Due miliardi per portare il canale navigabile dal Po fino alle porte di Milano

Sarebbe possibile con il Recovery Plan ma per diversi esperti «è meglio potenziare le ferrovie»

Il Recovery plan riporta al centro del dibattito il leggendario progetto del “canale navigabile” e dunque l’idea di fare del Po il corridoio azzurro per trasportare le merci dal Milanese all’Adriatico, passando per il Cremonese, dove ha sede il porto su cui anche a livello regionale si è investito, e per il Lodigiano, attraversato dal Grande Fiume. Insomma un piano da circa 2 miliardi di euro, di cui si discute da 40 anni, la cui realizzazione continua ad alimentare valutazioni e confronti. Il progetto, che “piace” all’Europa, consiste nel rendere il canale navigabile fino a Truccazzano, alle porte di Milano, collegandolo con Tencara di Pizzighettone: 60 km di canale, un’idrovia capace di ospitare navi fino a 2.000 tonnellate. Un intervento cui sommare la sistemazione del tratto Cremona-foce Mincio, Cremona-Mantova. Dunque: canale navigabile, quali opportunità? Quali rischi?

«Nel 2015 Aipo ci ha coinvolti, chiedendo di realizzare una valutazione puramente tecnica e noi abbiamo realizzato questo studio - spiega il presidente del Consorzio Bonifica Muzza del Basso Lodigiano Ettore Grecchi -: l’opera in questione è un’opera imponente, di fortissimo impatto sull’assetto irriguo, idraulico e agrario rispetto a un territorio, come il Lodigiano, a secolare vocazione agricola; dal punto di vista commerciale, questa soluzione risulta meno competitiva di altri tipi di trasporto - prosegue -; connotando quindi l’opera con delle valenze accessorie, la navigabilità può essere utilizzata anche dal punto di vista turistico, inoltre il trasporto su acqua ridurrebbe le emissioni di co2 degli attuali trasporti e, in certi momenti, potrebbe rappresentare una forma di difesa del suolo: nel nord Lodigiano-nel Sudmilano, in caso di eccesso idrico, l’acqua potrebbe andare a impinguare il canale che invece ha portate ridotte». E proprio la scarsa presenza di acqua nel Po è uno degli aspetti che preoccupa.

«Se ne parla da decenni del canale navigabile, ma intanto la geografia è cambiata, anche quella dei trasporti delle merci non deperibili - osserva Francesco Bergamaschi, presidente del Parco Adda Sud -: aldilà della suggestione di portare il mare a Milano, in che modo inciderebbe realmente sui trasporti? Da profano penso che non cambi granché nell’economia di passare le Alpi; il tema serio credo invece che sia quello di rendere navigabile costantemente il Po a valle di Cremona, questione propedeutica a pensare di allungare il canale navigabile fino a Milano - prosegue -: negli anni Novanta la nostra zona era già stata bollata come piattaforma logistica del sud Europa (intorno ai caselli autostradali), usare il Po fino a Cremona, consentirebbe di connettersi intercettando i flussi attuali, da subito». Quindi il riferimento ambientale: «Sarebbe meglio ammodernare le reti ferroviarie, meno invasive, con tempi di movimento più rapidi: la prosecuzione del canale navigabile sarebbe un’asta in più, inutile, o quasi, in assenza di adeguati investimenti nell’inter-modalità, su cui si potrebbe spendere subito meglio, eliminando gli attuali colli di bottiglia».

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