«La vera giovinezza risiede e fiorisce in chi non si chiude alla vita. Essa è testimoniata da chi non rifiuta il suo dono - a volte misterioso e delicato - e da chi si dispone a esserne servitore e non padrone in se stesso e negli altri».Si apre con queste parole il messaggio del Consiglio episcopale permanente per la 34ª Giornata nazionale per la vita, che verrà celebrata domani nelle parrocchie e non solo. Il titolo scelto dai vescovi è “Giovani aperti alla vita”, e proprio sui giovani si sviluppa il messaggio, laddove afferma: «Educare i giovani a cercare la vera giovinezza, a compierne i desideri, i sogni, le esigenze in modo profondo, è una sfida oggi centrale. Se non si educano i giovani al senso e dunque al rispetto e alla valorizzazione della vita, si finisce per impoverire l’esistenza di tutti, si espone alla deriva la convivenza sociale e si facilita l’emarginazione di chi fa più fatica». Come da tradizione nei messaggi precedenti, anche nel messaggio di quest’anno i Vescovi fanno riferimento al tema centrale della difesa della vita dal suo sorgere al suo tramonto naturale. Affermano infatti che «l’aborto e l’eutanasia sono le conseguenze estreme e tremende di una mentalità che, svilendo la vita, finisce per farli apparire come il male minore: in realtà, la vita è un bene non negoziabile, perché qualsiasi compromesso apre la strada alla prevaricazione su chi è debole e indifeso».Le gravi situazioni di tensione e crisi sociale ed economica che si registrano in questi ultimi tempi sono considerate dai Vescovi che indicano alcuni aspetti particolari: «In questi anni - scrivono nel messaggio - non solo gli indici demografici ma anche ripetute drammatiche notizie sul rifiuto di vivere da parte di tanti ragazzi hanno angustiato l’animo di quanti provano rispetto e ammirazione per il dono dell’esistenza». «Sono molte le situazioni e i problemi sociali a causa dei quali questo dono è vilipeso, avvilito, caricato di fardelli spesso duri da sopportare. Educare i giovani alla vita - proseguono - significa offrire esempi, testimonianze e cultura che diano sostegno al desiderio di impegno che in tanti di loro si accende appena trovano adulti disposti a condividerlo». Quale risposta al bisogno di esempi e di senso che sale dal mondo giovanile, i Vescovi annotano: «Per educare i giovani alla vita occorrono adulti contenti del dono dell’esistenza, nei quali non prevalga il cinismo, il calcolo o la ricerca del potere, della carriera o del divertimento fine a se stesso».Insegnare il valore della vita non è - secondo i Vescovi - un qualcosa di semplice o astratto, ma esige coerenza e valori solidi. Scrivono infatti che «molti giovani, in ogni genere di situazione umana e sociale, non aspettano altro che un adulto carico di simpatia per la vita che proponga loro senza facili moralismi e senza ipocrisie una strada per sperimentare l’affascinante avventura della vita». Uno di questi adulti io l’ho incontrato, e lo dico con profonda convinzione: per tanti anni, una volta ogni mese, la mia sposa ed io l’accoglievamo a casa nostra, dopo una giornata di intenso lavoro gratuito per le mamme e le giovani del Consultorio Centro per la famiglia. Ricordo come il primo dei nostri tre figli rimanesse colpito dalla grande umiltà che celava la sua profonda saggezza: il suo tema preferito era la vita, e lui ce la trasmetteva con la sua stessa persona. «La vita è un dono di Dio» diceva e ci raccontava la sua origine. Ringrazio il Signore per l’onore di aver conosciuto il dottor Giancarlo Bertolotti di Sant’Angelo Lodigiano, medico presso la Clinica Ostetrica di Pavia, scomparso in un incidente stradale il 5 novembre 2005 all’età di 65 anni. Proprio in un’occasione come questa vogliamo ricordare un vero testimone, un angelo per tante mamme e per tanti giovani che si preparavano ad aprirsi alla vita. Ci dona tanta gioia ricordare Giancarlo verso il quale abbiamo un debito di riconoscenza e crediamo che sia importante farlo conoscere ad altre persone e alle nuove generazioni. Abbiamo tutti bisogno di testimoni autorevoli, come ci dicono gli stessi Vescovi. Uno dei temi che più lo appassionavano era quello dell’educazione, dei giovani, degli adulti, degli sposi; educazione alla vita, educazione all’amore coniugale, alla sessualità il tutto orientato alla piena realizzazione dell’essere umano, secondo un modello che è Gesù e che troviamo descritto nel Vangelo. La sua è stata una chiamata alla vita, una chiamata che la Chiesa sente da sempre e da cui si lascia con forza interpellare e guidare. Per questo, la rilancia a tutti - adulti, istituzioni e corpi sociali -, perché chi ama la vita avverta la propria responsabilità verso il futuro. «Molte e ammirevoli sono le iniziative in difesa della vita, promosse da singoli, associazioni e movimenti, - annotano i Vescovi -. È un servizio spesso silenzioso e discreto, che però può ottenere risultati prodigiosi. È un esempio dell’Italia migliore, pronta ad aiutare chiunque versa in difficoltà».In conclusione il messaggio ricorda che «chi ama la vita non nega le difficoltà: si impegna, piuttosto, a educare i giovani a scoprire che cosa rende più aperti al manifestarsi del suo senso, a quella trascendenza a cui tutti anelano». Come aveva fatto con tanta passione il nostro grande amico medico. «Subito santo» come disse monsignor Paolo Magnani, già vescovo di Lodi, durante le esequie nella basilica di Sant’Angelo Lodigiano. Oggi, lo diciamo con trepidazione, è più che un auspicio perchè Giancarlo è “Servo di Dio”. «La vera giovinezza si misura – concludono i Vescovi - nella accoglienza al dono della vita, in qualunque modo essa si presenti con il sigillo misterioso di Dio».
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