Genitori giusti, maestri intelligenti

D’Alembert, filosofo, illuminista francese del settecento, quando filosofava con gli amici amava ripetere: «Per cortesia amici, prima i fatti e poi le opinioni». A furia di andare avanti con questa convinzione divenne Accademico di Francia. Chissà che un domani non diventi anch’io un Accademico della Crusca (non quella che si mangia). Non mettiamo limiti alla Provvidenza. Perché? Perché anch’io amo osservare i comportamenti, esprimere pareri e opinioni, per trarre alla fine delle conclusioni. E’ stato così anche la scorsa settimana. Mi sono recato in pizzeria per portare a casa due pizze d’asporto e talvolta rimanere in attesa, si rivela un’ottima occasione per osservare il comportamento della gente. Cosa ancor più interessante è quando certi comportamenti non sono altro che lo specchio dei tempi. I fatti. A un tavolo è riunita la classica famiglia, una come tante, genitori e due figli tutti a gustare una pizza. Ma qualcosa attira la mia attenzione. I due ragazzini (l’esperienza mi dice in età di scuola media) mangiano la pizza già tagliata a pezzetti dai genitori perché i signorini, incuranti di quanto accade tutt’attorno, giocano e messaggiano con gli smartphone. Di tanto in tanto, senza controllo, mandano giù un pezzo di pizza che pare essere un dettaglio in un contesto generale di ben altro interesse. Né una qualche osservazione parte dai genitori. Anche il papà, infatti, ha il suo bel da fare con il cellulare dal momento che continua a messaggiare sotto lo sguardo attento della consorte. In altre parole a quel tavolo vige uno strano silenzio. Nessuno parla. E non per la bocca piena, ma perché quasi tutti sono presi da altre faccende. Nemmeno un giudizio sulla bontà o meno della pizza servita. Condividere i pasti con gli strumenti elettronici condiziona negativamente ogni aspetto sociale e affettivo. La tecnologia ha preso il posto del dialogo. Il problema nasce non dal comportamento dei figli, ma da quello dei genitori. Se i genitori non sono capaci di educare i figli a vivere l’attimo a seconda delle situazioni della giornata, il risultato sarà, senza ombra di dubbio, quello di vedere la famiglia ammutolita attorno ai nuovi idoli offerti dal sistema produttivo. La fredda tecnologia ha sostituito il calore umano. Si ha la sensazione che la famiglia si ritrovi a suo agio soprattutto quando non parla, quando non sorride, quando non ascolta chi la pensa in maniera diversa, quando è completamente assente. Un quadretto famigliare che vive così nella certezza di non arrecare nessun disturbo a nessuno. Ognuno è preso dai propri interessi anche quando si è a tavola tra un boccone e l’altro senza rendersi conto nemmeno di quello che si sta mangiando. Questo nuovo modo di vivere sta distruggendo un rapporto dal momento che si preferisce comunicare con i lontani mediante un cellulare o un tablet piuttosto che discorrere a voce con chi ti è vicino. Nasce un nuovo modo di vivere l’affetto. Pare che la gente oggi non abbia più voglia di incontrarsi: preferisce il messaggino. Gli auguri? Si mandano mediante un messaggino o una mail. Scambiarsi riflessioni su qualche problema? Si ricorre ai social network. Un dialogo de visu a più voci? Meglio la mailing list. Non si ha più l’occasione di guardarsi in faccia o meglio ancora di guardarsi negli occhi. Eppure gli sguardi hanno la loro importanza soprattutto con i figli. Lo sguardo di un insegnante, di una madre o di un padre è talvolta più educativo di qualsiasi tipo di rapporto. A volte a un genitore basta una semplice occhiata per farsi capire dai figli o per metterli in riga. E invece oggi tutto avviene secondo le regole virtuose del metodo on-line, a distanza, perché evidentemente stare vicini spaventa. La comunicazione è cambiata. Ha perso molto di socialità e di affettività. Recentemente l’università americana del Minnesota ha portato avanti uno studio, con il coinvolgimento di duemila famiglie, sull’uso di dispositivi elettronici in famiglia durante i pasti. E’ stato dimostrato che smartphone e tablet sono ampiamente utilizzati anche durante i pasti soprattutto da famiglie con bassi livelli di comunicazione. Una tesi avvalorata anche da Andrea Vania, docente alla Sapienza di Roma e consulente della Società Italiana di Pediatria, nel sostenere che «la tecnologia fa parte della vita di figli e dei genitori, che danno essi stessi il cattivo esempio rimanendo connessi agli smartphone e ai telefonini mentre mangiano». E’ proprio il caso di dire: quanto danno può causare l’ignoranza! Per Nicolò Cusano, filosofo, teologo e umanista, «se non si è ignoranti non è possibile capire le cose che stanno più in alto». Dunque l’ignoranza talvolta è un toccasana quasi necessaria per meglio capire una situazione. Ora capisco perché Celentano si definisce «Il re degli ignoranti» tanto da incidere persino un album. Talvolta negli spettacoli ostenta la propria ignoranza quasi a titolo di merito. A dire il vero anche Socrate ripeteva spesso «so di non sapere». Ma allora vuoi vedere che Adriano oltre che un grande cantante è anche un illustre filosofo? In altre parole ignorare le conseguenze che possono derivare da certi comportamenti significa pregiudicare in modo accentuato il rapporto tra persone. Del resto per mantenere vivo un rapporto, occorre che ci sia un minimo di conversazione, mancando la quale tra due o più persone non può nascere nulla. Ancor peggio se queste persone sono legate da amore e affetto parentale. Quando il silenzio si sostituisce alla comunicazione, quando il silenzio diventa il protagonista del dialogo in famiglia, allora vuol dire che genitori e figli lasciano ai gesti e ai comportamenti la forza del dialogo con tutti i rischi che da questo ne possono derivare. Prende forza una sorta di analfabetismo affettivo, compensato da una ricchezza comunicativa di massa, resa tale dall’icona planetaria del web, degli sms, delle chat, rendendo così il rapporto una corsa ad ostacoli. «Beati coloro che all’inizio hanno avuto i genitori giusti, gli amici affettuosi e i maestri intelligenti – ci ricorda John Locke -. Oggi se siamo quelli che siamo lo dobbiamo a loro».

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