Elementari con bocciati e ribocciati

Sale di tono la polemica dopo l’inaspettata bocciatura di cinque alunni di prima elementare tra cui tre stranieri e uno diversamente abile presso la scuola elementare «Giulio Tifoni» di Pontremoli in provincia di Massa Carrara. La decisione del consiglio di classe, com’era prevedibile, non è stata capita né tanto meno accettata. Anzi la situazione si va ingarbugliando sia dal punto di vista prettamente scolastico che da quello giuridico. Intanto dalla Direzione Scolastica Regionale della Toscana sono arrivati gli ispettori con tanto di invito al preside di riconvocare il consiglio di classe e ai docenti di rivedere le proprie decisioni. In buona sostanza gli ispettori hanno invitato preside e docenti a «procedere al riesame dei provvedimenti di non ammissione». Il consiglio di classe nuovamente riunito ha però confermato le delibere già adottate e ha ri-bocciato i cinque alunni. Una decisione digerita male a tutti i livelli tanto che c’è chi spera in una iniziativa forte del Ministro con una promozione per decreto dei cinque bambini. Intanto la querelle si sposta nelle aule giudiziarie. Sul fronte giuridico, infatti, i genitori hanno promosso un ricorso al Tar contro la scuola per vedersi riconoscere il diritto di migliori condizioni di studio. L’iniziativa legale in sé, infatti, mette in discussione non tanto la decisione presa dal consiglio di classe, quanto le cattive condizioni di studio che i bambini hanno dovuto subire. Si parla con rabbia di classi troppo affollate, di «classi pollaio» che non hanno consentito ai docenti di seguire con la massima attenzione il piano formativo degli alunni, con la conseguenza di abbandonare al proprio destino gli alunni più deboli. E’ come dire che a farne le spese sono stati i bambini con problemi di apprendimento, considerati vittime di un sistema che, in quanto a formazione classi, non ammette soluzioni diverse da quelle messe in atto. Intanto, come spesso capita in simili casi, l’opinione si divide tra difensori e accusatori. La decisione presa dai docenti se da una parte sia pur con diverse motivazioni è condivisa dal Dirigente Scolastico e dal sindaco di Pontremoli, dall’altra è fortemente contestata dal comitato dei genitori e soprattutto dai alcuni politici. La questione, infatti, è approdata in Parlamento dove alcuni parlamentari hanno presentato interrogazioni al Ministro Profumo, sollecitando una presa di posizione nei confronti dei docenti e del dirigente della «Tifoni» per la contestatissima bocciatura. Il preside, da parte sua, continua a difendere l’operato delle maestre, amareggiate, ma serene e professionalmente convinte di aver agito nel massimo interesse dei bambini. Ciò che, invece, preoccupa il preside sono le pesanti dichiarazioni denigratorie che si levano contro le docenti sottoposte a forti pressioni psicologiche provenienti da certi ambienti che nulla hanno a che vedere con il mondo della scuola. Siamo di fronte a maestre chiamate a valutare degli allievi non solo nel rispetto di norme scritte e non scritte, ma anche nel rispetto di un compito affidato al buon senso, all’intuizione, alla propria professionalità. Un modo di lavorare che dovrebbe procedere (il condizionale è d’obbligo) senza quei condizionamenti che finiscono spesso per inquinare un lavoro difficile e delicato, portato talvolta anche a deludere aspettative di chi punta sui figli per onorare il prestigio famigliare. Con Pontremoli si riaffaccia con forza la tematica dell’opportunità di promuovere sempre e comunque anche in pendenza di obiettivi minimi non raggiunti. D’accordo, molti vedranno in questo spiacevole episodio il fallimento della scuola, le colpe di una classe docente portata più a selezionare che a recuperare i più deboli, più a rincorrere il tempo che a rispettare i diversi tempi di apprendimento, più a dimenticare gli ultimi che a trascurare i primi. Ma la risposta a tutto questo non può che essere una: non esiste l’ammissione automatica alla classe successiva. Al contrario esiste un processo di valutazione del percorso scolastico di ogni singolo alunno che rientra nelle specifiche prerogative dei docenti chiamati ad applicare, a volte sia pur con rammarico e in modo impopolare, le leggi dello stato fatte proprio da quei politici, alcuni dei quali preferiscono salire in cattedra, pontificare e magari contestarne l’applicazione. Questa vicenda finita su tantissimi quotidiani, ha consentito ad alcuni di ricordare l’opera pedagogica di Don Milani e la sua scuola di Barbiana. Un’opera che non faceva mistero nell’accusare la scuola di quegli anni protesa a «curare i sani e a respingere i malati». L’ombra della scuola di Barbiana torna, dunque, ad oscurare i processi formativi in atto nella scuola di oggi, torna a mettere in dubbio le effettive capacità professionali di chi poco o nulla fa per gli ultimi della classe. Eppure la scuola di oggi deve fare continuamente i conti con una realtà in continua evoluzione che chiede forse troppo e che non lascia scampo a chi è investito di precise responsabilità. Come si può, ad esempio, non dare importanza al raggiungimento di precisi obiettivi formativi? Questo vale per la scuola elementare, ma vale anche per tutti gli altri ordini di scuola. Può essere data a un medico la possibilità di curare gli ammalati senza sapere come affrontare le patologie? Può risultare affidabile l’opera di un ingegnare arrivato al traguardo grazie a un cammino formativo lacunoso e superficiale? E come giustificare la promozione anche di chi non merita, guardando in faccia chi quella promozione se l’è dovuta sudare con umiltà, impegno e sacrificio? Sono domande che potrebbero contribuire a far cambiare opinione su quanta serietà va messa oggi nel pretendere rigore nello studio. «Se abbassiamo i nostri livelli non credo che facciamo il bene del Paese» ci ricorda, tra l’altro, il Ministro Profumo. Sono solo poche ragioni di fondo che devono portarci a meglio capire le motivazioni (sinteticamente rese alla stampa dal mio collega di Pontremoli, ma, chissà perché poco divulgate) che hanno indotto le maestre a prendere quella dolorosa decisione. Non sempre la bocciatura può essere un fatto negativo. Intanto è bene sapere che anche a Landriano, in provincia di Pavia, si registrano tre bambini bocciati in una classe prima elementare.

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