senso che ha affermato fin dall’inizio del proprio mandato: torniamo a investire sulla scuola; guardiamo avanti (leggi: scuola digitale), ma siccome cadono i muri, prima pensiamo all’edilizia scolastica; internet ovunque, certo, ma prima formazione. E – non guasta – attenzione alle multinazionali così generose nell’aiuto alla digitalizzazione delle scuole (tablet gratis?).Ecco, questi sono (alcuni) temi forti, da affrontare con serietà e sobrietà, in una agenda politica preziosa. La battuta sui compiti (senza nulla togliere al dibattito e alla provocazione) aiuta solo a fare confusione.

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