Europa, cooperare o scomparire

Cooperare o scomparire, questo è il destino che attende i singoli stati dell’Unione Europea. Fino a questo momento la politica fiscale europea è stata di tipo restrittivo, tutti gli stati indistintamente sono stati incoraggiati ad attuare politiche fiscali restrittive. Ciò ha comportato un calo in tutti i paesi del Pil ad eccezione della Germania che solo grazie all’export e in parte ai consumi è riuscita a crescere dell’1% nel terzo trimestre. Non accettando la Germania di diventare la locomotiva d’Europa l’unica possibilità di crescita per l’Europa viene dall’andamento della congiuntura economica mondiale che purtroppo ha iniziato a rallentare. In particolare è prevista per l’anno 2012 una crescita del commercio mondiale pari al 3,2% a fronte di un +5,8% del 2011.

L’intervento della Banca Centrale Europea che ha rassicurato i mercati finanziari su un suo intervento per evitare il fallimento dei singoli stati europei ha dall’altra parte rafforzato la valuta europea nei confronti del dollaro non incoraggiando così l’esportazione delle merci europee. Oltre alla Germania solo l’Italia è riuscita a mantenere in attivo la sua bilancia commerciale a settembre per circa 400 milioni di euro portando il saldo nei primi 9 mesi dell’anno a 4,1 miliardi.

Sempre nei primi nove mesi le esportazioni sono aumentate del 3,5% frutto di una diminuzione dello 0,9% dei volumi a cui ha corrisposto un aumento del 4,5% dei valori medi unitari; le importazioni nello stesso periodo sono scese del 6% in valore grazie a un calo del 10,1% dei volumi bilanciato da un aumento dei valori medi unitari del 4,5%.

I valori medi unitari delle esportazioni sono cresciuti come quelli delle importazioni questo lascia ben sperare perché gli esportatori sono riusciti a vendere non sacrificando i prezzi. Per l’Italia questi dati continuano ad essere l’unico segnale di speranza per l’uscita dalla crisi.

La mancanza di cooperazione tra gli stati europei non limita però gli aggiustamenti che l’economia reale ha iniziato a produrre in un mercato unico che si è dato regole comuni sulla libera circolazione delle merci e delle persone all’interno dei singoli stati. Due in particolare hanno iniziato a produrre i loro effetti: l’emigrazione dei lavoratori all’interno dei paesi europei e la differenziazione dei livelli salariali.

Nel 2012 è ripresa l’emigrazione di greci, portoghesi, spagnoli e italiani nella Germania dove è più facile trovare lavoro.

Inoltre poiché ogni singolo paese non può più svalutare per recuperare competitività nelle merci ma usa un’unica moneta, l’unica leva per ritrovare la competitività è agire sui salari. In questi mesi i salari in Germania sono cresciuti su valori superiori all’inflazione e di questo ne ha beneficiato l’economia con una crescita dei consumi; negli altri paesi come l’Italia invece la crescita è stata inferiore all’aumento dei prezzi. Questo fenomeno aiuta un allineamento dei costi di produzione ma provoca perdita del potere di acquisto dei lavoratori con conseguente diminuzione dei consumi.

Solo interventi di tipo fiscale e previdenziale con l’obiettivo di abbassare l’imposizione sui redditi possono riportare i salari su valori più adeguati. Un’altra possibilità di riallineamento è data da un aumento della produttività del lavoro e del capitale che può essere ridistribuita ai lavoratori. In questa soluzione occorre favorire la contrattazione aziendale (di secondo livello) e non quella nazionale che avvantaggia tutti indistintamente rischiando di far così chiudere le imprese meno produttive.

Questa vitalità dimostra che oltre l’economia della moneta e della finanza anche quella reale inizia a integrare l’Europa.

Quello che manca è purtroppo l’azione dei politici che rischiano scegliere misure con una visione corta e di tipo populistico che finiscono per danneggiare i singoli paesi così come indicato da Draghi in uno dei suoi ultimi discorsi: “Lungo il cammino dobbiamo farci guidare dal principio secondo cui nessun paese è legittimato a condurre politiche che danneggiano gli altri membri… senza la condivisione della sovranità nazionale a livello europeo la stessa sovranità dei singoli stati è in pericolo.”

Un esempio negativo che si studiava a scuola è quello dei comuni e delle signorie in Italia nel Rinascimento: in quegli anni ognuno piuttosto che cooperare con chi gli era vicino chiamava gli eserciti stranieri per distruggerlo finendo per perdere completamente la propria autonomia.

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