E adesso Google patteggerà?

Dopo il successo ottenuto un mese fa con l’Antitrust Usa, Google tenta il bis e presenta alla Commissione europea un pacchetto d’impegni con il quale spera di chiudere il procedimento antitrust aperto nel Vecchio Continente. Ora la palla è in mano del Commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che a gennaio, però, aveva già avvertito Mountain View: “Abbiamo preso nota della decisione della Ftc - scriveva Michael Jennings, portavoce della Commissione, in una dichiarazione -, ma non riteniamo abbia implicazioni dirette per la nostra indagine, per le nostre discussioni con Google, che proseguono”. L’indagine dell’Antitrust europea è partita ormai nel lontano 2010, a seguito di una serie di segnalazioni di quattro piccole concorrenti (insieme coprono circa il 5% del traffico non detenuto da Google): un sito britannico, Foundem, e uno francese, Twenga, dedicati alla comparazione dei prezzi, il sito ejustice.fr e la solida coalizione Fairsearch, che raccoglie fra gli altri Expedia e Microsoft. Oggetto della contesa sono le policy di gestione dei risultati del motore di ricerca e il connesso advertising. Da allora la strada per Google si fa tutta in salita. L’accusa di utilizzare dei filtri per penalizzare alcuni risultati di ricerca, mettendoli troppo in basso in pagina o rimuovendoli del tutto, diventa seria per Almunia e parte un’indagine formale. Dopo quasi due anni, il Commissario decide di percorrere la strada della trattativa e, a maggio dello scorso anno, invia a Mountain View una lettera nella quale chiede di chiarire tre aspetti ritenuti “delicati”. La Commissione vuole sapere se Google sfrutta i contenuti prodotti da altri siti per farli propri. Inoltre, se vengono commesse delle discriminazioni tra i propri servizi di ricerca verticale, quelli cioè specializzati in trend specifici, rispetto a quelli di ricerca generica o in diretta concorrenza. Il terzo aspetto critico sono le policy adottate da BigG per la gestione della pubblicità: dalla presenza o meno di clausole di esclusiva, alle eventuali limitazioni sulla “portabilità” dell’advertising online dalla propria piattaforma AdWords a quelle gestite dai concorrenti. Google, con una lettera a firma di Eric Schmidt, risponde ad Almunia e accetta così l’avvio di una negoziazione. A ottobre Moutain View propone ad Almunia un sistema di etichette da apporre sui risultati delle ricerche che sono correlati ai servizi offerti dalla stessa Google (le mappe online, il meteo o qualsiasi altra informazione fornita da BigG). La soluzione, però, non sembra soddisfare del tutto il Commissario, che a dicembre tuona contro Schmidt: “Mi aspetto che Google rediga un dettagliato testo d’impegni entro gennaio”, in caso contrario sarà maximulta. A gennaio nuova pressione a mezzo stampa: “Google ricava profitti da questo tipo di attività - spiega al ‘Financial Times’ Almunia - per la posizione di forza che ha nel mercato globale delle ricerche online, non si tratta soltanto di una posizione dominante. Credo (ho paura) che sia un vero e proprio abuso di posizione dominante”. Per ora non ci sono indiscrezioni sui dettagli degli impegni giunti a Bruxelles, ma qualora non fossero soddisfacenti, Google rischia grosso: le norme comunitarie prevedono che la sanzione per abuso di posizione dominante possa arrivare a raggiungere fino al 10% del fatturato globale annuo, che nel caso di Mountain View supera i 50 miliardi di dollari.

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