Avevo un insegnante al Liceo che per sottolineare l’eccellenza di un letterato, di un pittore, di un filosofo, di un musicista, chiamava in gioco l’aquila reale, maestosa e altera, capace di innalzarsi con un possente colpo d’ala, ben sopra le vette più impervie ed inviolate. Da europeista “ante litteram”, affiancava ai nomi ed alle opere di Dante, Leonardo, Leopardi e Verdi quelli di Goethe, Monet, Shakespeare, Bizet e Gogol, travalicando di slancio, per mezzo dell’occhio aquilino, di cui egli stesso era dotato, il monte Rosa, il Cervino e il tagliente profilo dello Sciliar, sulle Dolomiti.Le sue lezioni erano affascinanti monologhi puntellati da citazioni appropriate e recitativi, mai sconfinanti nell’esibizione, che si concludevano spesso con un aforisma tradotto dal dialetto locale: “Privilegiate le frequentazioni con le aquile; alle galline riservate la pentola.”Nell’arco delle mie esperienze di vita, memore dei suoi insegnamenti, non ho mai trascurato di metaforizzare gli incontri con gli uomini paragonandoli a dei “rendez-vous” ornitologici. Mi è capitato di imbattermi in esemplari d’alta quota e di entrambi i sessi, facilmente riconoscibili dalle aperture alari misurabili in metri. Mi sono avvicinato a loro con ammirazione e deferenza, ben consapevole dei miei limiti, anche se, nelle prove cui mi sono sottoposto, ho superato asticelle ad altezze non proprio minimali. Da quegli esseri di prezioso conio, quasi sempre sono stato accolto con benevolenza ed amicizia.Altri, con abili artifizi, cosmetico-mimetici, si sono sfacciatamente presentati con le fattezze di grandi uccelli, ma la loro miserrima natura si è ben presto espressa con l’utilizzo smodato e famelico del rostro e degli artigli per ghermire, sventrare, dilaniare, anche se satolli. Non ho reticenza ad ammettere che, ripetutamente, sono rimasto vittima di tali bieche creature, a causa della mia indole ingenua e tollerante, cui, nonostante i danni subiti, non ho mai rinunciato. Altri ancora, nell’intento di differenziarsi dalla modestia dei passeri e dalla mitezza delle tortore, hanno indossato il piumaggio dei pappagalli, con mobili creste colorate, sempre pronti a ripetere vacui, monocordi fraseggi.Tra l’affollata categoria dei pennuti da cortile, ho imparato a riconoscere i pavoni, che chiedevano spazio ed attenzione in virtù della variopinta, attraente ruota, trascurando le dimensioni della testa. Senza fatica mi sono abituato a distinguere le loro brutte copie, i tacchini, che s’insuperbivano per quel fronzuto posteriore dispiegato a semicerchio e per i ridicoli rossi barbiglioni, spacciati come ornamento. Non ho mai condiviso il giudizio di stupidità appioppato alle oche, forse influenzato dalla loro impresa capitolina o dall’apparentamento con i cigni, e ai paperi, probabilmente a cagione delle copiose letture disneyane.Ho piazzato, invece, in fondo all’elenco le galline stagionate, il cui genere è solo grammaticalmente femminile, incapaci di fare o di covare uova, ma che non volevano rinunciare alla pretesa di far sentire, steccando, il loro cacofonico “coccodè”.La trasposizione al presente di quanto appena esposto m’induce a stilare una classifica similmente associativa per quanti, in vista delle prossime elezioni, inseguono consensi.Aquile? Significativamente ancora esistenti, come da italica tradizione, fatte, però, oggetto di rabbiosi, inviperiti attacchi dentro cui trova ampio spazio l’invidia. Falchi e sparvieri? In numero spropositato, pronti a calare, voraci, sul desco per accaparrarsi, senza ritegno, i bocconi migliori.Pappagalli? Largamente rappresentati, mantenuti e nutriti dentro confortanti gabbie termostatate, perennemente avvezzi a ripetere ciò che gli è stato insegnato.Gazze? Un fenomeno mutante in rapidissima espansione. Non si sa bene se per effetto di misteriose bande radioattive o di agenti chimici sconosciuti, anche i tordi si stanno ora trasformando in questa specie, della quale il Gioacchino pesarese ha musicato la naturale tendenza al furto. Pavoni e tacchini? Ancora distinguibili per la morfologia, ma non per l’ intelletto racchiuso in masse cerebrali ancor più involute.Galli rincitrulliti e decrepite faraone? Ahimè in preoccupante incremento e ignobilmente starnazzanti, ritenendosi protetti da immunità, per il semplice fatto di non più costituire materia prima adatta a un buon brodo (il vecchio adagio sull’anziana razzolante è stato definitivamente sovvertito per un altro effetto degenerativo).Ai lettori ed agli elettori voglio, nello specifico ed in conclusione, trasmettere il pensiero del mio professore, così riformulato: Se proprio volete esercitare il vostro diritto al voto, andate alla ricerca delle aquile di cui abbiamo gran bisogno; non prestate orecchio ai pappagalli; munitevi di schioppo per gli avvoltoi e, soprattutto, di repellenti per gallinacei d’epoca, salvo che non vogliate trasformare i luoghi istituzionali in altrettanti ospizi per razze padovane o di altre latitudini, in avanzatissima, terza età, che usano gli immeritati vitalizi per rifornirsi di Viagra ed Estrogeni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA