È ora dimettere in rete il Lodigiano

Gentile direttore, gli spunti che con il suo editoriale di sabato 6 aprile ha offerto al dibattito sull’elezione del nuovo sindaco e del nuovo governo della città di Lodi non possono che diventare un’agenda di impegni indifferibili per chiunque si troverà a gestire l’amministrazione del capoluogo provinciale. Che proprio in quanto tale, dovrà assumere in maniera decisa un ruolo di coordinamento delle politiche territoriali, soprattutto di fronte alla prospettiva sempre più concreta di un ridimensionamento del ruolo della Provincia.Non voglio aprire qui un nuovo dibattito sull’utilità o meno della stessa, sulla sua cancellazione o sull’ipotesi di farne un semplice tassello di una più grande istituzione dell’area del Po. Ormai da quasi due anni si dibatte di questo, senza approdare a nulla se non al dover prendere atto che l’autonomia amministrativa dei territori, anche di quelli gestiti in maniera intelligente e virtuosa, è stata barattata in nome di un presunto risparmio con la salvezza di quelle istituzioni dello Stato che davvero sperperano risorse pubbliche e che necessitano di una radicale revisione, a partire dal Parlamento e dal Governo, come del resto dimostra la cronaca delle ultime settimane.Resta il fatto che qualunque cosa accada della Provincia, il nuovo Comune di Lodi dovrà assumere un ruolo obbligatoriamente diverso a livello territoriale, senza prevaricare nessuno, e men che meno l’autonomia delle singole amministrazioni comunali, ma assumendosi la responsabilità di un coordinamento politico e programmatorio di ampio respiro, anche per non disperdere l’eredità della stessa Provincia.Sicuramente la priorità territoriale è quella del lavoro: quello che non c’è più, quello che si fatica a costruire, quello che non si sa offrire ai giovani e quello da cui troppo spesso vengono espulsi padri e madri di famiglia. Ma dichiararlo non basta, così come non sono sufficienti i buoni propositi e i tavoli territoriali o l’illusione su competenze che gli enti locali purtroppo non hanno. Le amministrazioni lodigiane, anche e soprattutto sulla spinta del Comune capoluogo, dovranno porsi come nuovi interlocutori forti della Regione Lombardia e delle istituzioni in grado di portare risorse sul territorio che si traducano in nuovi investimenti strutturali e infrastrutturali, ma anche in ammortizzatori sociali, incentivi all’impiego, sostegno alle imprese. Dovranno farsi carico di coordinare una rete di servizi e di opportunità che da un lato sappiano richiamare in loco nuove imprese, e quindi nuovo lavoro, e dall’altro intervenire là dove le politiche sociali, il nuovo welfare, deve affrontare l’emergenza di chi il lavoro non l’ha mai avuto o lo ha perduto. In quest’ultimo ambito ad esempio è già successo in passato con il Consorzio servizi alla persona.E’ imperativo ragionare sul come potenziare questa capacità di mettere insieme risorse umane ed economiche per rispondere come ”sistema territorio” ai nuovi bisogni e alle nuove povertà.Mettere in rete il Lodigiano significa anche pensare a razionalizzare le sempre più risicate disponibilità economiche pensando a opportunità e collaborazioni che valorizzino l’esperienza di ciascuno, moltiplicando la forza – contrattuale, gestionale e progettuale – a nostra disposizione. Ecco allora la necessità di riprendere il filo del discorso sulla gestione dei rifiuti. Ma anche pensare a come far sopravvivere nel contesto attuale – con pochi investimenti possibili e anche in vista del ridimensionamento dell’istituzione provinciale – servizi come l’istruzione , la cultura, lo spettacolo, le biblioteche. O come dar seguito ai grandi investimenti compiuti sul turismo. Dovranno presentarsi uniti ai tavoli sulle decisioni relative all’infrastrutturazione del territorio (per la costruzione del nuovo, ma anche per la manutenzione del vecchio), a quelli sul trasporto e a quelli sulla programmazione ambientale e dei rifiuti.Ecco allora, caro Direttore, come ha ben suggerito Lei, che uno dei primi passi che dovrà compiere il nuovo Sindaco dovrà essere quello di dare ufficialità e concretezza alla rappresentanza dei sindaci del territorio, a organismi di coordinamento che di fronte alla Regione e a un’eventuale amministrazione provinciale o consortile che sia - e il cui asse venga spostato di decine di chilometri a est o ad ovest dell’attuale - possano far dire che Lodi e il Lodigiano ci sono e intendono dire la loro su come immaginano il futuro del territorio.Pensiamo anche solo all’ambito urbanistico: non ha senso parlare di nuove imprese, recupero delle aree dismesse, nuove opportunità di lavoro, tutela ambientale, consumo di suolo, logistica e via di questo passo se Lodi città – soprattutto nelle more del Piano territoriale di coordinamento – non saprà impegnarsi lei per prima a sviluppare una politica di coordinamento e di regole che eviti la continuazione di uno sviluppo frammentato e localistico, quando non campanilistico.Sono anche questi i temi che dovranno essere affrontati per primi dal nuovo sindaco, dalla sua giunta e dal Consiglio comunale di Lodi che si insedieranno. Ma senza trascurare ciò che accade all’interno della città, ai bisogni più quotidiani e concreti dei propri concittadini. In sostanza, il nuovo sindaco dovrà saper guardare intorno a sé, ma anche lontano, dovrà saper tappare le buche, ma anche immaginare un Lodigiano migliore che guardi oltre i propri confini anche con uno occhio particolare all’appuntamento dell’Expo 2015.Ed è proprio in questa direzione che ho scelto di essere l’espressione di una coalizione caratterizzata da anime di formazione e provenienze culturali diverse che sappia però rappresentare in modo trasversale tutti i bisogni e le esigenze dei cittadini sapendole interpretare con sensibilità e realizzare con passione.

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