Grecia-Italia, una sfida nella sfida

È forse il passaggio più arduo nell’ormai lunga storia dell’integrazione e dell’unità europea, quello di questi mesi. Le manifestazioni e gli scontri che hanno accompagnato il varo ad Atene di un drastico piano di austerità ci fanno toccare con mano quanto rigorosi debbano essere ormai gli standard.Partecipare all’Europa diventa un fatto sempre più concreto: per partecipare ai benefici bisogna farsi carico dei costi e degli oneri corrispettivi.Insomma, sotto la pressione della speculazione internazionale, che volta per volta seleziona nuovi obiettivi per generare profitti finanziari, sempre ovviamente sulla pelle di qualcuno, l’Europa (e la zona Euro, che di fatto ne rappresenta il nucleo propulsivo e decisivo) è costretta ad accelerare. Del resto solo la spinta dell’emergenza, storicamente, permette ai sistemai democratici, e in particolare a quelli in cui il sistema decisionale è più complesso e articolato, dunque necessariamente lento, di agire in fretta e con efficacia.Certo è un passaggio difficile: bisogna infatti tenere la barra dei conti, ma nello stesso tempo garantire quei livelli e quella qualità della vita sociale che qualifica l’Unione europea e la rende così attrattiva. Oltre che garantire quell’armonia, quell’equilibrio tra i diversi stati membri, che fin dai primi anni Cinquanta ha permesso il successo della scommessa europea.All’interno insomma della sfida economica c’è una sfida sociale ed una sfida politica: i piani si richiamano l’un l’altro. La soluzione quindi non può che essere complessiva.Per questo è un passaggio arduo, perché bisogna tenere insieme i piani. Tanto più che l’Europa, così articolata al proprio interno, si deve muovere in un sistema economico mondiale in affanno. Grande è ovviamente la responsabilità della leadership tedesca, così come è ovvio che questa leadership non si può sviluppare in solitaria, ma deve essere in grado di suscitare circuiti virtuosi di collaborazione e di sviluppo.Sembra, da diversi segnali, che l’Italia sia riuscita, negli ultimi mesi, a sintonizzarsi su questa lunghezza d’onda. C’è una sterminata letteratura che garantisce che non solo gli Italiani, ma l’Italia è capace di dare il meglio di sé nell’emergenza. In realtà ogni tanto il nostro Paese ha bisogno di essere messo di fronte alle proprie responsabilità. Più esattamente, le molteplici realtà geografiche, sociali, culturali, economiche, che articolano la straordinaria ricchezza e complessità italiana, devono periodicamente essere richiamate alla necessità di cooperare. Ogni tanto questa operazione richiede una certa ruvidezza, ma richiede nello stesso tempo anche il dovuto respiro e il dovuto spessore morale e culturale. Ai tanti attori del pluralismo italico bisogna sapere indicare mete non retoriche e obiettivi realistici di interesse comune.Certo siamo ancora sul crinale. Qualche segnale però sembra recepito. Certo c’è ancora molto da fare, per tutti.

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