Giù le mani dai piccoli Comuni

Egregio direttore, chiediamo ospitalità anche sulle colonne del «Cittadino», da sempre punto di riferimento per gli abitanti della provincia di Lodi, per dare il nostro contributo alla discussione sui piccoli Comuni e sul destino loro riservato dall’ultima manovra economica. Con la manovra di agosto il Governo ha infatti pensato bene di accorpare forzosamente i Comuni con meno di 1000 abitanti (in Lombardia sono 327). Per quale motivo un provvedimento del genere rientri in una manovra economica che deve reperire 45 miliardi di euro è oscuro a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con gli affari pubblici. Secondo i suoi estensori, la ragione principale di ciò starebbe nell’abbattimento dei costi della politica e infatti ministri e sottosegretari hanno da subito sbandierato la bandiera delle 54mila poltrone cancellate. Ma di quali poltrone parliamo? Parliamo di consiglieri comunali che percepiscono la bellezza di 17 euro (lordi) a seduta per 3-4 sedute all’anno, che spesso e volentieri nemmeno ritirano per lasciarli in Comune. Parliamo di assessori che ricevono un’indennità di 130 euro al mese, spesso anche queste devolute al Comune.

Parliamo dell’ impegno civile di cittadini che si impegnano come volontari nella politica locale e che lo fanno senza interesse alcuno. Di persone per bene che da queste decisioni vengono umiliate.

Quantifichiamo realisticamente tutti questi “costi” della politica nei piccoli comuni in 400 mila euro per la Lombardia?

Bene, pensiamo che un singolo parlamentare, tra stipendio, diaria e benefit vari costa allo Stato almeno 300 mila euro all’anno. Che un consigliere regionale percepisce quasi altrettanto. Che le authority statali hanno costi a dir poco imbarazzanti. E’ evidente a tutti che i costi della politica ci sono eccome: ma fino a quando sarà la casta a decidere dove tagliare, i tagli andranno sempre a ricadere altrove.

Si dice che i Comuni in Italia sarebbero troppi, che sprecano.

Sono più che in Europa? Vediamo: in Italia sono 8.094. In Lombardia, che ha 9,8 milioni di abitanti, ce sono 1544. In Austria ci sono 2.357 Comuni su 8.360.000 abitanti; in Germania 12.104 Comuni su 81 milioni; in Francia 36.680 Comuni su 64 milioni; in Svizzera 2.596 Comuni su 7milioni di abitanti; in Spagna 8.116 Comuni su 45 milioni. E in nessuno di questi casi il Governo si è sognato di abolire i Consigli comunali. E i costi non sono inferiori che in Italia, anzi.

I Comuni sprecano? I Comuni italiani sono l’unica parte della pubblica amministrazione che in questi anni ha contribuito a ridurre il debito pubblico.

Nonostante questo da anni subiscono tagli di miliardi di euro, ben superiori al loro peso nel comparto. Per intenderci: se lo Stato si fosse comportato come i Comuni, non solo non ci sarebbe il debito pubblico, ma il bilancio sarebbe in attivo. Nello stesso decreto che accorpa i Comuni c’è la decisione di accantonare il Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti: ebbene, l’aver fatto partire questo progetto per poi chiuderlo così miseramente ha avuto certamente per lo Stato un costo di molto superiore a tutti i risparmi che si prevedono di raggiungere tagliando i consiglieri comunali dei Piccoli Comuni. Chi paga per questo spreco osceno di denaro pubblico?

I Comuni hanno già ridotto nel 2011 consiglieri e assessori del 20%. Hanno risparmiato poche centinaia di euro ma a fronte di questo si sono visti operare tagli di migliaia di euro da chi ha calcolato questi risparmi evidentemente in modo diverso.

Nei Comuni lo stipendio medio di un dipendente è la metà di quello di un dipendente ministeriale, in media c’è un dirigente ogni 52 impiegati, contro un rapporto di uno a 22 nei ministeri (1 a 14 nel Ministero dell’Economia, 1 a 7 nella Presidenza del Consiglio).

I Comuni devono mettersi insieme per essere più efficienti?

Anci lo sostiene da tempo, sosteniamo che la gestione associata, e in particolare l’unione di Comuni, sia il modo giusto per consentire una gestione più efficiente della macchina comunale ed erogare servizi migliori ai cittadini e a costi più contenuti, salvaguardando al tempo stesso la storia e l’identità dei comuni e il diritto dei cittadini a vivere a pieno titolo in una democrazia rappresentativa, dove per discutere i problemi della comunità vengono eletti consiglieri di maggioranza e di minoranza (che, come abbiamo visto, svolgono questa funzione a titolo praticamente gratuito). Per perseguire un progetto del genere, che paga nel medio periodo, c’è però bisogno da parte del Governo e della Regione di sostegno, di condivisione, di serietà, di coerenza.

I Comuni hanno raccolto la sfida che nella manovra di giugno imponeva l’obbligatorietà della gestione associata nel giro di tre anni. Siamo pure pronti a discutere di proposte serie ed anche dell’opportunità di fusione volontaria dei Comuni, a patto che venga concessa un’adeguata rappresentanza alle istanze dei cittadini dei comuni più piccoli.

E invece niente di tutto questo: i Comuni saranno accorpati dall’oggi al domani in modo confusionario.

A rappresentare i cittadini ci sarà solo il sindaco: niente più confronto e democrazia a livello locale, e il tutto nel nome dei (presunti) risparmi.

Al posto della democrazia ci sarà l’elezione di un podestà che non deve rispondere a nessuno del suo operato per gli anni in cui sarà in carica. E’ un affronto inaudito alla dignità degli enti locali, riconosciuta dalla Costituzione. Soprattutto, è il primo passo verso un crinale pericoloso e inquietante: che cosa dovrà subire la democrazia in futuro, in nome del risparmio?

Oltre a questo, la legge rischia di scardinare le unioni di comuni già esistenti, che nella nostra regione spesso già includono Comuni con meno di 1000 abitanti.

Per perseguire un obiettivo assurdo si rischia dunque di annullare quanto di buono è stato fatto in questi anni.

E tra le tante assurdità c’è pure quella che riguarda i piccoli comuni che non confinano con altri comuni sotto i 1000 abitanti e che, a differenza degli altri, non vedranno cancellati giunta e consiglio.

Se questa legge non cambia, a pagare saranno i cittadini dei piccoli comuni, in termini di servizi tagliati e di partecipazione e di rappresentanza dei loro problemi, mentre ci verrà spiegato nel frattempo quanto brillantemente sia stato risolto il problema dei costi della politica.

Eppure una soluzione ci sarebbe: da anni è parcheggiata in Parlamento la Carta delle Autonomie, un documento che dovrebbe finalmente fare chiarezza sui compiti dei diversi livelli di amministrazione (è la duplicazione di ruoli e funzioni tra le diverse istituzioni il vero spreco della politica, molto più che il gettone di presenza del consigliere comunale): visto che i tagli della manovra partiranno dal 2012, proviamo tutti insieme a varare la Carta entro l’anno prossimo, proviamo a riordinare il territorio decidendo chi fa che cosa e coniugando anche per i piccoli Comuni autonomia e responsabilità, come nei dettami di un sano federalismo. Proprio il contrario dello spettacolo cui stiamo assistendo.

Mauro Guerra

vicesindaco di Tremezzo (Como), vicepresidente di Anci e coordinatore nazionale Piccoli Comuni

Ivana Cavazzini

sindaco di Drizzona (Cremona), presidente della Consulta Piccoli Comuni di Anci Lombardia

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