Fine vita, un punto di partenza

Per oggi, martedì 28 giugno è nuovamente all’ordine del giorno dell’Aula della Camera dei deputati il seguito della discussione del testo unificato (n. 2350-A), proveniente dal Senato, e delle abbinate proposte di legge, recanti Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.Con “Dichiarazioni anticipate di trattamento” s’indicano documenti con i quali una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato.Conviene, oggi, ricordare che nel 2003 c’è stato un importante intervento del Comitato nazionale di bioetica, l’organo consultivo del governo, che ha il compito di esprimersi su delicate questioni etiche e orientare così la creazione di nuove leggi in materia. Il Comitato ha studiato i testi più rilevanti nel piano nazionale e internazionale sul tema, giungendo ad affermare che a livello etico, di per sé, non esistono obiezioni nei confronti delle Dichiarazioni di trattamento. A fronte di questo consenso di principio, tuttavia, ha riconosciuto che è possibile avanzare alcune riserve in ordine alla struttura e alle modalità di attuazione di tali documenti. Nel parere del 2003 si metteva in luce, in particolare, il rischio di astrattezza e ambiguità delle Dichiarazioni per quanto riguarda le indicazioni operative in esse contenute, la loro vincolatività e la loro implementazione. Infatti, è difficile riuscire a prevedere nel particolare come si evolverà una malattia o come il paziente si troverà nella situazione del fine vita. Questo è un limite reale che oggettivamente rimane, a fronte di altri elementi certamente positivi, che spingono a scrivere le Dichiarazioni anticipate; come, ad esempio, la responsabilità che la persona avverte nei confronti del momento della malattia, della sofferenza e della morte.Non si deve dimenticare, poi, come il Comitato nazionale di bioetica abbia messo dei chiari e inequivocabili limiti a tali Dichiarazioni. Esse non devono in alcun modo essere intese come una pratica che possa indurre o facilitare logiche di abbandono terapeutico. L’impegno del medico non termina quando si è certi che il paziente non si ristabilirà; al contrario, continua con il prendersi cura, giungendo, persino, alla somministrazione dei necessari palliativi per affrontare il dolore. Sono legittime solo quando rispettino i seguenti criteri generali: abbiano carattere pubblico, siano fornite di data, redatte in forma scritta, da soggetti maggiorenni, capaci di intendere e di volere, informati, autonomi e non sottoposti ad alcuna pressione; soprattutto, non contengano disposizioni aventi finalità eutanasiche, che contraddicano il diritto positivo, le regole di pratica medica, la deontologia; siano tali da garantire la massima personalizzazione della volontà del futuro paziente, non consistendo nella mera sottoscrizione di moduli prestampati, siano redatte in maniera non generica, auspicabilmente con l’assistenza di un medico, che possa controfirmarle. Già nel 2003 il Comitato nazionale di bioetica riteneva assolutamente opportuno che il legislatore intervenisse al più presto su questa delicata materia. Come è pensato il rapporto con il medico in questo contesto? Egli deve seriamente prendere in considerazione le Dichiarazioni del paziente. Tuttavia, all’interno di quel rapporto medico-paziente, descritto come un’alleanza terapeutica. Nel concreto le decisioni del paziente non possono essere vincolanti per il medico. E questo per diversi motivi. Il quadro clinico può essere molto diverso da quello ipotizzato, ad esempio, ma soprattutto le Dichiarazioni potrebbero contenere indicazioni di prolungare la vita a tutti i costi, giungendo all’accanimento terapeutico. La logica dell’alleanza terapeutica conduce a considerare il medico né come il soggetto di decisioni insindacabili, né come il mero esecutore di volontà altrui. In scienza e coscienza il medico può e deve disporre, se è il caso, diversamente rispetto alle Dichiarazioni scritte. Per serietà, chiede il Comitato, egli espliciterà formalmente in cartella clinica le ragioni della sua decisione. Infine, le Dichiarazioni anticipate potrebbero eventualmente indicare i nominativi di uno o più soggetti fiduciari, da coinvolgere obbligatoriamente, da parte dei medici, nei processi decisionali. Le indicazioni offerte dagli esperti del Comitato nazionale di bioetica restano la strada da percorrere per giungere finalmente ad una legge in materia.

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