È giusto privatizzare il fiume?

Gentile direttore, vista la sensibilità dimostrata su questo tema, chiedo ospitalità sul suo format e ringrazio Lei, le associazioni ed enti della sponda cremonese del nostro amato fiume Adda, per avere informato noi cittadini contribuenti del progetto di una faraonica diga sull’Adda. Per i miei “trascorsi” da alluvionato lodigiano nel 2002, da allora seguo con interesse i temi fluviali, innumerevoli sono i documenti visionati e acquisito un modesto bagaglio culturale sulla materia. Prima di introdurmi sul tema della diga, in premessa, per l’ennesima volta voglio ricordare che a Lodi, su indicazione di un tecnico esperto di temi fluviali, Nicola Bonelli, incaricato dal Comitato Alluvionati Lodi di cui ero il presidente, si è avuta la lungimiranza di limare la soglia superiore dello sbarramento a valle del ponte urbano, a difesa dei cittadini e del territorio. Negli ultimi anni, a seguito di piene molto consistenti, abbiamo visto il benefico apporto positivo sul livello idrometrico. Più a valle fra Maccastorna e Castelnuovo, invece si vuole innalzare lo sbarramento esistente di altri tre metri, per l’interesse di un privato. Sono favorevolissimo agli impianti energetici rinnovabili, come quelli idroelettrici, ma la loro creazione non può andare a creare disastri ambientali come quelli che a mio avviso possono configurarsi da Pizzighettone a l’ultimo tratto fluviale del fiume Adda. Molteplici sono gli aspetti per cui ritengo che tale diga possa compromettere l’eco sistema ambientale. Il primo aspetto. La contaminazione dell’ambiente naturale con sostanze inquinanti è una delle forme più nocive d’impatto ambientale prodotte dall’uomo. Esistono però altre forme d’impatto ambientale, quali ad esempio l’inquinamento visivo. Si può sostenere che la realizzazione delle infrastrutture per lo sfruttamento di qualsiasi fonte energetica comporta un impatto visivo violento sul paesaggio. Lo sfruttamento dell’energia idrica richiede la costruzione di opere imponenti quali dighe, laghi di deposito, canali di derivazione, installazione di grandi turbine e generatori elettrici. La costruzione di una centrale idroelettrica può causare gravi dissesti idrogeologici: in passato, per la mancanza di adeguate analisi geologiche, si sono verificate terribili catastrofi. L’energia idroelettrica è ricavata dal corso di fiumi e di laghi grazie alla creazione di dighe e di condotte forzate. Esistono vari tipi di diga: nelle centrali a salto si sfruttano grandi altezze di caduta disponibili nelle regioni montane. Nelle centrali ad acqua fluente, si utilizzano invece grandi masse di acqua fluviale che superano piccoli dislivelli; per far questo però il fiume deve avere una portata considerevole e un regime costante. I grandi impianti idroelettrici a bacino possono presentare qualche problema in più, dal punto di vista dell’inserimento ambientale, e necessitano quindi di opportune valutazioni d’impatto ambientale, tese a garantire l’assenza d’interferenze con l’ambiente naturale. La realizzazione di questa diga mobile non è altro che un impianto a bacino, e si hanno le seguenti conseguenze: all’origine dello sbarramento si forma un invaso, nel nostro caso di ben 14 km, con oltre tre milioni di metri cubi di acqua con innalzamento del tirante idrico di 3 metri, e si trasforma, quindi, un ambiente di acque correnti (acque lotiche) in un ambiente di acque ferme (acque lentiche), con un tempo di ricambio delle acque più lungo e con possibili ricadute sull’ecosistema. A valle dello sbarramento, fino al punto in cui è rilasciata l’acqua utilizzata dalla centrale, il corso d’acqua potrebbe andare in secca per alcuni periodi se non è garantito un rilascio continuo affinché il fiume abbia, anche in quel tratto, una portata minima adeguata. La portata minima (da garantire per legge) che garantisce all’ecosistema fluviale il naturale svolgimento di tutti i processi biologici e fisici è denominata «Deflusso minimo vitale». Il deflusso minimo vitale (DMV) è la minima portata di acqua che deve essere rilasciata nel corso d’acqua a valle dello sbarramento o dell’opera di presa per garantire un deflusso a valle sufficiente per altri utilizzi (ambientale, approvvigionamento idrico, pesca); costituisce un parametro di valutazione per la stima dell’effettiva incidenza che hanno la derivazione sui corpi idrici assoggettati. L’impiego tecnico di un criterio di progetto basato su tale parametro non è facile, perché lo stesso può essere valutato in conformità a due diversi punti di vista: quello idrologico (basato su dati statistici e formule empiriche) e quello idrobiologico (basato su criteri scientifici, applicabili solo a quel corso d’acqua). Fra i due esiste una notevole diversità. In ogni caso la stima del DMV è assai delicata e il parametro va impiegato con notevole accortezza. Il tratto di fiume Adda a valle dello sbarramento a Castelnuovo e quello più conosciuto dello sbarramento di Isola Serafini sul Po già hanno creato forti problemi a causa dell’abbassamento dell’alveo. Innalzando di altri tre metri l’attuale sbarramento a Castelnuovo, quel tratto di fiume Adda e Po saranno inevitabilmente compromessi. Come sarà garantito il DMV? Tutti questi aspetti sicuramente saranno stati presi in considerazione durante lo studio della diga mobile a bacino, sarebbe interessante conoscerne il contenuto. Come pure quali opportune precauzioni per evitare qualsiasi danno all’ecosistema? Dalla stampa conosciamo solo le scelte in fase progettuale di mitigazione ambientale. Un altro aspetto. Dato che dalla stampa non sono emersi elementi per quanto segue, domando: l’installazione di questa centrale, non è in un‘area a rischio di esondazione? Non è che l’area interessata dalla realizzazione del progetto presenta un vincolo di esondazione E3, il livello massimo, e quindi non vi sono le condizioni di compatibilità con il Piano di Assetto Idrogeologico del fiume Adda, anche per la presenza degli abitati sia in sponda destra sia sulla sponda sinistra del fiume stesso? In ultimo. Ancora non ci sono pareri né dichiarazioni ufficiali degli - organi preposti -, fanno da contraltare invece con parere negativo opportunamente espresso da quasi tutte le osservazioni dei cittadini, lette sugli organi di stampa, e di cui credo se ne debba tener conto. Si tratta di offendere il territorio costruendo una nuova centrale idroelettrica che per sua definizione dovrebbe produrre energia pulita, a scapito della sicurezza dei cittadini nelle aree urbanizzate e del territorio pianeggiante ricco di meravigliose aree verdi lussureggianti. Lodigiano terra dei colori. Il progetto è stato presentato due anni fa e se ne sa parzialmente i contenuti solo adesso. Anche l’Adda diviene oggetto di appetiti speculativi che puntano a privatizzare una parte del fiume per produrre energia elettrica. Tutti quelli che conoscono il Lodigiano, sanno che il fiume Adda, con i suoi meandri rappresenta uno dei posti simboli della pianura più bella del mondo. Sono convinto che lo Studio Fosio di Brescia, non conoscendo i posti, si sia fidato erroneamente di qualcuno che lo ha tenuto all’oscuro di tali bellezze. L’area lodigiana della bassa pianura padana è, infatti, una delle zone più vincolate d’Italia dal punto di vista ambientale e paesaggistica, ci sarà una ragione perché a cavallo di tre provincie (MI-LO-CR) esiste un Parco Regionale di Tutela Ambientale, il Parco Adda Sud e non vi può essere apportata alcuna modifica, nemmeno per un supposto risanamento. L’area rientra in quelle di notevole interesse pubblico, di tutela naturalistica, di tutela dei corpi idrici, e in un’altra sfilza di vincoli che sarebbe noioso elencare, ma che un progettista esperto del settore dovrebbe conoscere bene. Inoltre l’intervento proposto, lungi dall’essere migliorativo (ma di quale miglioramento potrebbe aver bisogno uno dei luoghi più straordinari di tutta l’Italia settentrionale?). Gli interventi di mitigazione letti sulla stampa, hanno l’unico scopo di nascondere i manufatti, per ovviare al fortissimo impatto ambientale e paesaggistico. Abbiamo appreso dopo due anni con stupore che l’Amministrazione Provinciale ha avviato la procedura di autorizzazione di questo impianto, tramite le conferenze di servizio. Vogliamo credere di avere capito male, e attendiamo di essere smentiti, perché vorrebbe dire che ha già valutato che l’impianto è approvabile e questo sarebbe incredibile. M’inquieta parecchio, infatti, pensare che qualcuno abbia già speso una grossa somma per stilare un progetto molto complesso, che richiede il comportamento di molti consulenti, per lanciare un’iniziativa che le norme a mio avviso escludono in modo netto. M’inquieta molto perché conosco l’Italia e l’incertezza che regna intorno alle regole e alla loro applicazione, perché è risaputo che spesso gli iter burocratici non sono trasparenti, e che su quest’opacità e su questa incertezza c’è chi prospera… L’assessore provinciale alla partita, dopo l’ultima conferenza di servizio del megaprogetto, ha preso una posizione defilata, come se avesse dichiarato che l’Ente pubblico deve essere sopra le parti e non deve dichiararsi favorevole o contrario a un’iniziativa di questo tipo. Saranno i tecnici a confrontarsi. Avrei preferito che l’Assessore Provinciale prendesse una posizione “politica” chiara, affermando che un progetto del genere sarebbe devastante per il nostro territorio. Adesso che la Provincia ha avviato l’iter di approvazione, noi cittadini dobbiamo farci carico di informarci, di coinvolgerci, di attivarci perché quest’attentato al territorio sia respinto. Rendiamoci disponibili nelle prossime settimane a organizzare incontri informativi lungo tutta l’asta del fiume Adda da Lodi fino a Castelnuovo. Chiediamo a tutti i cittadini di intervenire perché l’Adda possa rimanere il gioiello più prezioso del territorio Lodigiano. Troppa superficialità si appalesa in questo iter del quale bisogna approfondirne gli aspetti, atteso che all’imprenditore privato che vuole realizzare l’iniziativa, si chiede coerenza con l’obiettivo di difesa del territorio mancando, di fatto, dalla lettura del progetto, l’”interesse pubblico” (a chi e a cosa serve una centrale elettrica).

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