Gli esami di Stato sotto accusa

Tutti gli istituti superiori hanno pubblicato gli esiti degli esami di maturità. Da una prima veloce lettura dei commenti pubblicati sui siti studenteschi si capisce che la lode è diventata un traguardo per pochi. Un procedimento normativo articolato e tassativo ne scandisce il difficile percorso. Leggermente diverso è il discorso sul cento. E’ un traguardo rimasto abbordabile da parte di chi si è sempre dimostrato fortemente motivato e costantemente impegnato nello studio. Intanto, però, si moltiplicano sul web le dichiarazioni di tanti studenti delusi dai professori che continuano a premiare chi necessita di aiuto per arrivare ad arrancare il sessanta e superare così l’esame e a penalizzare chi merita di raggiungere un traguardo più elevato. Per dirla in parole povere, si aiutano i peggiori e si ostacolano i migliori. Ma osservazioni del tutto simili vengono rilasciate anche da certi docenti non convinti del grado di preparazione dimostrato dai ragazzi durante le prove d’esame. Ciò che accomuna studenti e docenti è soprattutto il metro di valutazione che finisce per condizionare l’esito finale. Sotto accusa sono i voti di ammissione agli esami. Un passaggio obbligato demandato al consiglio di classe in sede di scrutinio finale. Voti talvolta gonfiati in qualche materia pur di consentire ai ragazzi di arrivare agli esami e sperare in un recupero in zona Cesarini. Ma a questo punto una domanda è d’obbligo. Si può mai parlare di recupero nei pochissimi giorni che separano il termine delle lezioni dall’avvio degli esami di maturità? Se un ragazzo ha studiato poco durante tutto l’anno, può mai recuperare in pochissimi giorni? E’ pur vero che ai miracoli non bisogna mai bloccare la strada. E di miracolati nelle nostre scuole a fine anno sono tanti. Molti studenti, infatti, si ritrovano miracolati con il sei in tutte le materie (c’è solo da sperare che sia il frutto di intense preghiere). E del resto non c’è alternativa. Agli esami si è ammessi solo in presenza del sei in tutte le materie compreso il voto in condotta. E allora via al sei anche quando il sei non c’è. Non solo. Molto spesso le medie di rendimento scolastico non corrispondono a quello che è il criterio di valutazione che viene deliberato in sede di commissione d’esame. Consoliamoci. In Francia è successo di peggio. E’ di questi giorni la notizia che dal Provveditorato di Orleans e di Tours è uscita una circolare in cui si intima ai docenti impegnati negli Esami di Stato di dare voti più alti perché i ripetenti «hanno un costo notevole per le casse pubbliche». L’agenzia France Presse e il giornale Le Figaro gridano allo scandalo. Da noi per fortuna non siamo a questo livello anche se le lamentele si sprecano e le critiche abbondano. Da noi si parla di «valutazioni poco eque», di «professori poco corretti», di «sei dato a chi non merita», di studenti «bravi e risentiti» e di «docenti amareggiati». Ma allora servono ancora gli Esami di Stato? O meglio. Così come sono articolati siamo sicuri che la valutazione sia proprio oggettiva? Come mai, allora, ciò che è sufficiente per un docente, non lo è per un altro? Sono domande che mettono tensione e imbarazzo, ma credo che valga la pena approfondire la questione. Personalmente sono del parere che questi esami, così come sono, vanno rivisti (dopo 15 anni è ora di riformarli). E su questo pare che la prima ad essere convinta sia proprio il ministro Carrozza. Risale, infatti, a metà giugno una sua dichiarazione rilasciata ad un settimanale dove, nell’augurare un “in bocca al lupo” gli studenti prossimi alla maturità, ha detto a chiare note che «bisogna ripensare sia l’esame di stato che l’ultimo anno delle superiori». E siamo al nocciolo della vexata quaestio. Due gli elementi che sono meritevoli di particolare attenzione. Da una parte la valutazione ad opera dei docenti, dall’altra la preparazione degli studenti. Cominciamo da quest’ultima. Sono tanti gli studenti che arrivano agli esami, confidando in una latente clemenza finale da parte dei commissari. Dopo aver strappato il sei in tutte le materie agli scrutini, si spera di strappare un sessanta all’esame. Perché disperare? L’operazione può benissimo riuscire. E allora ci si affida a una tesina “messa su in fretta e furia”, scopiazzata col sistema del “copia e incolla” o nel migliore dei casi acquistata già pronta. La rete abbonda in proposte! E’ la new commerce del xxi° secolo! Prezzi modici, correttezza dei contenuti, originalità della proposta alleviano le fatiche degli studenti sempre più interessati al già fatto e sempre meno propensi al lavoro da fare. Raramente ci si trova a discutere su una tesina presentata come una elaborazione personale, ben articolata, foriera di pensiero critico. Ci sono anche queste. Poche per la verità, ma ci sono. Per fortuna! Spesso i contenuti vengono per lo più assorbiti (non compresi) e conferiti in modo prettamente mnemonico. Il risultato? Se qualche commissario osa intervenire con approfondimenti, per lo studente cominciano i guai e si rischia di mandare all’aria ciò che si è faticosamente costruito. E allora il commissario fa marcia indietro. In poche parole non si deve uscire dalla traccia indicata se non si vuole mettere lo studente in difficoltà. E lo studente non va mai messo in difficoltà. Ma allora dov’è il grado di maturità da valutare? E qui inizia l’altro problema. La valutazione. Difficilmente nel processo di valutazione emerge un parametro unico e oggettivo. Criteri di correzione differenti, griglie di valutazione diverse da commissione a commissione fanno sì che nella stessa scuola e per lo stesso indirizzo di studi, possono uscire voti estremamente discordi. Non parliamo poi tra una scuola e l’altra. Un problema non di poco conto se si pensa al mercato del lavoro oggi. Un mercato peraltro in piena crisi in cui le aziende, sbagliando, richiedono un ventaglio di voti con un gap verso l’alto, mentre i mediocri rischiano di ingrossare le fila dei senza speranza. Credo sia arrivato il momento di ragionare su abilità, conoscenze e competenze più che su processi. E allora non è meglio abolire il valore legale del titolo di studio e mandare in soffitta gli esami di Stato?

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