GIORNO DELLA MEMORIA - Lo “sporco ebreo” ha 12 anni. Le sue aguzzine soltanto 15

L’editoriale del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Lo «sporco ebreo» ha solo 12 anni. È poco più di un bambino. I suoi aggressori lo hanno insultato con epiteti razzisti, hanno inneggiato ai forni crematori, alla Shoah, gli hanno intimato di stare zitto e hanno iniziato a prenderlo a calci e a sputi. Nessuno, tra quanti erano presenti alla scena, è intervenuto per difenderlo. E, una volta arrivato a casa, è corso subito in bagno, affranto e umiliato, per ripulirsi dagli sputi che lo ricoprivano.

Un racconto raccapricciante, che pare essere uscito direttamente dalla Germania nazista o dall’Italia delle leggi razziali.

Invece è la cronaca di quanto accaduto la scorsa domenica in una frazione di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. La vittima, come detto, è poco più di un bambino. Gli aggressori sono due adolescenti, due ragazzine di 15 anni, che studiano in una scuola superiore di Piombino: sono state identificate e di loro ora si occuperà la procura del Tribunale dei minori di Firenze.

Merito del quotidiano locale «La Nazione» se questa storia terribile - che fa accapponare la pelle - è venuta alla luce, a poche ore dal Giorno della Memoria, giovedì 27 gennaio.

E fino alla tarda serata di martedì (quando la notizia era già ampiamente di dominio pubblico) i genitori delle due 15enni non avevano ancora preso contatti con la famiglia del ragazzino. Vien da chiedersi perché.

Vien da chiedersi cosa sia passato nella testa di queste due adolescenti, che un giorno saranno donne e forse mamme. Vien da chiedersi cosa sanno davvero dell’Olocausto. Vien da chiedersi se sono pienamente consapevoli che dare dello «sporco ebreo» a un ragazzino poco più piccolo di loro significa scavare nell’abisso, addentrarsi nel non-umano.

Non siamo di fronte a una ragazzata. Non limitiamoci a bollare come tale questo episodio, che è gravissimo perché ottant’anni fa si iniziò proprio così. Si cominciò con il clima di odio, a cui seguirono le azioni concrete, senza che l’opinione pubblica muovesse un dito. O quantomeno senza che le voci contrastanti riuscissero a fronteggiare la campagna di veleno e morte che traeva forza dalla crisi economica e da quella dei valori, in una Germania e in un’Italia “rapite” dal mito dell’uomo forte che avrebbe dovuto portare ordine in una società disorientata, lacerata dopo la Prima guerra mondiale.

Non stanchiamoci di denunciare gli episodi di antisemitismo, non stanchiamoci di segnalare quanti anche nel Lodigiano e nel Sudmilano “lisciano il pelo” al peggio della storia. Chiediamo a tutte le forze politiche di prendere pubblicamente le distanze, in maniera netta, senza tentennamenti, da chi sposa e diffonde tesi negazioniste, neonaziste e neofasciste. O da quanti, anche sul versante dell’estrema sinistra, coltivano e diffondono idee antisemite.

E la scuola, le brave maestre e i professori, non si stanchino di raccontare, mostrare e spiegare cosa è successo nei campi di sterminio. Più che le leggi e la magistratura, servono la conoscenza e la cultura. Oggi più che mai. Da parte nostra, anche se servirà a poco e anche se non lo leggerà mai, siamo vicini allo «sporco ebreo» 12enne. Gli mandiamo un grande abbraccio. E gli diciamo che gli sputi si lavano, le ferite dell’anima con il tempo si curano. E in fondo, a pensarci bene, in questa storia tristissima le vere sconfitte sono le sue “aguzzine”, due ragazze 15enni con tutta la vita davanti, che hanno scelto, per pochi minuti, magari senza valutare la gravità del gesto, di sposare idee che la storia ha già condannato.

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