Gang dei treni: «Sono ragazzi di famiglie a posto»

Rapine, furti ed estorsioni su treni e bus: interrogati in teleconferenza i sei giovani in carcere

«I genitori sono più che a posto». «Si è trasferito in Veneto e ha un lavoro fisso». Così i difensori raccontano le storie che stanno dietro ad alcuni dei sei ragazzi che venerdì scorso sono finiti in carcere all’esito di un’indagine della Procura di Lodi coordinata dal pm Sara Zinone e condotta dai carabinieri della compagnia di San Donato Milanese e dalla squadra mobile della questura di Lodi su una serie di aggressioni, scippi, rapine andati in scena dapprima sugli autobus diretti a Milano lungo la Paullese e poi sui treni del “passante” S1 tra Lodi e Milano, in più occasioni sulla corsa delle 18.23 verso il capoluogo; 17 gli episodi contestati tra giugno e dicembre dello scorso anno, con poca gente in giro per i divieti o solo per la paura del covid: così la banda ha agito spesso senza testimoni.

Non servivano armi o coltelli, bastavano la prepotenza e il fatto di essere in gruppo. A volte il bottino è stato di soli 20 euro, un orologio da polso da pochi soldi, piuttosto che telefoni cellulari che, quando andava bene, erano smartphone da centinaia di euro. «Da quel poco che finora è dato sapere dell’indagine, tutti e sei si conoscevano - spiega l’avvocato lodigiano Simona Stringhini, uno dei difensori - ma è ancora presto per una linea difensiva sui singoli episodi e per capire come siano iniziate le attività illecite che vengono contestate». Ieri gli interrogatori di garanzia in videoconferenza. Il suo assistito, si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Posso solo fare una considerazione: se avesse avuto bisogno di 20 euro, i genitori glie li avrebbero dati».

«Le accuse riguardano reati che da codice sono gravissimi ma che hanno portato profitti irrisori - spiega un altro dei difensori, Pietro Gabriele Roveda - probabilmente le ragioni vanno cercate in dinamiche di gruppo». Dei sei arrestati, uno solo, un 21enne, romeno, era già in cella da dicembre, indiziato di aver rapinato un ragazzino in stazione a Lodi, gli altri, tre italiani, un nigeriano e un cubano, tra i 20 e i 26 anni, hanno visto per la prima volta il carcere. Alcuni però erano già noti alle forze dell’ordine.

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