Economia regionale fiaccata dal Covid: l’export lodigiano perde 121 milioni

Il rapporto Assolombarda: preoccupano i dati relativi ai primi sei mesi del 2020 ma sono tornati quasi normali negli ultimi mesi i flussi di mobilità, un buon segnale

La Lombardia fatica più della media italiana a tirarsi fuori dalle secche imposte dal lockdown in conseguenze della pandemia da covid-19. Lo dimostrano gli indicatori del Booklet Economia del Centro Studi di Assolombarda. Pesano le connessioni internazionali del sistema produttivo lombardo, con l’export ancora in fortissimo calo per l’arretramento del commercio mondiale. Nel Lodigiano persi 121 milioni di euro di esportazioni nel primo semestre 2020, le ore di cassa integrazione in risalita a luglio. È tutta l’economia lombarda a faticare nel secondo trimestre 2020, nonostante i segnali di recupero dei mesi estivi. La diminuzione delle attività produttive lombarde stimata da Assolombarda è del -35 per cento a marzo, -45 per cento ad aprile, picco massimo del blocco sociale da pandemia, -22 per cento a maggio, -15 per cento a giugno (tutti dati leggermente peggiori rispetto ai valori della media nazionale). La produzione manifatturiera lombarda è calata del -10 per cento nel primo trimestre e del 12,7 per cento su base congiunturale (sul periodo precedente), del -10,1 per cento e del -20,7 per cento su base tendenziale (stesso periodo dell’anno precedente). L’andamento negativo si riflette sul mercato del lavoro: tra aprile e giugno 2020 le conseguenze sono state molto negative, con l’occupazione in calo a livello regionale di -110mila unità nel secondo trimestre dell’anno, il maggior calo registrato dal terzo trimestre 2009 (in piena crisi economica mondiale). Calano gli occupati indipendenti (-23mila) e quelli dipendenti (-87mila). Fortissimo il ricorso alla cassa integrazione: tra aprile e luglio sono state autorizzate 454 milioni di ore in Lombardia, il 45 per cento in più dell’intero 2010. In provincia di Lodi le ore autorizzate sono 8,8 milioni, il doppio rispetto al picco annuale dell’ultima serie storica, che si era toccato nel 2014 con 4,3 milioni di ore. Nello specifico, aprile è stato il mese con il maggior numero di ore autorizzate (3,9 milioni), ma dopo la ripresa di maggio (1,7 milioni) e giugno (1,2 milioni), soprattutto per portare a conclusione commesse e ordini pre-Covid non evasi a causa del lockdown, in luglio il ricorso alla cassa è tornato a crescere (2,1 milioni di ore). L’altra cartina di tornasole delle difficoltà del mondo del lavoro sono le assunzioni: in regione, a marzo 2020 sono state 57mila contro le 110mila di un anno prima, -48,5 per cento (-49,5 per cento in Italia). In Lombardia pesano soprattutto le assunzioni a termine, che crollano a 21mila rispetto alle 47mila di un anno prima, -54,5 per cento (-49,6 per cento in Italia).

Gli indicatori “soft” dei mesi estivi confermano la ripresa, ma anche la lentezza lombarda. I consumi elettrici sono a -10 per cento su base annua (-7 per cento in Italia), gli spostamenti per motivi di lavoro ai primi di settembre sono -34 per cento (-29 per cento in Italia) rispetto al periodo pre-covid. I flussi di mobilità delle persone in provincia di Lodi hanno superato i livelli pre-covid (13 gennaio-16 febbraio) solo a metà luglio (+2 per cento) e in genere dalla fine di giugno (-4 per cento) ai primi di settembre (-1 per cento) sembrano essersi stabilizzati, rispetto ai cali enormi registrati fino a fine maggio. Forse un segnale di lento ritorno alla nuova normalità.

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