I cattolici e la politica: idee per osare

L’estate politica si carica di attese. Non perché si attendano risposte definitive al tormentone che va avanti da più di un anno sulla caduta del governo. Le attese sono piuttosto sulla questione vera, che potremmo formulare così: come sarà la nuova offerta politica, dopo il presumibile esaurimento, con la legislatura corrente, del ventennale ciclo iniziato nei primi anni Novanta?Il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi, in un’ampia intervista ad “Avvenire” ha riproposto ed argomentato la questione della presenza dei cattolici nella nuova offerta politica, di cui si discute da qualche mese, facendo qualche passo avanti rispetto agli impegnativi interventi alla Settimana sociale di Reggio Calabria e poi al Forum del progetto culturale, quando aveva richiamato la necessità di una nuova stagione “guelfa”. Ha sottolineato come “occorre guardare con attenzione davvero speciale a quel prezioso ‘giacimento’ di rappresentanze sociali che è il mondo cattolico”. Ed ha identificato il punto, cioè “la novità con cui organizzare ed efficacemente far agire e interagire, in modo sempre più armonico, ciò che in gran parte esiste”. Ha posto cioè la questione del partito e quella connessa della legge elettorale, bipolarizzante “sed cum judicio”A questo proposito Galli della Loggia, in un editoriale del “Corriere della sera” ha riproposto la questione finale su cui si è arenata e lacerata la Dc, quella cioè di scegliere di essere “polo” e non “centro”, nelle mutate condizioni della politica europea del dopo 1989, e in quelle italiane del dopo referendum elettorale maggioritario. Contestualmente ha posto la questione del rapporto tra una forza di ispirazione cristiana e il contiguo aggregato liberale e laico, su cui si era costruita la grande stagione degasperiana, e poi di fatto si è sviluppata più in generale l’esperienza del Ppe.Un partito, una proposta politica peraltro non si costruisce a tavolino – con buona pace dei meritori e ricorrenti riferimenti al “codice di Camaldoli” - ma nel vivo di una competizione virtuosa. Una competizione per aggregare, come è stato giustamente detto, e non per frammentare. Si tratta insomma di invertire un processo più che ventennale, molti protagonisti del quale calcano ancora la scena. All’obiezione che l’impresa possa sembrare impossibile si oppone però la sensazione che i processi di consunzione siano ormai arrivati al massimo possibile, che insomma si sia toccato il fondo. Certo è che l’intrapresa spetta ad una “nuova generazione”, capace di aggregare frammenti, cioè personalità e professionalità politiche che vengono da lontano e da ambiti diversi: vino nuovo insomma in otri nuovi, senza inutili retoriche ma con serenità e convinzione.I tempi sono stretti, anche se non necessariamente accelerati. La partita insomma è aperta, verso quella che alcuni già chiamano la “terza repubblica”. Quel che conta, per costruirla davvero, è comunque porre le giuste premesse. Qualche segnale incomincia a delinearsi.

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