E invece sarà una grande opportunità

Caro direttore, comprendo le sue più che legittime preoccupazioni per l’attuale ridisegno amministrativo, così ben espresse nell’editoriale con cui oggi ha commentato la più che probabile nascita della maxi provincia di Lodi, Cremona e Mantova. Eppure, forse animato da un eccessivo ottimismo nel futuro sono convinto che il lodigiano, e più in generale tutti territori della nuova provincia del Po, siano di fronte a un’importante fase costituente della loro identità. Fase che porta con sé, insieme ai rischi che lei ha esposto, una grande opportunità. Quella, cioè, di fare degli attuali limiti e debolezze del territorio i suoi punti di forza. Lei dice, preoccupandosi dell’erogazione dei servizi: in molti piccoli comuni non c’è ancora una connessione internet degna di questo nome e le carte d’identità sono ancora compilate a mano. Perché fino a ieri non si è posto rimedio a questo conclamato stato di arretratezza? Proseguo: per andare in automobile da Lodi a Mantova - cento chilometri scarsi in linea d’aria - servono più di due ore, traffico permettendo. Lo stesso tempo che serve per collegare Milano e Bologna, separate da una distanza più che doppia. Perché non vi è mai stata un’azione volta a colmare questo enorme gap infrastrutturale? La risposta a queste domande è duplice. Prima risposta: perché non era necessario. Seconda: perché, anche se lo fosse stato, eravamo territori troppo deboli e marginali per poter mettere le nostre istanze in cima all’agenda di sviluppo della Regione. Tre piccoli e marginali “francobolli”, come li ha chiamati lei, rispetto alla città metropolitana milanese, ma anche rispetto alla ricca e operosa Brianza e alle potenti province di Bergamo e Brescia. Primo dato: la Provincia del Po ci libera da questo duplice giogo: rende necessario - anzi, imprescindibile – un percorso d’innovazione troppo spesso rimandato (e per portare avanti il quale proprio il lodigiano è dotato di una realtà imprenditoriale d’eccellenza come PA Digitale, cui il suo giornale ha dato ampio spazio qualche settimana fa). E ci dota di una dimensione e di un peso politico tali da permetterci di propugnare con forza le nostre istanze presso i livelli istituzionali superiori. Non solo la Regione – che peraltro ha da tempo avviato un percorso progettuale sull’asta del Po - ma, come ha giustamente ricordato il Sindaco di Boffalora d’Adda Livio Bossi, la stessa Unione Europea, che guarda con favore (e finanzia più volentieri) i progetti di sviluppo d’area vasta. Non solo: la nuova maxi Provincia ci pone di fronte ad un ulteriore limite della nostra architettura amministrativa. Più precisamente, quello di una frammentazione comunale che ha pochi eguali in Italia. Siamo poco più di 220mila abitanti e abbiamo 61 Comuni, uno ogni 3.050 persone. Ognuno dei quali, con il suo Consiglio Comunale, la sua Giunta, i suoi uffici e i suoi funzionari. Siamo sicuri che il nostro problema di domani sarà la perdita di prossimità tra il cittadino e le istituzioni, come paventano Foroni, Guerini e molti dei Sindaci dai voi intervistati? Non è che invece il vero problema, nella breve storia della provincia di Lodi, sia stato proprio quello di un’eccessiva frammentazione nella pianificazione, di un’eccessiva duplicazione delle funzioni, di un eccessivo peso dei troppi, piccoli interessi particolari? Per non essere irrilevanti, da domani, ci toccherà soprattutto porre rimedio al nostro patologico localismo, con buona pace di quelle forze politiche che nell’attuale assetto avevano buon gioco a spartirsi poltrone e posti nei consigli d’amministrazione.In ultimo, mi pare opportuno segnalare quanto sta da decenni accadendo nella vicina Germania. Un paese sovente citato come esempio da imitare. Ma soprattutto un paese che, come noi e forse più di noi, ha una storia fatta di protagonismo comunale e di autonomia degli enti territoriali. Oggi, proprio come sta accadendo da noi, si sta operando per una razionalizzazione dei Landkreise, soprattutto nell’ex Germania Orientale che nel quadriennio 2013-2017 vedrà notevolmente diminuire i trasferimenti comunitari e che nel 2019 dovrà dire addio ai soldi del Solidarpakt post-unificazione. Dopo Sassonia (2008) e Sassonia-Anhalt (2007), il 4 settembre scorso è cambiata anche la fisionomia del Land Meclemburgo-Pomerania anteriore. Dai dodici attuali Landrkreise si è passati a sei, il più grande dei quali avrà dimensioni maggiori del Land della Saar. Il risparmio di quest’ultima riforma, secondo la corte dei conti dei Land, è pari a circa 40-50 milioni di Euro, non certo noccioline in tempi di spending review e di fiscal compact. Ciò che più emerge in Germania, tuttavia, è la consapevolezza che la razionalizzazione degli enti pubblici non sia un colpo di spugna su identità e particolarismi, ma una via per gestire meglio il territorio. Una consapevolezza che - spiace constatarlo – dalle nostre parti non è altrettanto radicata.

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