Le presidenziali francesi hanno sempre il loro fascino, tanto più in questa Europa disorientata. Il primo turno non è chiamato a dare risposte, ma piuttosto a dare voce alle tendenze. Ne possiamo allora sottolineare tre. La prima è l’alta partecipazione, forse favorita proprio dal rilievo tradizionale dell’appuntamento e dall’ampia offerta politica presentata. La seconda considerazione è collegata: l’area della protesta, espressa cioè da candidati che si vogliono collocare fuori dal sistema tradizionale, è significativa, ma in complesso, tanto sulla destra che sulla sinistra “radicali”, resta largamente minoritaria e non sembra proporre una situazione di delegittimazione forte.
Insomma, l’ara della competizione “utile” per il governo, che è bipolare, anche per effetto del sistema elettorale, si restringe, ma resta maggioritaria: i due candidati maggiori infatti, hanno ottenuto qualcosa di meno del 60%, qualcosina in più rispetto ai sondaggi. Insomma – è la terza considerazione – le grandi famiglie politiche, pur restando ciascuna sotto la soglia psicologica del 30%, restano saldamente in campo. Ma sono consapevoli della necessità di rimodularsi. Sull’onda del vento di quella che definiamo “antipolitica”, tanto il presidente uscente, quanto il suo sfidante, hanno scelto di assecondare i toni, gli umori profondi dell’elettorato che, comunque sia, pur rifiutando le sirene della protesta, vuole qualcosa di nuovo, nel senso di serio e affidabile. Così i socialisti hanno scelto il poco profilato Hollande e Sarkozy ha dovuto molto disciplinarsi.
I tempi sono molto cambiati, rispetto a cinque anni fa, e l’elettorato, preoccupato e deluso, non ha voglia di seguire le stupefacenti evoluzioni di acrobati e saltimbanchi. Pretende credibilità.
Non è un caso che mai un presidente uscente sia arrivato secondo al primo turno e sia sensibilmente sotto nei sondaggi per il ballottaggio.
Al di là dell’esito del ballottaggio, tra quindici giorni, e dell’“effetto alternanza”, che ovviamente è un’eventualità tutt’altro che remota in tempi di crisi, l’interesse delle presidenziali francesi è insomma soprattutto sui processi più strutturali. Oggi, infatti, in Europa, c’è bisogno di buona politica, per dare risposte di governo a processi economici e strategici di crisi e ristrutturazione che implicano il ruolo delle istituzioni europee e l’influenza dei principali Paesi sulle stesse.
La cosiddetta antipolitica, che forse si può meglio definire protesta radicalizzata, risponde alla vecchia legge della domanda e dell’offerta e, più in profondità a quello che in latino si definisce “horror vacui”. Il vuoto viene inevitabilmente riempito. Per questo bisogna essere molto rigorosi sulla qualità. Dalla Francia viene qualche indicazione. Anche per preparare le campagne elettorali del prossimo anno, nei due vicini e partner storici della Francia, la Germania e l’Italia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
     
             
            