Ebbero vicino un personaggio: il pidocchio

Durante la prima guerra mondiale c’erano ancora comandanti vecchio statuto che non ci pensavano due volte a sacrificare migliaia di soldati per conquistare pochi metri di terreno che avrebbero perduto subito il giorno dopo. Con Caporetto i nostri nemici insegnarono ben altro. Del primo periodo, detto “guerra di trincea”, mio padre mi raccontò particolari, spesso soltanto personali, di cui però sarebbe utile tener conto. Mio padre, Attilio Milanesi, classe 1895, soldato di leva nel 1914, mitragliere fino al 1918, fra le altre cose mi raccontò ciò che tenterò di scrivere qui di seguito. i tratta di un cosiddetto “atto eroico”, così come venne definito in quelle circostanze con un poco di umorismo. Da parecchi giorni erano fermi alla base di una cima sulla quale era collocata una postazione austriaca di mitragliatrice. la loro posizione era giudicata imprendibile, perché se appena si tentava di sporgersi dalla trincea si veniva immediatamente falciati da quella mitragliatrice. Non si sa quale importanza avesse quella cima, perché un giorno la nostra artiglieria concentrò il suo fuoco sulla postazione austriaca. Ciò consentì ai nostri di uscire dalla trincea. Così, mio padre con altri due o tre compagni, al grido di “Savoia! Savoia!” si lanciarono verso la postazione nemica e la occuparono. Trovarono però che era già stata abbandonata causa del bombardamento cui era stata sottoposta, ma l’assalto dei nostri soldati era stato apprezzato dai loro comandanti, che concessero loro una licenza - premio di due settimane. In quegli anni la famiglia Milanesi abitava a Maleo. Arrivato a casa sua, suo padre, Pedrìn Milanesi, viste le condizioni del figlio, gli impedì di entrare in casa, anche se la mamma e le sorelle morivano dal desiderio di abbracciano. Aveva osservato che il pellicciotto della divisa era pieno di pidocchi e ogni pelo portava una fila di lendini. Il figlio ne era totalmente infestato, perciò lo indirizzò verso la stalla. Pece accendere il pentolone del bucato fino a raggiungere il bollore. Il soldato potè così fare il bagno, mentre tutti i suoi abiti pieni di pidocchi, tenuti a distanza con un forcone, vennero fatti bollire per un bel po’, mentre papà Pedrìn diceva: “Crepè, o brüte béstie!” (Crepate o brutte bestie!). Terminata l’operazione, portarono da casa gli abiti da borghese e, così rivestito, il figlio potè riabbracciare la mamma e tutti i suoi cari, coi quali rimase i giorni ancora disponibili. Insieme al riconoscimento del loro “atto eroico”, trovo utile ricordare un personaggio che tutti i soldati della guerra 1915- 1918 ebbero molto, ma molto vicini: il pidocchio, insetto che con la pulce e la cimice provocava insistenti pruriti spesso seguiti da piccole infezioni e malattie volte anche gravi. Sulla scena di guerra ecco dunque presentarsi un altro nemico per il soldato: un nemico più subdolo: il pidocchio. Ne esistono diversi tipi: il pediculus humnanus capitis (pidocchio del capo), dai nostri bambini forse il più conosciuto. Si incontra spesso la sua presenza grazie agli attenti insegnanti, che prendono immediatamente gli opportuni provvedimenti; il pe— diculus humanus corporis (pidocchio del corpo umano) che predilige rifugiarsi nelle cuciture della biancheria intima, dalla quale esce per nutrirsi del sangue dell’ospite. Come si è detto, le sue punture provocano un intenso prurito che induce a grattarsi con insistenza. Ciò dà luogo a lesioni cutanee che si complicano in infezioni batteriche e gravi malattie, come il tifo esantematico detto “tifo petecchiale” e febbri ricorrenti. Tutti gli eserciti ne erano interessati: oltre al nemico dichiarato ufficialmente dai regnanti, i soldati lottavano invano contro questo nemico interno: la pediculosi. E ciò durò ancora per parecchi anni, cioè quando fu scoperto un nuovo insetticida: il D.D.T., abbreviazione del troppo complicato nome “diclorodifeniltricloroetano”, di cui conoscemmo l’uso quando gli Americani giunsero in Italia durante la seconda guerra mondiale. Ai prigionieri di guerra, ma anche ai civili, la prima cosa che gli Americani facevano era quella di irrorarli col DDT, grazie al quale venivano liberati dai pericolosi insetti. Altrettanto fecero per liberare la Sardegna dalla zanzara della malaria. Più tardi si scoprì che il DDT è cancerogeno, perciò se ne limitò l’uso, se non con le opportune precauzioni. Quanto sopra mi sembra occupare un vuoto di cui i libri di storia e le cronache del tempo non si sono occupate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA