Happy new year, da Londra

L’inizio d’anno è tempo di auguri anche a Londra. Mi scrive Boris, un giovane di Pontida, adottato felicemente da otto anni dal mondo multiculturale londinese: “Spero che i politici italiani si uniscano, invece di creare divisione.” Splendido augurio, cosciente forse di quello che si vive nella sua terra. Altro augurio diretto agli italiani in patria è quello di Giordano, un brillante giovane veronese, capitato a Londra quasi per caso, come centinaia di altri nostri giovani e imbarcato in uno stage di giornalismo: “Auguro a me e a tutti i miei coetanei di avere fiducia in noi stessi, di vivere ogni giorno di questo 2012 con impegno, grinta e onestà, di fare le cose che amiamo e di farle con passione. Auguro a noi ancora di essere il più possibile noi stessi, di continuare a credere che le cose le cambiamo noi con il nostro impegno, la nostra forza e le nostre idee”. Un augurio pulito e serio. In una società diretta da vecchi e sempre più invecchiata, noncurante dei giovani come pure della logica del merito e del talento, ecco per la nostra Italia una risorsa da riscoprire. Nicoletta, insegnante veneziana in una scuola londinese, mi ricorda nel suo augurio la forza simbolica del canto di Mameli: “Auguro agli italiani di ritrovare il senso di fratellanza per unirsi tutti insieme e superare questo brutto momento, facendo ognuno la propria parte al massimo. All’Italia auguro di attingere al meglio della propria storia, per riportare al mondo un’immagine positiva del Paese con le sue qualità di inventiva, di laboriosità e la forza del suo popolo”.

All’estero, si sente ripetere spesso un magnifico proverbio: “Les miracles sont accomplis par les hommes unis”(I miracoli sono compiuti dagli uomini uniti). Sì, un augurio che si fa per noi impegno: uscire dal nostro medioevo mentale e comportamentale. Siamo rimasti vecchi nel pensiero e nei comportamenti. Uscire con urgenza, allora, da quel mondo che coltiva il privilegio, il corporativismo, l’opposizione tra guelfo e ghibellino, il gusto dello scontro, la cerchia dei propri fidi, il senso geloso della fellonia (tradimento), il carattere chiuso del feudo e quello intoccabile del suo signore. Il mondo feudale, insomma. In filigrana lo si ritrova in moltissimi campi persino in politica o in religione; gli italiani all’estero lo percepiscono con evidenza. A cominciare dallo scambio di opinioni, in cui si assale l’altro come in un duello. Nella cultura francese, invece, l’eleganza con cui l’avversario smonta il vostro pensiero con “esprit de finesse et de géometrie”, come direbbe Pascal, vi sorprenderà.

In emigrazione, a contatto con mondi culturali diversi, si capisce quanto nella nostra cultura e nel nostro spirito siano rimaste annidate abitudini antiche. Ormai, in un mondo dal pensiero sistemico e globalizzante, la sinergia è diventata una parola-chiave per vincere. Saper collaborare con chi la pensa diversamente, con chi è su un’altra sponda: questo è pensare al bene comune, anzi un agire comune. È il messaggio dei nostri emigranti in situazioni di emergenza come quella attuale: saper lottare per una causa comune. Qui, nella lingua inglese si fa un uso inflazionato del termine ship (barca) come suffisso di tantissime parole, quasi per ricordare mentalmente che si è sulla stessa barca. È il senso concreto di un popolo di mare, che coltiva il valore del team. Per la nostra terra, quasi tutta toccata dal mare, la barca dovrebbe essere una forma mentis conseguente. Al posto del campanile, eretto come simbolo del nostro piccolo mondo antico. Da cui, il campanilismo.

Per questo sarà urgente educare uomini di frontiera. Uomini universali. Coloro che sappiano vivere al confine dei sistemi, di mondi chiusi, di universi centrati in se stessi, capaci di creare ponti, non di innalzare muri o barriere. Vivere alla frontiera è la scomoda e stategica posizione di ogni nostro emigrante all’estero. Ritornato in patria, si ritrova spesso a rivivere un’aria di medioevo. La frontiera lo ha educato, invece, all’empatia con l’altro, alla complessità del mondo, a qualcosa di nuovo e di originale da costruire insieme ad altri. Il mondo d’oggi necessita di uomini così, dal cuore aperto e dalla mente che spazia.

“È indispensabile imparare il valore e il metodo della convivenza pacifica, del rispetto reciproco, del dialogo e della comprensione” richiamava qualche giorno fa il Papa. E, in fondo, paradossalmente è proprio riscoprire l’anima stessa del mondo medievale, quando si sapeva mettere insieme competenze, qualità, volontà e mondi differenti, l’umano e lo spirituale, in un unico capolavoro collettivo: una cattedrale. Una causa comune.

Beppe Severgnini sul Corriere della Sera scriveva ultimamente: “Vorrei che presto all’estero scrivessero di noi: “When the going gets tough, the Italians get going.” (Quando il gioco si fa duro, gli italiani cominciano a giocare). Sì, insieme. Happy new year!

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