Gli ingegneri sostituiti dai manovali

Tra il clamore dei tanti “angeli e diavoli cantori” che, intonano i loro cori molto spesso cacofonici, sorprende ravvisare il tocco di chi ha sempre dimostrato di “conoscere la musica” ed ha perciò titolo per esprimere pareri sensati e pertinenti. Stiamo parlando di Piero Angela (che per coincidenza suona egregiamente il pianoforte), e di Giulietto Chiesa, entrambi giornalisti di rango, ospitati, qualche giorno fa, in una di quelle teletrasmissioni, ove si tenta di raccontare le tante “verità” sul tristissimo momento che stiamo attraversando.In perfetta sintonia i due hanno espresso concetti che qui di seguito vogliamo riproporre poiché li riconosciamo aderenti alle nostre convinzioni.Il primo ha ricordato la remota origine dell’italico debito pubblico, essenzialmente attribuibile alla perversa pretesa di vivere al di sopra dei propri mezzi, coniugata con l’esercizio distorto del potere, pervicacemente volto a mettere nel posto giusto la persona tanto sbagliata, quanto incompetente, che, per salvaguardare la poltrona e mantenere fedele l’elettorato al suo mentore, non si è fatta scrupolo di distribuire a piene mani le sostanze dello Stato, dopo aver ben impinguato la propria borsa. Ancora adesso, mentre da un lato si concede (a parole) spazio al secondo governo tecnico nella storia della Repubblica, dall’altro si continua a parlare, non di concreti rimedi, ma di schieramenti partitici, mentre, con mano furtiva, si fanno pervenire al nuovo Presidente del Consiglio i curriculum con l’unico scopo di accaparrarsi questo o quel sottosegretariato.Il secondo ha citato il colossale debito pubblico mondiale gonfio di dollari ed euro fasulli, non di certo accumulato per finanziare attività produttive e lavoro. L’artifizio, difficilmente comprensibile ai comuni mortali, ideato dagli dei di un novello Olimpo nel quale i funesti intrighi fanno apparire gli adulteri di Giove come ingenue marachelle , ha provocato una tempesta di violenza inaudita, il cui placarsi si colloca in un futuro chissà quanto lontano.L’impatto di tale causa esterna, sulla preesistente debolezza interna, ha provocato nel Bel Paese, una negativa sinergia di fronte alla quale la politica ha dichiarato forfait. Ora tutti sperano in Super Mario, che, per quanto abile e preparato, non sembra sia ancora aduso ai miracoli.Noi, senza reticenze o pudori, ci dichiariamo privi dello spessore riconosciuto ai due stimati professionisti prima menzionati e, per riprendere ed esplicitare a modo nostro l’essenzialità dei concetti da loro congiuntamente espressi, chiediamo ci venga consentito l’uso di un elementare paragone... edile.Un palazzo costruito in sfacciata violazione alle norme antisismiche e con l’impiego di materiali scadenti, si affloscia come un castello di carte da gioco al primo tremolio tellurico. Se realizzato, invece, a fronte di un progetto serio e qualificato, utilizzando le canoniche quantità di ferro e cemento, oltre che scrupolosamente collaudato, potrà forse subire qualche lesione, ma non crollerà sotto la furia dirompente di un terremoto da 6,5 gradi Richter.Gli “architetti” che nel 1946, al cospetto del disastro postbellico, si erano messi al lavoro per la ricostruzione dell’”edificio Italia”, avevano dato fondo alle sopravvissute migliori risorse intellettive per ben “palificarlo”. I guai arrivarono al passaggio delle consegne. Agli onesti “ingegneri”, agli “impresari” seri e coscienziosi, succedettero, miseri manovali (forse maneggioni è il termine più adatto) e l’opera iniziata con perizia ed onestà non solo non venne completata, ma quel che fu in seguito fabbricato si rivelò avere, per le summenzionate ragioni, la consistenza del mascarpone. Più recentemente, in luoghi lontani, anch’essi infestati da presenze malefiche (anagramma di fameliche, poiché la cupidigia alligna tra gli insipienti, ma anche tra le intelligenze sataniche), si fece spazio l’idea che le fortune economiche potevano essere costruite sul commercio di debiti insolvibili. Ricorrendo ancora alla banale similitudine prima invocata, in poco tempo furono innalzati “grattacieli” di paglia che, sotto l’incalzare dello scirocco, entrarono in autocombustione. L’incendio che ne seguì si è rivelato di proporzioni talmente vaste da investire due interi continenti, aggredendo più facilmente organismi a basso “flash-point”, come quelle disseminate lungo lo Stivale. Di questo “rogo” planetario si vuole ora scaricare la responsabilità sugli yankèe, ma almeno un concorso di colpa deve essere addossato ai governanti franco-germanici che, oltre alla supponente e pretenziosa moneta unica, non sono stati capaci di abbozzare un embrione di Europa politicamente forte e unita. Per i loro sorrisi canzonatori non dobbiamo adontarci. Ce li siamo ampiamente meritati.Nel tentativo di cercare consolazione possiamo solo recuperare, mentre recitiamo mestamente il “mea culpa”, una frase acquisita sui banchi di scuola: “Se Sparta piange....”

© RIPRODUZIONE RISERVATA