Dopo il tempo dello sfregio

“Adesso c’è una fiaccolata in piazza davanti alla stazione. Quattrocento persone presenti, molte arrivate da altri paesi. L’associazione Libera di don Ciotti, gli scout, i gonfaloni. Quattrocento persone su 14mila residenti”.Il cronista racconta così, l’11 settembre, la manifestazione appena tenuta a Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) per condannare la violenza subita per tre anni da una sedicenne. Un’iniziativa per scuotere la coscienza della gente. Nel branco dei violentatori non solo il figlio di un esponente della n’drangheta locale ma anche giovani di famiglie normali. Qualcuno tenta di alleggerire il carico di responsabilità con la sconcertante sentenza che la ragazza, appena tredicenne, “se l’è andata a cercare”.Come si può arrivare a dire questo? Come si può buttare sul tavolo questa affermazione quasi a voler ridurre, se non annullare, la gravità di un atto devastante?Il procuratore capo di Reggio Calabria, riferisce sempre il cronista, aveva detto “Questo territorio sconta un ritardo costante. C’è una mancanza di sensibilità. Tutti sapevano”. Qualcuno ha letto in rete un pensiero del nichilista Nietcszhe “La miglior saggezza è tacere ed andare oltre”. Qualcun altro aggiunge: “Purtroppo corre voce che questo non sia un caso isolato. C’è molta prostituzione in paese”. Poi un’altra: “La scuola non c’entra, ognuno deve pensare alla sua famiglia”.Ma possono essere queste le risposte?Certamente no hanno detto i 400 della fiaccolata, con Libera e gli scout.Per i cinici conta poco una fiaccolata ma per chi pensa qualcosa invece conta.Almeno per dire che il silenzio di fronte al male non è una strada che porta alla sopravvivenza ma è una palude dove affonda la dignità propria e altrui.Almeno per dire che se le uniche carte da giocare di fronte alla violenza sono l’omertà e l’indifferenza allora sono morti invano tutti coloro che non hanno taciuto, che hanno sfidato l’arroganza, che hanno contestato l’indifferenza.A manifestare per denunciare lo sfregio alla dignità della persona c’erano anche ragazzi e giovani che hanno avvertito il dovere di alzare la voce e di scendere in piazza.Non hanno avuto paura e chi non ha paura è un nemico pericoloso non solo per la malavita organizzata ma anche per quanti scelgono di chiudere occhi e orecchi di fronte a realtà tristi e inquietanti.Chi non ha paura e prende la parola per la dignità di ogni persona può risvegliare una coscienza in dormiveglia dietro la tenda della paura.Può risvegliare anche la coscienza di genitori, di educatori e di insegnanti che non si erano accorti di quanto stava accadendo oppure si erano accorti ma non erano riusciti a superare da soli il muro del silenzio.Chissà, dopo aver pienamente ritrovato se stessa, potrebbe essere proprio questa ragazza oggi sedicenne, ad aiutare altri a ritrovare i motivi e il coraggio per risalire la china per raggiungere la meta della dignità.Così, sempre lei, potrebbe aiutare un paese in cui si parla di “molta prostituzione” a rendersi conto del peso auto-schiacciante di questa parola.Il cronista, come è suo compito, si ferma al racconto dei fatti mentre chi è ai bordi della cronaca cerca di proseguire, di andare oltre le righe, non perché sappia qualcosa di più: non ha affatto questa presunzione, ha solo la speranza che le notizie di nera, lascino socchiusa la porta alla speranza. Anche quando in un paese di 14mila abitanti sono scese in piazza solo 400 persone per chiedere uno sforzo comune perché dopo il tempo dello sfregio inizi il tempo del riscatto morale e culturale.

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