ESCLUSIVO Covid, cosa è successo realmente: la task force sperava si fermasse

Il racconto attraverso i verbali desecretati degli esperti del ministero della Salute

“Vi è un decremento della crescita dei casi a livello internazionale”. Così esordiva il verbale della riunione del 21 febbraio 2020 della task force Coronavirus presso il ministero della Salute, gruppo di lavoro che era stato istituito il 22 gennaio. Gli esperti, nel primo loro incontro a Roma, prendevano atto che “le strutture periferiche del ministero della Salute sono adeguatamente allertate e preparate a fronteggiare tanto l’attuale situazione quanto eventuali scenari di maggiore criticità”.

I verbali delle riunioni, dal 22 gennaio fino al fatidico 21 febbraio dello scorso anno, quando in nottata il Governatore Fontana rendeva noto il primo caso di coronavirus con contagio in Italia, il 38enne di Codogno, sono stati recentemente desecretati, a seguito della battaglia del parlamentare di Fdi Galeazzo Bignami con tanto di ricorso al Tar.

Le polemiche non erano mancate, a partire dalla spedizione di materiale sanitario in Cina, intanto però emerge che il Lodigiano, fino al”paziente 1”, era ben lontano dai pensieri e dalle preoccupazioni di tutti gli esperti.

Il 23 gennaio veniva inviato un dispaccio a tutte le forze armate ma intanto la task force si dava come obiettivo di “informare i cittadini circa la non pericolosità di giocattoli e abbigliamento made in China e di sollecitare l’Organizzazione mondiale della Sanità animale affinché confermi la non pericolosità” del Covid 19 “ da e per gli animali”. La “strage di visoni” contagiati nel Nord Europa sarebbe stato affare di alcuni mesi dopo e solo oggi il professor Galli sta effettuando una delle prime ricerche in Italia, proprio a Castiglione d’Adda, sul contagio degli animali domestici, ma la task force italiana evidentemente aveva già certezze prima di qualsiasi riscontro scientifico.

Il 24 gennaio i casi a livello internazionale sono 830 e si concentra l’attenzione sugli aeroporti internazionali di Malpensa e Fiumicino, riguardo ai controlli sui voli diretti dalla Cina, con prove della temperatura.

Il 25 gennaio si prende atto che a Malpensa non c’è ancora un termo-scanner. Il 26 gennaio ci si rende conto che bisognerebbe monitorare anche i passeggeri arrivati dalla Cina prima del 23 gennaio. Il 27, i casi ufficiali nel mondo sono 2.014 e i morti 56, con saturazione dei posti letto in diversi ospedali cinesi. Il 28 gennaio, viene pubblicata in Gazzetta ufficiale la prima ordinanza del ministro della Salute.

Il 29 gennaio la task force prende atto di 4 casi in Germania, in aggiunta ai 3 dei giorni precedenti in Francia, e dispone di avviare ricerche di mercato per la fornitura di mascherine, tute e guanti. Il 30 gennaio, la sintesi del verbale riporta la “criticità del punto sulle scuole” ma senza indicare chi e come abbia sollevato la questione.

Il 31 gennaio, con 7.818 casi noti nel mondo, l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara lo stato di emergenza sanitaria internazionale e sul tavolo finisce il percorso dei due turisti cinesi che il giorno prima hanno avuto la diagnosi di coronavirus e che il 23 gennaio erano arrivati a Malpensa. Vengono bloccati tutti i voli diretti dalla Cina.

L’1 febbraio vengono bloccati gli aerei cargo che trasportano attrezzature mediche e medicinali verso la Cina. Il 2 febbraio viene illustrato alla task force che “l’infezione asintomatica è rara” e che “la trasmissione da parte dei casi asintomatici è rara”. Un altro tema sul quale negli ultimi 14 mesi si è sentito dire di tutto e di più. E infatti già il 3 febbraio si discute del fatto che “le persone alla fine dell’incubazione sono contagiose” e che “il virus si diffonde con la tosse” (fosse solo quello...). Emergono altri 2.600 casi in un giorno in Cina ma nessun nuovo caso in altri continenti. Viene disposta la prova della temperatura per tutti gli arrivi dai voli internazionali. Secondo lo Spallanzani “è probabile che il virus si attenui nelle prossime settimane”.

Il 4 febbraio emergono altri due casi in Germania e un decesso nelle Filippine e si comincia a pensare a laboratori regionali per la tipizzazione dei virus. Il 5 febbraio ci sono già 67 passeggeri in osservazione all’ospedale militare della Cecchignola a Roma e Aifa autorizza l’uso “compassionevole” di un farmaco contro l’Aids per i casi di Covid. Il 6 febbraio si prende in considerazione l’aumento dei posti di terapia intensiva negli ospedali.

Il 7 febbraio si prende atto che in Germania un solo caso avrebbe infettato 13 persone ma che “il virus non è arrivato in Italia perché non si è verificata alcuna trasmissione di virus”. L’8 febbraio si registra il primo decesso in Italia per coronavirus. Ma sarebbe un caso importato. Emerge che due malati di Taiwan qualche giorno prima avevano viaggiato sul treno Italo tra Firenze e Roma. Il 9 febbraio i casi nel mondo sono oltre 34mila. Il 10 febbraio emerge il primo caso nel Regno Unito, dove l’11 febbraio emerge che c’è una trasmissione locale del Covid così come in Francia e in Spagna.

Il 12 febbraio si valuta di vietare la vendita di dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti) ai privati, perché emerge una disponibilità limitata, riservandoli al Sistema sanitario nazionale. Il verbale del 13 febbraio non risulta diffuso. In quello del 14 si prende atto che i casi cinesi sono diventati 60mila, essendo subentrato anche il dato degli asintomatici grazie alla disponibilità di test genetici. Il 15 febbraio si esprime preoccupazione per la mancanza di sistemi di diagnosi in Africa. Il 16 febbraio si valuta di condividere un Piano di intervento tra tutte le regioni. Il 17 si prende atto che i casi in Europa sono 47, e si dispone di far installare gel igienizzanti per le mani in stazioni e aeroporti. Il 18 febbraio arrivano dati dalla Cina che legano i decessi con Covid a malattie cardiovascolari, ipertensione e diabete. Il 19 si parla ancora di “un rallentamento della diffusione” nel mondo. Il 20, il giorno prima dell’inizio del disastro, si ragiona su un modello predittivo di Gimbe che viene però messo in dubbio “perché un paziente può contagiare un numero indeterminato di persone”.

Tornando infine all’ultimo verbale reso noto, quello del 21 febbraio, si registra la presenza in videocollegamento del prefetto di Lodi Marcello Cardona che auspica da subito un punto informativo per la popolazione e rende noto che si sta cercando una struttura per l’isolamento dei malati tra Milano e Lodi. Viene disposta anche la ricerca del “malato 0”, che non verrà mai individuato.

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