E noi godiamo il sonno del giusto

Succede spesso.. Nel condominio, nel palazzo accanto, in casa di un parente, di un amico, di un conoscente, l’evento drammatico arriva cruento, cieco improvviso e scardina la quotidianità di una famiglia sotto le lugubri vesti di un incidente, un episodio violento, una crisi matrimoniale, la perdita del lavoro, un reperto clinico infausto, una morte prematura.Le nostre reazioni? Sempre le stesse: il dolore degli altri non ci appartiene e la coscienza viene resettata con un incontro per le scale o per strada, un formale cenno di solidarietà, un’espressione contrita, una banale frase di repertorio, un commiato frettoloso, una giaculatoria a fior di labbra,o ,al più, un modesto versamento sul conto corrente di un’opera pia. Niente da aggiungere o da sottrarre: gli uomini, con qualche rara eccezione, sono fatti così. I guai i disagi, le difficoltà, gli oneri sono di chi se li ritrova addosso, quando, in solitudine, si rifugia tra le proprie quattro mura.La trasposizione di questa verità spiega efficacemente gli odierni comportamenti della Comunità Europea al cospetto delle tragedie degli ultimi giorni. La prima volta, lo ricordiamo tutti nel 2013: visite a Lampedusa, autorità, ghirlande, manifestazioni di pubblico cordoglio, discorsi ufficiali, proposte, assemblee, proponimenti. Nel seguito, il replicarsi dei naufragi ed il moltiplicarsi delle vittime è divenuto quasi fastidiosa routine.Cosa vuole la signora che presiede il consiglio comunale di quella sperduta isola mediterranea (peraltro persona di altissimo profilo morale e di eccelsa dignità, poiché i siciliani non sono tutti ladri)? Cosa vogliono questi italiani? Non gli basta il danaro che è stato stanziato? Si organizzino. Amplino i siti di ricezione, ne creino degli altri, potenzino le missioni di soccorso. I barconi non possono raggiungere il Baltico o la Manica e noi abbiamo ben altro cui pensare: se la Grecia va in default, chi ci restituirà i tanti miliardi investiti nei suoi titoli?Quei volti rigati di lacrime, quei piccoli piedi tumefatti, quei ventri pregni non sono svedesi, danesi, olandesi, tedeschi; i loro viaggi nel deserto, le loro affannose fughe davanti ad un kalashinikov, le urla delle giovinette al cospetto dei loro assatanati stupratori sono lontani e riguardano una cultura che non ci appartiene. Se hanno deciso di scannarsi tra loro che lo facciano. Immischiarsi nelle loro strane vicende si è già rivelato inutile e pericoloso. Se per farli tacere serve un’ altra manciata di euro, diamola pure e giriamoci dall’altra parte.Raccontati con stringata essenzialità e con non troppa esagerazione, gli atteggiamenti dell’ Europa si sono fino ad ora limitati a questo, ma, per quanto meritevoli di biasimo e di critica, essi diventano ingenue marachelle a confronto degli abominevoli crimini che, con inaudito cinismo, si sovrappongono alle quotidiane tragedie.Che dire dei biechi mercanti che vendono a caro prezzo rischiosissimi passaggi marittimi su carrette fatiscenti, con l’appoggio di altre iene, dislocate nelle zone di presunto approdo, con le quali dopo aver stipulato luridi accordi, mantengono facili contatti telefonici?In quale fetida categoria di rifiuti dobbiamo collocare gli sciacalli che lucrano sugli appalti dei centri di accoglienza, aggiudicati con pratiche di ostentata corruttela, divenute più comode e remunerative del traffico di cocaina? Esistono adatti aggettivi per catalogare i trafficanti di armi che continuano a rifornire l’esercito dei carnefici la cui ferocia fa il paio con le storiche mattanze dei giapponesi a Nanchino? Accanto a questi voraci orchi privi di qualsiasi scrupolo, troviamo poi la nutrita schiera dei benpensanti nostrani, che perseguendo miserevoli obiettivi elettroralistici, invocano blocchi navali, senza sapere di cosa veramente stanno cianciando. Dovrebbero usarci la cortesia di spiegare cosa intendono con tale specialistica strategia. Cos’è per costoro un blocco navale? Una rete di mine lungo tutto il limite delle acque internazionali, da Suez a Gibilterra oppure lo schieramento di torpediniere, corvette, incrociatori pronti a colare a picco gommoni e pescherecci stracolmi di disperati, siddivisi in categorie a seconda della tariffa sborsata, mentre lasciano le coste nordafricane? Non ci sentiamo di stilare classifiche di demerito tra scafisti, titolari di cooperative, venditori di carriarmati e politici in malafede. Nel mantenerci a siderale distanza dalle loro nefandezze, vogliamo, tuttavia, proporre non a loro, ma a noi stessi, una riflessione tutt’altro che banale. Siamo davvero sicuri che stasera, poggiando la testa sul cuscino, riusciremo a godere dell’evangelico sonno del giusto?

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