Fontana: «Non tollero dubbi sulla mia integrità. Sono convinto che un giorno la verità verrà a galla»

Arringa di un’ora del governatore lombardo che in consiglio regionale respinge al mittente tutte le accuse sull’inchiesta per il caso camici

Non è ancora arrivata la convocazione in procura, se mai giungerà, ma il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, avvocato prestato alla politica, al Pirellone si produce in un’arringa difensiva. La vicenda calda è l’inchiesta di Milano sulla fornitura da 500mila euro alla Regione attraverso Aria, la centrale acquisti di Palazzo Lombardia, di 75mila camici da parte della Dama Spa, società di proprietà del cognato Andrea Dini, di cui la moglie di Fontana ha il 10% delle quote. Il presidente, sotto inchiesta per frode in pubbliche forniture, respinge al mittente le accuse. Lo fa punto per punto, anche se poi dal M5S arriva una richiesta di dimissioni e il Pd si dice pronto a valutare «lo strumento più efficace per far cadere Fontana».

«Sono tuttora convinto - dice il governatore - che si sia trattato di un negozio del tutto corretto. Ma poiché il male - così come il bene - è negli occhi di chi guarda, ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento per evitare polemiche e strumentalizzazioni e di considerare quel mancato introito come un ulteriore gesto di generosità». E non solo: «Su questo aspetto sono stato facile profeta. La magistratura sta lavorando proprio su questo punto, ipotizzando, secondo le ricostruzioni della stampa, una diversa ricostruzione relativa ad un mio coinvolgimento nei fatti».

Fontana non si scompone nel suo intervento in Consiglio regionale durato oltre un’ora, che è anche un resumé della sfida al Covid-19. Ma vuole mettere dei punti fermi. Il primo: «Le critiche alle mie azioni di governo sono legittime, anzi doverose purché tengano conto della realtà. Non posso tollerare che si dubiti della mia integrità e di quella dei miei familiari». Il secondo: «Non è vero che la rinuncia al pagamento, definita ’donazione’ con spirito del tutto irridente e poco nobile, sia dipesa dalla presenza di Report, che già stava interessandosi alla fornitura camici». Ma il governatore insiste anche sul fatto che «si è trattata di decisione spontanea, volontaria e dovuta al rammarico nel constatare che il mio legame di affinità aveva solo arrecato svantaggio ad una azienda legata alla mia famiglia. E così quel gesto è diventato sospetto, se non addirittura losco».

Un misto di sentimenti nel discorso di Fontana. Che, anche a proposito della gestione dell’emergenza coronavirus, sintetizza: «Sono convinto che giorno dopo giorno la verità verrà a galla». Per il governatore, in ogni caso, «l’inchiesta di Report è stata annunciata con toni scandalistici» e «la vicenda è stata divulgata dalla più diffusa disinformazione». Dopo una mattinata al Pirellone, forte del sostegno del centrodestra compatto e del gruppo leghista, che mostra le bandiere con la Rosa camuna della Lombardia urlando il suo nome, Fontana su Facebook si sfoga così: «Da avvocato ho studiato anni di diritto, mi rattrista vedere come da 72 ore sono emersi particolari di indagine, elementi che in pochi potevano conoscere e che temo siano finalizzati a destabilizzare un solido governo regionale e non di certo per giungere ad una verità processuale». Sta di fatto che, dopo aver chiesto al governo Conte di dare risposte chiare in vista di un autunno ’caldo’ e aver battuto il tasto ancora una volta sulla richiesta di autonomia, il governatore leghista non le manda a dire in chiusura del suo intervento, a tratti accorato: «Sono il presidente che non si è arreso al Covid-19 e non intende arrendersi dinanzi a nulla. Intendo guidare con orgoglio, con rinnovato entusiasmo e con immutata responsabilità questa Regione guardando al futuro. La Lombardia è libera e, come tale, va lasciata».

© RIPRODUZIONE RISERVATA