Gli italiani sommersi dai debiti

Sommersi dai debiti. Gli italiani – individui e famiglie – annaspano, sempre più lontani dalla loro fama di risparmiatori virtuosi. La crisi finanziaria ed economica ha esacerbato il fenomeno, che però già da tempo aveva assunto dimensioni preoccupanti. Per cause note: crescita esponenziale del ricorso al credito al consumo (spesso per acquistare beni dei quali si è stati sostanzialmente “convinti” di avere bisogno, pur essendo evidentemente superflui); diffusione del gioco d’azzardo, iper-pubblicizzato nelle sue molteplici declinazioni; disoccupazione, precarietà, povertà dilagante.O una disgrazia che non si è riusciti a fronteggiare. Meno note, invece, sono le possibili soluzioni. L’Italia dei sovraindebitati, non solamente imprenditori, ma anche semplici consumatori, avrebbe infatti a disposizione un’ancora di salvataggio. Il condizionale è d’obbligo, perché la legge che dovrebbe agevolare le procedure di superamento della condizione di sovraindebitamento (fino ad arrivare a quella che in linguaggio giuridico si chiama “esdebitazione”) esiste. Ma è ormai da tempo incagliata nelle fitte maglie della burocrazia e delle procedure legislative. Facciamo un passo indietro. Tornando a gennaio dell’anno scorso, quando il parlamento approvò la legge 3/2012, che introduceva una nuova tipologia di concordato, finalizzata a comporre quelle che vengono definite “crisi di liquidità” di debitori cui non si possono applicare le procedure “tradizionali”. Ovvero coloro che, tecnicamente, non possono fallire, perché non è loro applicabile la legge fallimentare: piccoli imprenditori (che non raggiungono i minimi previsti), famiglie, professionisti. Successivamente, la legge 3 è stata modificata e integrata da un decreto legge (il numero 179) emanato dal governo Monti a ottobre e convertito in legge ordinaria a dicembre: esso, oltre a modificare alcuni aspetti della procedura, ne ha esteso l’applicazione al sovraindebitamento del “consumatore”, ampliando fortemente la platea dei (teorici) beneficiari. Teorici. Perché il problema, sin da gennaio 2012, è che i ministeri competenti non hanno emanato i regolamenti attuativi, rendendo impossibile (o quasi) il ricorso alle tutele previste dalla legge stessa. «Stando alla documentazione ministeriale che ha accompagnato la conversione in legge del decreto – spiega l’avvocato Paola Moreschini – solamente tre persone in tutta Italia (!) hanno potuto finora avvalersi della nuova normativa. Le informazioni del ministero possono essere incomplete, poiché è complesso censire presso i tribunali simili dati. Ma è chiaro che la legge finora di fatto non ha avuto applicazione».Non si tratta, tuttavia, dell’unico problema. A prescindere dalla sua non-attuazione, il testo di legge è stato fortemente criticato. Esso infatti incarica non meglio identificati “organismi di composizione” di affrontare le crisi finanziarie dei cittadini sovraindebitati. «Nella prima versione del testo – sottolinea Donata Monti, presidente di Pro. Seguo, associazione che da anni si batte contro l’esclusione da sovraindebitamento – si era parlato anche di organismi privatistici, ma nelle modifiche successive si sottolinea il “carattere pubblico” che devono avere gli organismi di composizione. Ciò taglia fuori realtà come i centri di ascolto, le fondazioni antiusura o le Caritas, che da molto tempo si occupano della questione».Si perde così la possibilità di sfruttare un’esperienza consolidata, fatta di rapporti con il territorio e conoscenza dei tanti problemi (anche sociali e umani, non solo economici) che ruotano attorno alle situazioni di crisi finanziaria delle famiglie. E capace di accompagnare i debitori nel complesso percorso verso l’esdebitazione. Il motivo di tale esclusione? «Sembra che il legislatore conosca poco la materia. Ma sono pesati anche i pregiudizi e la forza delle lobby», aggiunge Donata Monti. Avvocati, commercialisti e notai, essendo inseriti in elenchi pubblici in quanto appartenenti a ordini professionali, potrebbero infatti essere i principali “destinatari” della norma. La composizione delle crisi debitorie familiari potrebbe divenire di fatto un loro “monopolio”. D’altronde le parti sociali si sono mosse in grave ritardo, così non hanno avuto modo di incidere a sufficienza. Intanto, in attesa dei regolamenti attuativi, alcune procure “intraprendenti” hanno cominciato ad applicare la legge secondo la loro interpretazione. Il 25 settembre 2012 il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha individuato in due professionisti gli “organismi di composizione” della crisi debitoria (all’epoca non erano intervenute le modifiche del decreto legge 179, che indicano esplicitamente la necessità di iscrizione di tali organismi in “apposito registro”). Un modo per evitare di perdere tempo, e consentire ai cittadini di cominciare a usufruire di un salvagente che per ora, a causa della lentezza della macchina statale, ha consistenza di un miraggio.

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